Categoria: anatomia
cm 138 (a) 57 (la) 26 (p)
Tavola rettangolare impiallacciata in noce non coeva al preparato; ai bordi sono stati inserite tarsie di bois de rose.
Da segnalare l'importante restauro compiuto, tra il 2010 ed il 2011 (su finanziamento Rotary Club Bologna), dall'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che ha comportato, tra gli altri interventi, l'inserimento di un materasso in lattice memory tra il modello in cera e la tavola in legno, su cui in precedenza giaceva a contatto diretto (per ulteriori informazioni si veda la relativa scheda di restauro pubblicata in "OPD. Restauro 23", 2011, "Il restauro della Venerina del Museo di Palazzo Poggi di Bologna", pp. 42-57, come indicato in bibliografia).
La statua in cera con parti anatomiche scomponibili, detta "Venerina", venne modellata dal ceroplasta fiorentino Clemente Susini, assistito dai propri collaboratori, attorno al 1782.
La Venerina bolognese è una delle repliche, più o meno fedeli, del modello originale: la "Venere dei Medici". Il prototipo venne eseguito tra il 1780 e il 1782, all'interno del laboratorio ceroplastico, istituito nell'Imperiale e Reale Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze, diretto dallo scienziato Felice Fontana (1730-1805). L'archetipo fiorentino, ispirato all'omonima statua classica di copia ellenistica, pare avesse suscitato l'ammirazione estatica del granduca di Toscana, Pietro Leopoldo, e del pubblico che visitava il Reale Museo, inaugurato nel 1775. Nelle intenzioni di Fontana, protagonista ideativo della creazione, il modello doveva coniugare in sè il carattere ostensivo della collezione anatomica, rigorosa sotto il profilo scientifico, assieme ad una evidente valenza estetica, giudicata stimolo essenziale all'osservazione e allo studio.
Dato il successo e l'efficacia della statua, si decise di replicare l'opera in alcune varianti per la vendita ad accademie scientifiche, a collezionisti e ad aristocratici.
La Venerina bolognese prima di giungere all'Istituto delle Scienze di Bologna, era appartenuta a lord George Nassau Clavering-Cowper (1738-1789), ricco erudito inglese, che la volle come pezzo fondamentale della sua importante collezione artistica e scientifica, conservata nel palazzo fiorentino di via Ghibellina. Alla morte del lord inglese, avvenuta il 22 dicembre 1789, l'opera venne acquistata dal cardinale Andrea Gioannetti (1722–1800), per essere donata, con rogito del 20 dicembre 1790, all'Istituto delle Scienze.
Oltre al Museo di Palazzo Poggi, esistono diverse repliche della "Venere dei Medici", conservate al Welcome Collection di Londra, allo Josephinum di Vienna e al Semmelweiss Mùzeum di Budapest.
La copia bolognese è leggermente più piccola rispetto al prototipo fiorentino, da cui il diminutivo con cui è nota. Come tutte le veneri modellate da Susini - dietro precise indicazioni di Fontana - il torace e l'addome possono essere aperti per permettere la scomposizione delle parti, da quelle superficiali a quelle più profonde, per simulare l'atto della dissezione anatomica. Una dissezione da praticare mediante il sollevamento di strati o pezzi scomponibili, riproducenti tessuti, muscoli, ossa, organi, arterie, vene e cavità.
Inoltre, nonostante il corpo non presenti alcun segno evidente di gravidanza, la Venerina ha un feto nell'addome.
Quando, nel 1790, la Venerina giunse a Palazzo Poggi (sede dell'Istituto delle Scienze), venne collocata nella Stanza della Notomia, dove si conservava la prima collezione sistematica di cere anatomiche mai realizzata. Ancora oggi è collocata nell'ala del museo che contiene il nucleo delle cere anatomiche settecentesche (l'intero nucleo proviene dall'Istituto di Anatomia Normale dell'Università, dove rimase dal 1907 al 2000).
Il bene è registrato nell'inventario del 1815, nella "Sezione X Organi della nutrizione del feto" (p. 38).