FONTE
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AutoreSvetonio
Titolo operaDe vita Caesarum
Anno122 ca. d.C.
Periodoetà degli imperatori adottivi
EpocaAlto Imperiale
Noteed.: http://www.thelatinlibrary.com/suet.html (vedere anche: http://www.thelatinlibrary.com/cred; trad.: G. Gaggero (a cura di), Vite dei dodici Cesari, Milano 1994).
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LocalizzazioneDivus Iulius 22.1
Testo originaleSocero igitur generoque suffragantibus ex omni provinciarum copia Gallias potissimum elegit, cuius emolumento et oportunitate idonea sit materia triumphorum. Et initio quidem Galliam Cisalpinam Illyrico adiecto lege Vatinia accepit; mox per senatum Comatam quoque, veritis patribus ne, si ipsi negassent, populus et hanc daret.
TraduzioneQuindi, con l'appoggio del suocero e del genero [Lucio Calpurnio Pisone e Gneo Pompeo], scelse fra tutte le province le Gallie [Cisalpina e Narbonese – Comata], stimando di trovarvi le risorse necessarie e le occasioni favorevoli per ricavarne dei trionfi. Dapprima ebbe la Gallia Cisalpina e l'Illirico, aggiunto a quella in base alla legge Vatinia, poi ottenne dal senato anche la Comata, temendo i padri che, se gliel'avessero rifiutata, l'avrebbe ugualmente ottenuta dal popolo.
Note59 a.C.
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LocalizzazioneDivus Iulius 29-30.2
Testo originale(29) [1] Commotus his Caesar ac iudicans, quod saepe ex eo auditum ferunt, difficilius se principem civitatis a primo ordine in secundum quam ex secundo in novissimum detrudi, summa ope restitit, partim per intercessores tribunos, partim per Servium Sulpicium alterum consulem. Insequenti quoque anno Gaio Marcello, qui fratri patrueli suo Marco in consulatu successerat, eadem temptante collegam eius Aemilium Paulum Gaiumque Curionem violentissimum tribunorum ingenti mercede defensores paravit. [2] Sed cum obstinatius omnia agi videret et designatos etiam consules e parte diversa, senatum litteris deprecatus est, ne sibi beneficium populi adimeretur, aut ut ceteri quoque imperatores ab exercitibus discederent; confisus, ut putant, facilius se, simul atque libuisset, veteranos convocaturum quam Pompeium novos milites. Cum adversariis autem pepigit, ut dimissis octo legionibus Transalpinaque Gallia duae sibi legiones et Cisalpina provincia vel etiam una legio cum Illyrico concederetur, quoad consul fieret. (30) [1] Verum neque senatu interveniente et adversariis negantibus ullam se de re publica facturos pactionem, transiit in citeriorem Galliam, conventibusque peractis Ravennae substitit, bello vindicaturus si quid de tribunis plebis intercedentibus pro se gravius a senatu constitutum esset. [2] Et praetextum quidem illi civilium armorum hoc fuit; causas autem alias fuisse opinantur. Gnaeus Pompeius ita dictitabat, quod neque opera consummare, quae instituerat, neque populi expectationem, quam de adventu suo fecerat, privatis opibus explere posset, turbare omnia ac permiscere voluisse. Alii timuisse dicunt, ne eorum, quae primo consulatu adversus auspicia legesque et intercessiones gessisset, rationem reddere cogeretur.
Traduzione(29) [1] Cesare, preoccupato per questo e ritenendo, secondo quanto riferiscono che ripeteva spesso, che sarebbe stato più difficile scalzarlo al secondo posto fra i cittadini, mentre era il primo, che poi dal secondo all'ultimo, si oppose con tutte le forze, in parte grazie al veto dei tribuni, in parte con l'aiuto dell'altro console Servio Sulpicio. E anche l'anno successivo, rinnovando lo stesso tentativo Gaio Marcello, che era succeduto nel consolato al cugino Marco, Cesare, per mezzo di ingenti somme di denaro, si procurò come difensori il collega di quello, Emilio Paolo, e Gaio Curione, il più violento dei tribuni. [2] Ma vedendo che ci si accaniva con ancor maggiore ostinazione contro di lui, e che anche i consoli designati erano del partito avverso, scrisse al senato scongiurandolo che non gli fosse tolto un beneficio accordatogli dal popolo, oppure che anche gli altri generali lasciassero i loro comandi; era convinto, si pensa, che fosse più facile a lui radunare i suoi veterani, quando lo volesse, che a Pompeo arruolare nuove truppe. Offrì d'altra parte ai suoi avversari di congedare otto legioni e di abbandonare la Gallia Transalpina, in cambio della possibilità di tenere due legioni e la provincia Cisalpina, oppure una legione e l'Illirico, fino al momento di diventare console. (30) [1] Ma poiché il senato non interveniva, e i suoi avversari si rifiutavano di stipulare con lui alcun accordo in relazione agli affari dello stato, passò nella Gallia Citeriore e, dopo avervi tenute le assise, si fermò a Ravenna, deciso a vendicarsi con le armi se il senato avesse preso delle misure troppo severe contro i tribuni della plebe che esercitavano il diritto di veto in suo favore. [2] E questo fu il suo pretesto per l'inizio della guerra civile; ma si pensa che altre siano state le cause di essa. Gneo Pompeo ripeteva in continuazione che Cesare aveva voluto sconvolgere e rivoluzionare ogni cosa, poiché non poteva portare a compimento le costruzioni da lui avviate, né soddisfare a sue spese le aspettative popolari suscitate in previsione del suo ritorno.
NoteDicembre 50 a.C.
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LocalizzazioneDivus Iulius 31-33
Testo originale(31) Cum ergo sublatam tribunorum intercessionem ipsosque urbe cessisse nuntiatum esset, praemissis confestim clam cohortibus, ne qua suspicio moveretur, et spectaculo publico per dissimulationem interfuit et formam, qua ludum gladiatorium erat aedificaturus, consideravit et ex consuetudine convivio se frequenti dedit. Dein post solis occasum mulis e proximo pistrino ad vehiculum iunctis occultissimum iter modico comitatu ingressus est; et cum luminibus extinctis decessisset via, diu errabundus tandem ad lucem duce reperto per angustissimos tramites pedibus evasit. Consecutusque cohortis ad Rubiconem flumen, qui provinciae eius finis erat, paulum constitit, ac reputans quantum moliretur, conversus ad proximos: «etiam nunc», inquit, «regredi possumus; quod si ponticulum transierimus, omnia armis agenda erunt».
(32) Cunctanti ostentum tale factum est. Quidam eximia magnitudine et forma in proximo sedens repente apparuit harundine canens; ad quem audiendum cum praeter pastores plurimi etiam ex stationibus milites concurrissent interque eos et aeneatores, rapta ab uno tuba prosilivit ad flumen et ingenti spiritu classicum exorsus pertendit ad alteram ripam. Tunc Caesar: «eatur», inquit, «quo deorum ostenta et inimicorum iniquitas vocat. Iacta alea est», inquit.
(33) Atque ita traiecto exercitu, adhibitis tribunis plebis, qui pulsi supervenerant, pro contione fidem militum flens ac veste a pectore discissa invocavit. Existimatur etiam equestres census pollicitus singulis; quod accidit opinione falsa. Nam cum in adloquendo adhortandoque saepius digitum laevae manus ostentans adfirmaret se ad satis faciendum omnibus, per quos dignitatem suam defensurus esset, anulum quoque aequo animo detracturum sibi, extrema contio, cui facilius erat videre contionantem quam audire, pro dicto accepit, quod visu suspicabatur; promissumque ius anulorum cum milibus quadringenis fama distulit.

Traduzione(31) Dunque, quando Cesare fu avvertito che era stato respinto il veto dei tribuni, e che gli stessi avevano abbandonato l'Urbe, mandate immediatamente innanzi di nascosto le coorti, per non destare sospetti e allo scopo di trarre in inganno partecipò a uno spettacolo pubblico, esaminò il progetto di una scuola di gladiatori che voleva costruire, e pranzò come di consueto in numerosa compagnia. Poi, dopo il tramonto, aggiogati a un carretto dei muli di un vicino mulino, si avviò nel massimo segreto e con una scorta limitata; ma, perduta la strada per essersi spente le lampade, errò a lungo finché all'alba, trovata una guida, giunse a piedi alla meta attraverso sentieri strettissimi. Raggiunte le coorti presso il fiume Rubicone, che costituiva il confine della sua provincia, si fermò un momento, e meditando sull'importanza della sua impresa, disse rivolto al suo seguito: «Adesso possiamo ancora tornare indietro; ma se passeremo il ponticello, tutto dovrà essere deciso con le armi».
(32) Mentre ancora esitava, avvenne il seguente prodigio. Apparve improvvisamente, sedendosi vicino e suonando il flauto, un uomo di statura e bellezza straordinarie; essendo accorsi a sentirlo dei pastori e anche numerosi soldati delle postazioni vicine, fra cui dei trombettieri, egli, presa la tromba a uno di questi, si slanciò verso il fiume e, suonato con formidabile vigore il segnale d'attacco, passò sull'altra riva. Allora Cesare disse: «Andiamo dove ci chiamano i prodigi degli dei e l'ingiustizia dei nemici. Il dado è tratto!».
(33) E fatto passare così l'esercito, accolti i tribuni della plebe che erano giunti da lui dopo essere stati scacciati da Roma, davanti alle truppe schierate in assemblea invocò piangendo e strappandosi le vesti dal petto. Si dice che abbia allora promesso a tutti il censo equestre; ma ciò fu il risultato di un equivoco. Infatti, mentre parlava ed esortava, mostrò più volte l'anulare della mano sinistra, dichiarando che per soddisfare coloro che stavano per difendere la sua dignità, di buon animo si sarebbe privato persino dell'anello; allora i soldati delle ultime file, per i quali era più facile vedere l'oratore che sentire le parole, credettero che egli avesse detto quello che il suo gesto sembrava suggerire, e si diffuse perciò la fama che avesse promesso a tutti il diritto di portare l'anello e quattrocentomila sesterzi.

NoteGennaio 49 a.C.
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LocalizzazioneDivus Iulius 69
Testo originaleSeditionem per decem annos Gallicis bellis nullam omnino moverunt, civilibus aliquas, sed ut celeriter ad officium redierint, nec tam indulgentia ducis quam auctoritate. Non enim cessit umquam tumultuantibus atque etiam obviam semper iit; et nonam quidem legionem apud Placentiam, quanquam in armis adhuc Pompeius esset, totam cum ignominia missam fecit aegreque post multas et supplicis preces, nec nisi exacta de sontibus poena, restituit.
Traduzione



TraduzioneDurante i dieci anni delle guerre galliche essi non fecero mai alcuna sedizione; durante le guerre civili ne fecero invece qualcuna, ma tornando rapidamente al loro dovere, non tanto per l'indulgenza del comandante quanto per la sua autorità. Cesare infatti non cedette mai agli ammutinati, ma andò sempre ad affrontarli; a Piacenza congedò con ignominia l'intera IX legione, sebbene Pompeo fosse ancora in armi, e solo di malavoglia, e dopo molte suppliche, la ricostituì, non senza aver punito i colpevoli.
Note49 a.C.
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LocalizzazioneDivus Iulius 81.2
Testo originaleProximis diebus equorum greges, quos in traiciendo Rubiconi flumini consecrarat ac vagos et sine custode dimiserat, comperit pertinacissime pabulo abstinere ubertimque flere. Et immolantem haruspex Spurinna monuit, caveret periculum, quod non ultra Martias Idus proferretur.


TraduzioneNegli ultimi giorni egli [Cesare] apprese che le mandrie di cavalli che al tempo del passaggio del Rubicone aveva consacrato al fiume e aveva lasciate libere e incustodite, avevano cessato ostinatamente di pascolare e piangevano a dirotto. E l'aruspice Spurinna lo ammonì, mentre stava sacrificando, a guardarsi da un pericolo che gli sarebbe occorso non oltre le idi di marzo.
Note44 a.C.
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LocalizzazioneDivus Augustus 4.2
Testo originaleCassius quidem Parmensis quadam epistola non tantum ut pistoris, sed etiam ut nummulair nepotem sic taxat Augustum: “Materna tibi farinast ex crudissimo Ariciae pistrino: hanc finxit manibus collybo decoloratis Nerulonensis mensarius”.
Traduzione Inoltre Cassio Parmense accusa in una lettera Augusto di essere nipote non solo di un panettiere, ma anche di un cambiavalute, scrivendo: “La tua farina materna proviene dal peggiore mulino di Aricia, e un cambiavalute di Nerulo la impastò con le mani rese sudicie dal maneggio del denaro”.
Note35/30 a.C.
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LocalizzazioneDivus Augustus 9
Testo originaleProposita vitae eius velut summa, partes singillatim neque per tempora sed per species exsequar, quo distinctius demonstrari cognoscique possint. Bella civilia quinque gessit: Mutinense, Philippense, Perusinum, Siculum, Actiacum; e quibus primum ac novissimum adversus M. Antonium, secundum adversus Brutum et Cassium, tertium adversus L. Antonium triumviri fratrem, quartum adversus Sextum Pomeium Cn. f.
Traduzione

TraduzioneDopo aver premesso quasi un sommario della sua vita, adesso ne esaminerò i singoli fatti uno ad uno, non seguendo l'ordine cronologico, ma per rubriche in modo che essi si possano esporre e apprendere in modo più chiaro. Sostenne cinque guerre civili: quella di Modena, quella di Filippi, quella di Perugia, quella di Sicilia e quella di Azio; la prima e l'ultima di esse contro Marco Antonio, la seconda contro Bruto e Cassio, la terza contro Lucio Antonio, fratello del triumviro, la quarta contro Sesto Pompeo, figlio di Gneo.

NoteGuerra di Modena: 43 a.C.
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LocalizzazioneDivus Augustus 10.2-11
Testo originale[2] Et quo constantius cetera qoque exequeretur, in locum Tr. Pl. forte demortui candidatum se ostendit, quanquam patricius necdum senator. Sed adversante conatibus suis M. Antonio consule, quem vel praecipuum adiutorem speraverat, ac ne publicum quidem et tralaticium ius ulla in re sibi sine pactione gravissimae mercedis impertiente, ad optimates se contulit, quibus eum invisum sentiebat, maxime quod D. Brutum obsessum Mutinae provincia a Caesare data et per senatum confirmata expellere armis niteretur. [3] Hortantibus itaque nonullis percussores ei subornavit, ac fraude deprehensa periculum in vicem metuens veteranos simul in suum ac rei publicae auxilium quanta potuit largitione contraxit; iussusque comparato exercituii pro praetore praeesse et cum Hirtio ac Pansa, qui consulatum susceperant, D. Bruto opem ferre, demandatum bellum tertio mense confecit duobus proeliis. [4] Priore Antonius fugisse eum scribit ac sine paludamento equoque post biduum demum apparuisse, sequenti satis constat non modo ducis, sed etiam militis functum munere atque in media dimicatione, aquilifero legionis suae graviter saucio, aquilam umeris subisse diuque portasse.
(11) Hoc bello cum Hirtius in acie, Pansa paulo post ex vulnere perissent, rumor increbruit ambos opera eius occisos, ut Antonio fugato, re publica consulibus orbata, solus victores exercitus occuparet. Pansae quidem adeo suspecta mors fuit, ut Glyco medicus custoditus sit, quasi venenum vulneri indidisset. Adicit his Aquilius Niger, alterum e consulibus Hirtium in pugnae tumultu ab ipso interemptum.

Traduzione [2] E per meglio eseguire gli altri suoi progetti si presentò candidato al posto di uno dei tribuni della plebe che per caso era morto, sebbene fosse patrizio e non facesse ancora parte del senato. Ma poiché il console Marco Antonio, sulla cui alleanza aveva particolarmente contato, si opponeva ai suoi tentativi, e pretendeva di non fargli godere in nessuna circostanza neppure ciò che gli spettava in base al diritto comune e a quello successorio, se non a prezzo di somme enormi, si volse dalla parte degli ottimati, sapendo che Antonio era loro inviso soprattutto perché teneva assediato in Modena Decimo Bruto, e cercava di espellerlo con le armi da una provincia che gli era stata attribuita da Cesare e confermata dal senato. [3] Dietro esortazione di molti, sobillò pertanto contro Antonio dei sicari, ma, scoperto il complotto e temendo a sua volta il pericolo, con tutte le elargizioni possibili radunò dei veterani in difesa di se stesso e della repubblica; e ricevuto l'ordine di porsi a capo dell'esercito da lui riunito col titolo di propretore, e di portare aiuto a Decimo Bruto insieme a Irzio e a Pansa, che avevano assunto il consolato, terminò nello spazio di tre mesi e con due battaglie la guerra che gli era stata assegnata. [4] Antonio scrive che egli, fuggito nella prima delle due battaglie, era finalmente ricomparso dopo due giorni senza paludamento e senza cavallo; nella seconda è invece certo che eseguì non solo le mansioni di comandante, ma anche quelle di soldato, e che in mezzo alla mischia, essendo stato gravemente ferito l'aquilifero della sua legione, prese l'aquila e la portò a lungo sulle spalle.
(11) Essendo morti in questa guerra sia Irzio che Pansa, il primo sul campo, il secondo poco dopo a seguito di una ferita, si sparse la voce che ambedue fossero stati uccisi per opera sua, in modo che, una volta messo in fuga Antonio e privato lo stato dei consoli, egli rimanesse solo al comando degli eserciti vittoriosi. Invero la morte di Pansa fu tanto sospetta che venne imprigionato il suo medico Glicone, sotto l'accusa di averne avvelenato la ferita. Inoltre Aquilio Nigro aggiunge che l'altro console Irzio venne ucciso dallo stesso Augusto nella confusione della mischia.

Note43 a.C.
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LocalizzazioneDivus Augustus 12
Testo originaleSed ut cognovit Antonium post fugam a M. Lepido receptum ceterosque duces et exercitus consentire pro patribus, causam optimatium sine cunctatione deseruit, ad praetextum mutatae voluntatis dicta factaque quorundam calumniatus, quasi alii se “puerum”, alii “ornandum tolendumque iactassent”, ne aut sibi aut veteranis par gratia referretur. Et quo magis paenitentiam prioris sectae approbaret, Nursinos grandi pecunia et quam pendere nequirent multatos extorres oppido egit, quod Mutinensi acie interemptorum civium tumulo publice extructo ascripserant, “pro libertate eos occubuisse”.
TraduzioneMa quando apprese che Antonio dopo la sua fuga era stato accolto da Marco Lepido e che anche gli altri generali con i loro eserciti erano d'accordo con il partito avverso, abbandonò senza esitare la causa degli ottimati, dando come pretesto per il suo mutamento d'avviso le parole e gli atti che imputava ad alcuni di essi; certi – affermava – lo avevano chiamato “bambino”, altri dicevano che “doveva essere ricoperto di onori e messo da parte”, affinché non si dovesse mostrare la necessaria riconoscenza né a lui né ai suoi veterani. E per provare ancora di più il suo rincrescimento per la precedente condotta, inflisse una forte multa agli abitanti di Norcia, perché avevano eretto a spese pubbliche un monumento ai cittadini caduti nella battaglia di Modena, con l'iscrizione “Sono morti per la libertà”; e dato che essi non avevano potuto pagare la multa, li fece bandire dalla loro città.
Note42 a.C.
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LocalizzazioneDivus Augustus 17.2
Testo originaleRemisit tamen hosti iudicato necessitudines amicosque omnes, atque inter alios C. Sosium et Cn. Domitium tunc adhuc consules. Bononiensibus quoque publice, quod in Antoniorum clientela antiquitus erant, gratiam fect coniurandi cum tota Italia pro partibus suis. Nec multo post navali proelio apud Actium vicit, in serum dimicatione protacta, ut in nave victor pernoctaverit.

TraduzioneDopo che [Antonio] fu dichiarato nemico pubblico, rimandò tuttavia a lui tutti i suoi parenti e amici, fra cui Gaio Sosio e Tito Domizio, allora consoli. Dispensò anche ufficialmente gli abitanti di Bologna, che erano fin dall'antichità clienti degli Antonii, dal prendere parte al giuramento in suo favore compiuto dal resto dell'Italia. Non molto tempo dopo lo sconfisse in una battaglia navale presso Azio, protrattasi così a lungo che il vincitore passò la notte nella sua nave.
Note32 a.C.; battaglia di Azio: 31 a.C.
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LocalizzazioneDivus Augustus 20
Testo originaleExterna bella duo omnino per se gessit, Delmaticum adulescens adhuc, et Antonio devicto Cantabricum. Delmatico etiam vulnera excepit, una acie dextrum genu lapide ictus, altera et crus et utrumque brachium ruina pontis consauciatus. Reliqua per legatos administravit, ut tamen quibusdam Pannonicis atque Germanicis aut interveniret aut non longe abesset, Ravennam vel Mediolanium vel Aquileiam usque ab urbe progrediens.
TraduzioneCondusse di persona due sole guerre esterne, quella di Dalmazia mentre era ancora adolescente, e quella di Cantabria dopo la vittoria su Antonio. Durante la guerra di Dalmazia ricevette anche delle ferite, una in battaglia, colpito da una pietra al ginocchio destro, l'altra in occasione del crollo di un ponte quando fu ferito a una gamba e a entrambe le braccia. Le altre guerre le condusse per mezzo di legati, sebbene sia intervenuto di persona o abbia seguito da presso le operazioni durante alcune campagne in Pannonia e in Germania, spingendosi dall'Urbe fino a Ravenna, a Milano e ad Aquileia.
Note14 a.C. - 9 d.C.
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LocalizzazioneDivus Augustus 30.1
Testo originaleQuo autem facilius undique urbs adiretur, desumpta sibi Flaminia via Arimino tenus munienda reliquas triumphalibus viris ex manubiali pecunia sternendas distribuit.

TraduzioneInoltre, per rendere più agevole l'accesso all'Urbe da ogni direzione, si assunse di persona il compito di riparare la via Flaminia fino a Rimini, mentre ripartì le altre vie fra coloro che avevano ottenuto il trionfo, affinché le facessero lastricare con il denaro ricavato dai bottini.
Note27 a.C.
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LocalizzazioneDivus Augustus 49
Testo originale[1] Ex militaribus copiis legiones et auxilia provinciatim distribuit, classem Miseni et alteram Ravennae ad tutelam Superi et Inferi maris conlocavit, ceterum numerum partim in urbis partim in sui custodiam adlegit dimissa Calagurritanorum manu, quam usque ad devictum Antonium, item Germanorum, quam usque ad cladem Varianam inter armigeros circa se habuerat. Neque tamen umquam plures quam tres cohortes in urbe esse passus est easque sine castris, reliquas in hiberna et aestiva circa finitima oppida dimittere assuerat. [2] Quidquid autem ubique militum esset, ad certam stipendiorum praemiorumque formulam adstrinxit definitis pro gradu cuiusque et temporibus militiae et commodis missionum, ne aut aetate aut inopia post missionem sollicitari ad res novas possent. Utque perpetuo ac sine difficultate sumptus ad tuendos eos prosequendosque suppeteret, aerarium militare cum vectigalibus novis constituit. [3] Et quo celerius ac sub manum adnuntiari cognoscique posset, quid in provincia quaque gereretur, iuvenes primo modicis intervallis per militaris vias, dehinc vehicula disposuit. Commodius id visum est, ut qui a loco idem perferunt litteras, interrogari quoque, si quid res exigant, possint.
Traduzione[1] Riguardo alle forze militari, distribuì nelle province le legioni e le truppe ausiliarie e stanziò per la difesa dei mari Superiore e Inferiore una flotta a Miseno e un'altra a Ravenna; le altre truppe le pose parte a difesa dell'Urbe, parte come guardia personale, dopo aver congedato la schiera dei Calagurritani, che aveva tenuto con sé fino alla sconfitta di Antonio, e poi quella dei Germani, che aveva tenuto invece fra le altre guardie del corpo fino alla disfatta di Varo. Tuttavia non tollerò mai che nell'Urbe vi fossero più di tre coorti, e anch'esse senza accampamenti fissi, mentre era solito inviare le altre nei loro quartieri invernali ed estivi presso le città vicine. [2] Per tutte le truppe, dovunque fossero stanziate, regolò d'altra parte in modo stabile gli stipendi e i premi, avendoli definiti in base al grado, alla durata del servizio e ai vantaggi connessi con il congedo, affinché i soldati, dopo essere stati congedati, non potessero esser indotti alla rivolta a causa dell'età o della miseria. E per poter sempre procurare in futuro senza difficoltà il denaro necessario per mantenere e ricompensare le truppe, costituì per mezzo di nuove imposte un erario militare. [3] Per poter essere più rapidamente e più facilmente avvertito e informato di ciò che avveniva in ciascuna provincia, dispose lungo le vie militari, in punti poco distanti l'uno dall'altro, dapprima dei gruppi di giovani, in seguito alcuni veicoli. Quest'ultimo metodo apparve più pratico, poiché, se sono sempre le stesse persone che, per tutto il tragitto, portano le lettere da una località, esse possono essere anche interrogate a voce in caso di necessità.
NoteInsediamento della flotta a Ravenna: dopo il 30 a.C.; disastro di Varo: 9 d.C.; il par. 3 descrive l'istituzione del "cursus publicus" e delle stazioni di posta e cambio cavalli.
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LocalizzazioneDivus Augustus 77
Testo originaleVini quoque natura parcissimus erat. Non amplius ter bibere eum solitum super cenam in castris apud Mutinam, Cornelius Nepos tradit. Postea quotiens largissime se invitaret, senos sextantes non excessit, aut si excessisset, reiciebat. Et maxime delectatus est Raetico neque temere interdiu bibit. Pro potione sumebat perfusum aqua frigida panem aut cucumeris frustum vel lactuculae thyrsum aut recens aridumve pomum suci vinosioris.


TraduzioneEra anche per sua natura molto sobrio nel bere vino. Cornelio Nepote riferisce che nell'accampamento posto presso Modena era solito bere non più di tre volte al pasto. In seguito, tutte le volte che si trattava con la massima larghezza, non superava i sei sestanti [ca. 0,5 l.], mentre se superava la misura, vomitava. Gli piaceva particolarmente il vino della Rezia, ma in generale non ne beveva durante il giorno. Per dissetarsi, prendeva del pane inzuppato in acqua fresca, o una fetta di cocomero, o un cespo di lattuga piccola, o un frutto dal gusto piuttosto acido, colto di recente o conservato.
Note43 a.C.
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LocalizzazioneDivus Augustus 84.1
Testo originaleEloquentiam studiaque liberalia ab aetate prima et cupide et laboriosissime exercuit. Mutinensi bello in tanta mole rerum et legisse et scripsisse et declamasse cotidie traditur. Nam deinceps neque in senatu neque apud populum neque apud milites locutus est umquam nisi meditata et composita oratione, quamvis non deficeretur ad subita extemporali facultate.



TraduzioneFin dalla prima giovinezza curò con passione e grande impegno l'eloquenza e gli studi liberali. Durante la guerra di Modena si dice che ogni giorno continuasse a leggere, scrivere e declamare, pur in mezzo a una così vasta mole di impegni. Infatti da allora non parlò mai né in senato, né davanti al popolo, né davanti ai soldati, se non dopo aver meditato e preparato il discorso, sebbene non gli mancasse la capacità di improvvisare in circostanze impreviste.
Note43 a.C.
PASSO
LocalizzazioneDivus Augustus 96.1
Testo originaleQuin et bellorum omnium eventus ante praesensit. Contractis ad Bononiam triumvirorum copiis, aquila tentorio eius supersedens duos corvos hinc et inde infestantis afflixit et ad terram dedit; notante omni exercitu, futuram quandoque inter collegas discordiam talem qualis secuta est, et exitum praesagiente. Philippis Thessalus quidam de futura victoria nuntiavit auctore Divo Caesare, cuius sibi species itinere avio occurrisset.
TraduzioneEgli fu presago anche dell'avvento di tutte le guerre future. Quando le truppe dei triumviri erano radunate presso Bologna, un'aquila, che stava sulla sua tenda, colpì e fece cadere a terra due corvi che la assalivano da una parte e dall'altra; tutti i soldati compresero allora che in futuro vi sarebbe stata un giorno quella discordia che effettivamente si verificò, e ne presagirono l'esito. Mentre si recava a Filippi, un tessalo gli annunciò la vittoria futura, su suggerimento del Divo Cesare, la cui ombra gli si era fatta incontro in un sentiero fuori mano.
NoteStipula del triumvirato: 43 a.C.; battaglia di Filippi: 42 a.C.

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LocalizzazioneTiberius 20
Testo originaleA Germania in urbem post biennium regressus triumphum, quem distulerat, egit prosequentibus etiam legatis, quibus triumphalia ornamenta impetrarat. Ac prius quam in Capitolium flecteret, descendit e curru seque praesidenti patri ad genua summisit. Batonem Pannonium ducem ingentibus donatum praemiis Ravennam transtulit, gratiam referens, quod se quondam cum exercitu iniquitate loci circumclusum passus esset evadere. Prandium dehinc populo mille mensis et congiarium trecenos nummos viritim dedit. Dedicavit et Concordiae aedem, item Pollucis et Castoris suo fratrisque nomine de manubiis.
TraduzioneRientrato due anni dopo dalla Germania nell'Urbe, celebrò il trionfo che aveva differito, facendosi accompagnare anche dai suoi legati, per i quali aveva ottenuto gli ornamenti trionfali. Prima di dirigersi verso il Campidoglio, scese dal carro e si inginocchiò dinanzi a suo padre, che presiedeva la cerimonia. Stabilì a Ravenna Batone, capo dei Pannoni, dopo avergli concesso magnifici doni, come riconoscenza per averlo una volta lasciato fuggire con l'esercito, quando era rimasto chiuso in una angusta località. Offrì quindi al popolo un banchetto con mille mense e un congiario di trecento sesterzi a testa. Con il ricavato della preda, a nome suo e di suo fratello [Nerone Claudio Druso maggiore] dedicò poi un tempio alla Concordia e uno a Polluce e Castore.

Note11 d.C.; la rivolta dei Pannoni risale all'8 d.C.
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LocalizzazioneNero 7.2
Testo originaleDeductus in Forum tiro populo congiarium, militi donativum proposuit indictaque decursione praetorianis scutum sua manu praetulit; exin patri gratias in senatu egit. Apud eundem consulem pro Bononiensibus Latine, pro Rhodiis atque Iliensibus Graece verba fecit.



TraduzioneIn occasione del suo ingresso nella carriera pubblica nel foro, offrì al popolo un congiario e ai soldati un donativo, e, organizzata una rivista dei pretoriani, presentò loro personalmente lo scudo; ringraziò poi suo padre [l'imperatore Claudio] in senato. E in presenza di quello, che allora era console, si espresse in latino in favore degli abitanti di Bologna, e in greco in favore di quelli di Rodi e di Ilio.
Note51 d.C.
PASSO
LocalizzazioneOtho 9
Testo originale[1] Simili temeritate, quamvis dubium nemini esset quin trahi bellum oporteret quando et fame et angustiis locorum urgeretur hostis, quam primum tamen decertare statuit, sive impatiens longioris sollicitudinis speransque ante Vitelli adventum profligari plurimum posse, sive impar militum ardori pugnam deposcentium. Nec ulli pugnae affuit substitique Brixelli. [2] Et tribus quidem verum mediocribus proeliis apud Alpes circaque Placentiam et ad Castoris, quod loco nomen est, vicit; novissimo maximoque apud Betriacum fraude superatus est, cum, spe conloquii facta, quasi ad condicionem pacis militibus eductis, ex improviso atque in ipsa consalutatione dimicandum fuisset. [3] Ac statim moriendi impetum cepit, ut multi nec frustra opinantur, magis pudore ne tanto rerum hominumque periculo dominationem sibi asserere perseveraret, quam desperatione ulla aut diffidentia copiarum; quippe residuis integrisque etiam nunc quas secum ad secundos casus detinuerat, et supervenientibus aliis e Dalmatia Pannoniaque et Moesia, ne victis quidem adeo afflictis ut non in ultionem ignominiae quidvis discriminis ultro et vel solae subirent.
Traduzione[1] Sebbene nessuno avesse dubbi sul fatto che fosse preferibile trascinare per le lunghe la guerra, dal momento che il nemico era oppresso dalla fame e ostacolato dalla ristrettezza del terreno, egli decise con uguale temerarietà di attaccare battaglia il più presto possibile sia perché non poteva restare più a lungo nell'incertezza, sia perché sperava di poter vincere più facilmente prima dell'arrivo di Vitellio, sia perché non era in grado di frenare l'ardore dei suoi soldati, desiderosi di combattere. Tuttavia non prese parte ad alcuna battaglia, e si fermò a Brescello. [2] Ottenne tre successi parziali, presso le Alpi e nelle vicinanze di Piacenza e di Ad Castoris – è il nome di quella località –; nell'ultimo e decisivo scontro, vicino a Bedriaco, fu però vinto con l'inganno, perché, essendo sorta la speranza di trattative, ed essendo i soldati usciti dall'accampamento come per una tregua, si dovette combattere all'improvviso, proprio mentre si stavano scambiando i saluti. [3] Egli decise immediatamente di uccidersi, secondo quanto credono a ragione, non tanto per la disperazione e la sfiducia nelle sue truppe, quanto piuttosto per la vergogna di continuare a conservare il proprio potere esponendo l'impero e i suoi soldati a un così grande pericolo; infatti aveva ancora intatte sia le truppe che teneva con sé in seconda linea, sia quelle che stavano sopraggiungendo dalla Dalmazia, dalla Pannonia e dalla Mesia, e anche le truppe sconfitte non erano tanto demoralizzate da non voler affrontare qualunque pericolo per vendicare anche da sole la vergogna subita.
Note69 d.C.
COMPILAZIONE
COMPILAZIONE
Data2011
NomeAssorati G.
AGGIORNAMENTO – REVISIONE
Data2021
NomeParisini S.

ultima modifica: 19/01/2021
fonte

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