FONTE
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AutoreValerio Massimo
Titolo operaFacta et dicta memorabilia
Anno30/35 ca. d.C.
Periodoetà giulio-claudia
EpocaAlto Imperiale
Noteed.: R. Faranda (a cura di), Detti e fatti memorabili di Valerio Massimo, Torino 1971 (trad. del curatore).
PASSO
LocalizzazioneI, 1.3
Testo originaleLaudabile duodecim fascium religiosum obsequium, audabilior quattuor et XX in consimili re oboedientia: a Tiberio enim Graccho ad collegium augurum litteris ex provincia missis, quibus significabat se, cum libros ad sacra populi pertinentes legeret, animadvertisse vitio tabernaculum captum comitiis consularibus, quae ipse fecisset, eaque re ab auguribus ad senatum relata iussu eius C. Figulus e Gallia, Scipio Nasica e Corsica Romam redierunt et se consulatu abdicaverunt.
TraduzioneSe degno di lode è il rispetto tributato alla religione dai dodici fasci, più degna è l'obbedienza dei ventiquattro in una circostanza simile alla precedente: come quando Tiberio Gracco inviò dalla provincia al collegio degli auguri un messaggio, in cui rendeva noto che, leggendo i libri riguardanti i riti del popolo, si era accorto che il luogo per la tenda augurale era stato scelto, durante i comizi consolari da lui stesso tenuti, senza le formalità prescritte; per questo, una volta che la cosa fu riferita dagli auguri al senato, per ordine dei Padri coscritti Quinto Figulo e Scipione Nasica tornarono rispettivamente dalla Gallia [Cisalpina] e dalla Corsica a Roma e rinunziarono spontaneamente al consolato.
Note162 a.C.
PASSO
LocalizzazioneI, 5.9
Testo originaleAdnotatu dignum illud quoque omen, sub quo Petilius consul in Liguria bellum gerens occiderit: nam cum montem, cui Leto cognomen erat, oppugnaret interque adhortationem militum dixisset «Hodie ego Letum utique capiam», inconsideratius proeliando fortuitum iactum vocis leto suo confirmavit.
TraduzioneDegno di considerazione è anche il noto pronostico, in base al quale il console Petilio morì durante la campagna in Liguria: stava, infatti, assalendo una posizione montana detta Leto, quando gli venne di dire esortando i soldati: «Oggi conquisterò Leto ad ogni costo». E, combattendo senza precauzioni, diede conferma, con la sua letale fine, della fatal frase che aveva pronunziato per casuale coincidenza.

Note176 a.C.
PASSO
LocalizzazioneI, 6.5
Testo originaleEiusdem generis monstra alio tumultu credita sunt: puerum infantem semenstrem in foro boario triumphum clamasse, alium cum elephantino capite natum, in Piceno lapidibus pluisse, in Gallia lupum vigili e vagina gladium abstulisse, in Sardina scuta duo sanguinem sudasse, Antii metentibus cruentas spicas in corbem decidisse, Caerites aquas sanguine mixtas fluxisse.


TraduzioneDurante un altro tumulto si diede credito a prodigi simili ai precedenti: un neonato di sei mesi gridò «Evviva! Trionfo!» nel foro Boario; un altro nacque con la testa di elefante, nel Piceno piovvero pietre dal cielo, in Gallia un lupo tolse dalla guaina la spada a una sentinella, in Sardegna due scudi sudarono sangue, in Anzio certi mietitori videro cadere nella loro cesta spighe insanguinate, a Cere l'acqua fu vista scorrere mescolata a sangue.
Note218 a.C.
PASSO
LocalizzazioneI, 7.7
Testo originaleVincit huiusce somni dirum aspectum quod insequitur. Apud Actium M. Antonii fractis opibus Cassius Parmensis, qui partes eius secutus fuerat, Athenas confugit. Ubi concubia nocte cum sollicitudinibus et curis mente sopita in lectulo iaceret, existimavit ad se venire hominem ingentis magnitudinis, coloris nigri, squalidum barba et capillo inmisso, interrogatumque quisnam esset respondisse «kakòn daìmona». Perterritus deinde taetro visu et nomine horrendo servos inclamavit sciscitatusque est ecquem talis habitus aut intrantem cubiculum aut exeuntem vidissent. Quibus adfirmantibus neminem illuc accessisse, iterum se quieti et somno dedit, atque eadem animo eius obversata species est. Itaque fugato somno lumen intro ferri iussit puerosque a se discedere vetuit. Inter hanc noctem et supplicium capitis, quo eum Caesar adfecit, parvulum admodum temporis intercessit.
TraduzionePiù terribile di questo sogno fu quello che ora segue. Dopo che le forze e le fortune di Antonio andarono distrutte ad Azio, Cassio Parmense, che ne aveva seguito le sorti, si rifugiò ad Atene. Qui, nel cuore della notte, mentre giaceva immerso in un sonno profondo con la mente grave d'incubi e di ansie, credette di vedere un uomo di statura gigantesca, nero di pelle, barbuto e dai capelli incolti, che gli si avvicinava. Alla domanda chi fosse, egli si sentì rispondere in lingua greca: «Il tuo cattivo genio». Atterrito allora dal funesto aspetto e dal nome orrendo di colui, chiamò a gran voce i servi e chiese loro se avessero per caso visto qualcuno somigliante entrare od uscire dalla sua camera. Alla risposta negativa si addormentò di nuovo, ma riebbe la stessa visione. Così, svegliatosi definitivamente, si fece portare in camera un lume e vietò ai servi di lasciarlo solo. Tra quella notte e il supplizio capitale cui fu condannato da Cesare trascorse pochissimo tempo.

Note31 a.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 7.15
Testo originaleAge, quam graviter senatus tulit quod Q. Petilium consulem fortissime adversus Ligures pugnantem occidere milites passi essent! Legioni neque stipendium anni procedere neque aera dari voluit, quia pro salute imperatoris hostium se telis non obtulerant. Idque decretum amplissimi ordinis speciosum et aeternum Petili monumentum extitit, sub quo in acie morte, in curia ultione clari cineres eius adquiescunt.

TraduzioneSuvvia, quanto malvolentieri il senato tollerò che i soldati avessero lasciato uccidere il console Quinto Petilio che combatteva con estremo coraggio contro i Liguri! Poiché la legione non si era voluta esporre alle armi nemiche per salvare il suo comandante, il senato stabilì che il servizio militare di un intero anno non fosse computato e che non venisse pagato il soldo. Tale decisione del più autorevole degli ordini costituì, quindi, uno splendido ed immortale monumento alla memoria di Petilio, alla cui ombra riposano le sue ceneri, rese illustri dalla morte sul campo e dalla vendetta postuma del senato.
Note176 a.C.
PASSO
LocalizzazioneIII, 7.6 stran.
Testo originaleHispanias enim dereptas populo Romano et Galliarum ac Liguriae vires in suam redactas potestatem et novo transitu Alpium iuga patefacta et Trasimennum lacum dira inustum memoria et Cannas, Punicae victoriae clarissimum monumentum, et Capuam possessam et Italiam laceratam ante pedes hominis effudit uniusque hostiae iocineri longo experimento testatam gloriam suam postponi aequo animo non tulit.
TraduzionePerché così Annibale gli gettò ai piedi le immagini delle Spagne strappate al popolo romano, delle Gallie e della Liguria ridotte in suo potere, della via delle Alpi da lui aperta per la prima volta, del Trasimeno dal ricordo bruciante segnato nella memoria dei Romani, di Canne che era la testimonianza più illustre di vittoria cartaginese, di Capua conquistata, dell'Italia devastata e divisa, e non tollerò di buon animo che la sua gloria, testimoniata da lunghe prove, fosse posposta al fegato di una vittima.
Note202 a.C.
PASSO
LocalizzazioneIV, 7.5-6
Testo originale[5] L. quoque Petronius huiusce laudis consortionem merito vindicat: paria enim in cultu amicitiae auso par gloriae portio adserenda est. Admodum humili loco natus ad equestrem ordinem et splendidae militiae stipendia P. Caeli beneficio pervenerat. Cui gratum animum, quia laeta in materia exhibere non contigerat, in ea, quam inicam fortuna esse voluit, cum multa fide praestitit. Erat ab Octavio consule Placentiae praepositus Caelius. Qua a Cinnano exercitu capta et senior iam et gravi valitudine adfectus, ne in potestatem hostium veniret, ad auxilium dexterae Petroni confugit. Quem is ab incepto consilio frustra conatus abstrahere in isdem perseverantem precibus interemit caedique eius suam iunxit, ne eo iacente, per quem omnia dignitatis incrementa adsecutus fuerat, superesset. Ita alterius fato verecundia, alterius pietas causam praebuit. [6] Iungendus Petronio Ser. Terentius est, quamquam ei, sicut cupierat, pro amico suo perire non contigit: incepto namque egregio, non inrito eventu aestimari debet, quia, quantum in illo fuit, et ipse extinctus est et D. Brutus periculum evasit mortis. Qui fugiens a Mutina, ut ad se interficiendum ab Antonio missos equites advenisse cognovit, quodam in loco iustae poenae debitum spiritum tenebris furari conabatur, eoque iam facta inruptione Terentius fideli mendacio obscuritate ipsa suffragante Brutum se esse simulavit et corpus suum trucidandum equitibus obiecit. Verum cognitus a Furio, cui Brutianae ultionis officium mandatum fuerat, nece sua amici supplicium discutere non potuit. Sic invitus fortuna cogente vixit.
Traduzione[5] Anche Lucio Petronio rivendica il suo diritto di partecipare a tale lode, perché, avendo osato compiere pari gesta nel culto dell'amicizia, pari parte dev'essergliene attribuita. Nato da modestissima famiglia, era giunto con l'aiuto di Publio Celio all'ordine equestre e agli alti gradi dell'esercito. E poiché non gli era toccato di poter dimostrargli la sua gratitudine nella buona fortuna, lo fece con somma fedeltà quando essa gli volse le spalle. Celio era stato preposto dal console Ottavio a presidio di Piacenza. Quando questa fu presa dall'esercito di Cinna, egli, già vecchio e malfermo in salute, per non essere preso prigioniero dal nemico, si rivolse a Petronio pregandolo di ucciderlo. E Petronio, dopo aver inutilmente tentato di distoglierlo dal proposito, lo uccise che ancora stava pregandolo e contemporaneamente si suicidò per non sopravvivere a colui, cui doveva i suoi successi e la sua carriera. Così all'uno la vergogna, all'altro la pietà diedero motivo a morire. [6] A Petronio va accostato Servio Terenzio, anche se a lui non toccò, come avrebbe desiderato, la ventura di morire per il proprio amico: il suo comportamento dev'essere valutato dalla nobiltà del gesto, non già dal fallimento del risultato, giacché, per quanto dipese da lui, da una parte egli sarebbe stato ucciso, dall'altra Decimo Bruto sarebbe sfuggito al pericolo di morte. Questi, fuggendo da Modena, appena venne a sapere che erano arrivati dei cavalieri di Antonio con l'ordine di ucciderlo, tentava di nascondersi in qualche luogo per sottrarsi al dovuto castigo; e allorché i sicari ebbero fatta irruzione, Terenzio, mentendo per fedeltà, finse, anche con l'aiuto delle tenebre, di essere Decimo Bruto e si offrì ai cavalieri per esserne trucidato. Ma riconosciuto da Furio, cui Antonio aveva dato l'incarico di uccidere Bruto, non poté col proprio sacrificio impedire l'uccisione dell'amico. Così, costretto dalla fortuna, dovette suo malgrado sopravvivergli.

NoteCelio: 87 a.C.; Bruto: 43 a.C.
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LocalizzazioneV, 4.5
Testo originaleApud C. quoque Flaminium auctoritas patria aeque potens fuit: nam cum tribunus pl. legem de Gallico agro viritim dividendo invito et repugnante senatu promulgasset, precibus minisque eius acerrime resistens ac ne exercitu quidem adversum se conscripto, si in eadem sententia perseveraret, absterritus, postquam pro rostris ei legem iam referenti pater manum iniecit, privato fractus imperio descendit e rostris, ne minime quidem murmure destitutae contionis reprehensus.

Traduzione[5] Ugualmente valida fu l'autorità paterna anche nei riguardi di Caio Flaminio: poiché durante il suo tribunato della plebe promulgò, malgrado l'ostilità e l'opposizione del senato, la legge relativa alla divisione di un tanto dell'agro gallico a testa, resistendo con grande determinazione alle sue preghiere e minacce e per nulla distolto dalla preoccupante previsione che gli sarebbe stato arruolato contro un esercito, se persistesse nella medesima decisione, allorché suo padre gli mise le mani addosso, cedendo all'autorità di lui, semplice privato, per quanto stesse ormai riferendo sulla legge, scese dai rostri ed abbandonò l'assemblea senza che una sola voce si levasse a protestare.
Note232 a.C.
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LocalizzazioneVI, 2.10
Testo originaleM. etiam Castricii libertate infiammatus animus. Qui, cum Placentiae magistratum gereret, Cn. Carbone consule iubente decretum fieri, quo sibi obsides a Placentinis darentur, nec summo eius imperio obtemperavit nec maximis viribus cessit: atque etiam dicente multos se gladios habere respondit «Et ego annos». Obstipuerunt tot legiones tam robustas senectutis reliquias intuentes. Carbonis quoque ira, quia materiam saeviendi perquam exiguam habebat, parvulum vitae tempus ablatura, in se ipsa conlapsa est.


TraduzioneDa spirito di libertà fu infiammato anche l'animo di Marco Castricio, il quale, mentre ricopriva una carica pubblica a Piacenza, non ottemperò all'ordine del console Gneo Carbone di consegnargli degli ostaggi piacentini né si ritirò di fronte alle sue pressioni di più alto magistrato; e quando Carbone disse di avere molte spade, egli rispose: «Ed io ho molti anni». Tante legioni stupirono, osservando come quel vecchio avesse conservato così gran vigoria. Anche la collera di Carbone, avendo scarso motivo ad infierire – visto che, se soddisfatta, avrebbe troncato un breve spazio di vita –, svanì da sola.
Note85 a.C.
PASSO
LocalizzazioneVII, 7.4
Testo originaleSepticia quoque mater Trachalorum Ariminensium irata filiis in contumeliam eorum, cum iam parere non posset, Publicio seni admodum nupsit, testamento etiam utroque praeterito. A quibus aditus divus Augustus et nuptias mulieris et suprema iudicia improbavit: nam hereditatem maternam filios habere iussit, dotem, quia non creandorum liberorum causa coniugium intercesserat, virum retinere vetuit. Si ipsa Aequitas hac de re cognosceret, potuitne iustius aut gravius pronuntiare? Spernis quos genuisti, nubis effeta, testamenti ordinem violento animo confundis neque erubescis ei totum patrimonium addicere, cuius pollincto iam corpori marcidam senectutem tuam substravisti. Ergo dum sic te geris, ad inferos usque caelesti fulmine adflata es.
TraduzioneAnche Septicia, madre dei due Tracali di Rimini, adirata con i figli, sposò per far loro dispetto l'attempato Publicio, essendo in età da non poter più partorire, e ne omise pure i nomi nel testamento. Da questi chiamato a sentenziare, il divo Augusto disapprovò sia le nozze sia le ultime decisioni della donna: tant'è vero che dispose che i figli avessero l'eredità materna e proibì al marito di conservare la dote, in quanto il matrimonio era stato celebrato non allo scopo di avere figli. Se l'Equità stessa fosse stata chiamata a decidere su questa controversia, avrebbe potuto pronunziarsi in maniera più giusta o più grave? Dispregi le tue creature, ti sposi vecchia, confondi in preda alla collera l'ordine del testamento e non arrossisci di assegnare il patrimonio a colui, al cui corpo, già pronto per la sepoltura, sottoponesti il tuo, marcio di vecchiaia! Mentre ti comportavi così, fosti colpita e sbattuta fino agli inferi da un fulmine del cielo.
Noteinizio I sec. d.C.
PASSO
LocalizzazioneVIII, 8.1 assol. 12
Testo originaleTam vehementes iudices adversus excellentissimum accusatorem quam mites in longe inferioris fortunae reo. Calidius Bononiensis in cubiculo mariti noctu deprehensus, cum ob id causam adulterii diceret, inter maximos et gravissimos infamiae fluctus emersit, tamquam fragmentum naufragii leve admodum genus defensionis amplexus: adfirmavit enim se ob amorem pueri servi eo esse perductum. Suspectus erat locus, suspectum tempus, suspecta matris familiae persona, suspecta etiam adulescentia ipsius, sed crimen libidinis confessio intemperantiae liberavit.
TraduzioneGiudici così severi nei confronti di un eccellentissimo accusatore quanto, invece, furono miti verso un accusato di condizione assai inferiore! Calidio Bolognese, sorpreso di notte nella camera da letto da un marito, dovendo per questo difendersi dall'accusa di adulterio riuscì a salvarsi, tra i violenti e pericolosi flutti dell'infamia, aggrappandosi, come a un relitto di naufragio, ad un fragile genere di difesa: affermò, infatti, di esser finito nella camera per amore di un giovane schiavo. Sospetti erano il luogo, la circostanza, la padrona di casa, l'età del presunto adultero: ma la confessione della sua intemperanza valse a fargli derubricare l'accusa di lussuria.
Noteinizio I sec. d.C.
COMPILAZIONE
COMPILAZIONE
Data2011
NomeAssorati G.
AGGIORNAMENTO – REVISIONE
Data2021
NomeParisini S.

ultima modifica: 20/01/2021
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