loc. Borgo Rivola
Riolo Terme
strutture per il culto
luogo di culto rupestre
ambito culturale preromano e romano
secc. VI a.C./ IV d.C.
Lungo la valle del fiume Senio, in territorio di Riolo Terme, nelle viscere di Monte Mauro si apre a m. 175 di altezza s.l.m. la Grotta del Re Tiberio, la più nota tra le grotte che costellano la Vena del Gesso romagnola. La prima frequentazione umana della grotta risale all'età del Rame e del Bronzo come luogo sepolcrale, ma è dall'età del Ferro in poi che prevalgono gli aspetti cultuali, le cui testimonianze persistono fino alla piena età romana.


Di formazione carsica, costituisce il percorso fossile di una risorgente (che scorre tuttora nell’area della grotta a maggiore profondità). La cavità consta di un vano d’ingresso che confluisce in una sala circolare di m. 15 ca. di diametro (la cosiddetta “cupola gotica”) e di un esteso sistema di gallerie e cunicoli, esplorato di recente per oltre due chilometri e in parte irrimediabilmente alterato dalle attività estrattive del gesso.

Oggetto di indagini scientifiche a partire da poco dopo la metà del XIX sec. per opera di importanti studiosi locali come Giacomo Tassinari, Giuseppe Scarabelli e Domenico Zauli Naldi, è stata a più riprese interessata da campagne di scavo e prospezioni in seguito alle quali si è recuperata un'ingente documentazione archeologica sulla frequentazione umana. 
Frequentata fin dall'età del Rame e diventata ricovero di sepolture rituali nell'età del Bronzo, nell'età del Ferro la grotta si connota con chiarezza come luogo di culto, almeno a partire dalla fine del VI-inizi del V secolo a.C., età cui è riferibile un bronzetto raffigurante una devota.

Più chiare testimonianze di pratiche cultuali (bronzetti, vasi miniaturistici, ceramiche) in grotta si allineano dunque su un asse cronologico che, dallo scorcio del VI secolo a.C., giunge senza apprezzabili interruzioni fino all’età romana (III-IV sec. d.C.). Il complesso dei materiali rivela perciò un utilizzo della grotta tanto nella fase del popolamento umbro dell’area romagnola, quanto nel periodo successivo alla calata celtica, con una continuità che pare non risentire delle trasformazioni insediative e culturali del territorio circostante, e che prosegue poi anche in età romana.