Voghiera
insediamento
area urbana
ambito culturale romano e bizantino
secc. III a.C./ VII d.C.
Sorta sull’antico ramo del Po Spinetico o Padovetere, che in età romana e prima ancora costituiva il principale asse di aggregazione demografica dell’area deltizia, Voghenza è in origine uno dei molti vici (villaggi) del territorio di Ravenna.
Ne rimane ignoto il nome, poiché la tradizionale denominazione come Vicus Habentia o Vicus Aventinus appare documentata solo in epoca alto-medievale, derivando dal nome di un ramo del Reno, l’Avenza, tributario del Po. Posta in favorevole posizione a diretto contatto con i transiti mercantili che sfruttavano la via d’acqua in direzione di Ravenna e dall’Adriatico verso il cuore della Pianura padana, già a partire dalla prima età imperiale diviene capoluogo e centro amministrativo dei latifondi demaniali denominati Vercellae Ravennatium. La prossimità con alcuni importanti tracciati viari che conducevano alle province transalpine e con la strada che costeggiando il Po univa Ostiglia con Ravenna spiegano come il sito abbia raggiunto, a partire dal I sec. d.C., ma soprattutto fra la fine del II e gli inizi del III sec. d.C., un notevole benessere.


La riconosciuta importanza del sito è sottolineata, ancora in età avanzata, dalla presenza di un monumento onorario imperiale, forse una statua bronzea, dedicato a Filippo l’Arabo, di cui si è conservata la dedica iscritta.

E’ proprio l’amministrazione delle tenute imperiali a determinare, almeno in parte, la composizione della popolazione voghentina, ove si annoverano servi e liberti imperiali spesso investiti di funzioni importanti come quella di amministratore dei fondi o fattore. Costoro si stabiliscono in zona, formano famiglia e, grazie al loro ruolo, possono talora perfino sposarsi con donne libere. Fra essi vi sono liberti della casa Giulio-Claudia e appartenenti alla gens Ulpia, la stessa dell’imperatore spagnolo Traiano. Il vicus accoglie inoltre comuni cittadini, militari in congedo, che al termine del servizio ottenevano, come liquidazione, terre coltivabili nelle province, e personale in servizio presso la flotta imperiale a Ravenna.

La conoscenza dei cittadini di Voghenza si deve in larga parte ai loro monumenti funerari e alle relative epigrafi che il territorio ha restituito sporadicamente (tra i sarcofagi marmorei più significativi quello di Cesidia Ionis del II sec. d.C., di Claudia Ianuaria, liberta di un personaggio della famiglia imperiale Giulio-Claudia, del I sec. d.C. e un sarcofago paleocristiano con ornamentazione di carattere simbolico raffigurante croce e pavoni del V sec. d.C.) o che si ricollegano ad una importante area sepolcrale esplorata a partire dagli anni Settanta. Questa si componeva di una settantina di sepolture e tombe ad inumazione o a cremazione di varia tipologia, raggruppate attorno ai monumenti principali o racchiuse da recinti funerari a carattere famigliare in muratura. Questi ultimi, individuati sinora in numero di due, avevano al centro il monumento più importante. La presenza di grandi sarcofagi marmorei come quello di Ulpia Pusinnica, unitamente a numerose stele e cippi dello stesso materiale pregiato, proveniente da cave anche lontane, dichiarano l’elevato tenore di vita dei cittadini voghentini, testimoniato anche dai corredi funerari ove non mancano elementi d’ornamento che sottolineano il benessere sociale ed economico dei defunti.

Il divenire storico della città può essere seguito anche in età tarda grazie ad alcune campagne di scavo che hanno interessato il centro urbano di Voghenza nella zona nota come Fondo Tesoro per aver restituito da secoli reperti archeologici. Nel sito è stata messa in luce una sessantina di sepolture riconducibili ad una necropoli di epoca bizantina (VI-VII d.C.), le cui tombe spesso intersecano o insistono su strutture murarie di età romana come quelle di una domus di età imperiale, riutilizzandone anche anche i laterizi.
Dalla domus proviene un raro diploma militare inciso su due lamine di bronzo relativo alla concessione della cittadinanza romana da parte di Traiano ad un marinaio della flotta imperiale di Ravenna. Databile esattamente al 100 d.C., esso rappresenta il più antico documento conosciuto che menzioni il carattere imperiale della flotta.