Regio VIII. Luoghi, uomini, percorsi dell'età romana in Emilia-Romagna
San Giovanni in Persiceto
Aspasia
2006
pp. 330-331
Ravenna
Longo
1992
Bologna
Nuova Alfa Editoriale
1986
1980
1977
Firenze
Centro Di
1976
Roma
La libreria dello Stato
1966
Codigoro
edificio con materiali antichi di spoglio
Il complesso, costituito, oltre che dalla chiesa, anche dal monastero benedettino e dal palazzo della Ragione, fu fondato dalla Santa Sede all’inizio del regno carolingio su terreni del demanio pontificio fra il Po di Goro e il Po di Volano, lungo la direttrice viaria tardoantica della Romea, che assicurava il collegamento fra Ravenna e il territorio veneto.
Anche la torre campanaria, che si erge autonoma a fianco della chiesa, venne innalzata poco dopo il Mille reimpiegando elementi costruttivi di epoche e stili precedenti, come testimoniano i blocchi calcarei alla sua base o la testa marmorea di filosofo inserita in una nicchia lungo la muratura. La presenza di manufatti di origine romana o tardo-antica contrassegna anche l’interno dell’edificio di culto, in cui sono stati messi in opera capitelli e pulvini di varie epoche (romani, teodoriciani, bizantini). Parte del pavimento stesso della navata centrale è costituito da un mosaico attribuito a maestranze ravennati del tardo VI sec., mentre un capitello bizantino funge da acquasantiera. Altri resti lapidei antichi sono inglobati nelle strutture murarie e nell’atrio figura, tra altri, un busto di divinità con elmo.
L’importanza della realizzazione pomposiana giustifica come quest’area sia divenuta un punto ove far convergere dal territorio circostante materiali da adibire al reimpiego. Fra i luoghi di rifornimento vanno annoverati senz’altro Ravenna, Classe e, più in generale, l’intera area deltizia ove ville e residenze di qualità potevano in effetti procurare elementi prestigiosi o funzionali alle esigenze costruttive del complesso. Perfino dalle necropoli della città etrusca di Spina sono pervenuti all’abbazia due cippi sepolcrali, oggi custoditi nell’annesso Museo Pomposiano. Ciò non esclude che i pezzi abbiano talora compiuto un viaggio ben più lungo e che l’area alle foci del Po di Volano abbia rappresentato un punto di approdo per materiali provenienti addirittura dall’altra sponda dell’Adriatico, come sembrerebbero dimostrare alcuni reperti forse ascrivibili all’area dalmata.