Museo del Pomodoro
c/o Corte di Giarola – Parco fluviale del Taro, Strada Giarola 11
Collecchio

strumenti e accessori
ferro
ghisa
lamiera
cm 127 (a) 70 (la) 90 (l)
sec. XX, 1950 ca.
n. 13
Macchina per la triturazione dei pomodori che provengono dal piano di cernita e hanno accesso tramite una tramoggia collocata nella parte superiore. All’interno della macchina gli utensili sono dei battitori rotanti che urtano il prodotto e lo triturano. La parte inferiore della trituratrice a martelli presenta fori di diametro variabile secondo il prodotto da trattare, che consentono il passaggio del prodotto triturato verso la successiva fase di lavorazione.

triturare i pomodori
Fino a quando erano impiegate varietà tradizionali, per triturare il pomodoro si usarono trituratori a coltelli. Con l’introduzione degli ibridi da raccolta meccanica fu invece necessario ricorrere ai trituratori a martelli. Secondo la tecnica tradizionale, il pomodoro era triturato a freddo (cold break) e poi riscaldato in scambiatori di calore a calandra, detti “brovatrici”, a temperature non troppo elevate per non inattivare i semi, che si recuperavano per l’anno successivo. Il triturato riscaldato, la cui consistenza era stata ridotta dagli enzimi attivati dal riscaldamento, si inviava alla setacciatura per separare i frammenti di pelle e i semi e per ridurre la dimensione dei granuli di polpa. Per il concentrato destinato alla produzione di ketchup, la triturazione era invece effettuata a caldo (hot break, introdotta nel 1936), riciclando sul trituratore una parte del prodotto in uscita dalla brovatrice, così da limitare la macerazione enzimatica e avere una maggior consistenza.