FONTE
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AutorePlinio il vecchio
Titolo operaNaturalis historia
Anno78/79 d.C.
Periodoetà flavia
EpocaAlto Imperiale
Noteed.: G.B. Conte, A. Barchiesi, G. Ranucci (edd.), Storia naturale, Torino 1982-1988 (trad. libri 1-11: A. Barchiesi, A. Borghini, R. Centi, M. Corsaro, E. Giannarelli, A. Marcone, G. Ranucci; 12-27: A. Aragosti, R. Centi, F.E. Consolino, P. Cosci, A.M. Cotrozzi, M. Fantuzzi, F. Lechi, A. Perutelli; 28-32: U. Capitani, I. Garofalo; 33-37: A. Corso, R. Mugellesi, G. Rosati).
PASSO
LocalizzazioneI, indice del libro III
Testo originaleLIBRO III CONTINENTUR. Situs, gentes, maria, oppida, portus, montes, fluming mensurae, populi qui sunt aut fuerunt: Baeticae; Hispaniae citerioris; Narbonensis provinciae; Italiae usque Locros, Tiberis, Roma; Insularum LXIIII, in his Baliarium, Corsicae, Sardiniae, Siciliae; Italiae Locris usque Ravennam, de Pado; Italiae trans Padum; Histriae; Alpium et gentium Alpinarum; Illyrici, Liburniae; Dalmatiae; Noricorum; Pannoniae; Moesiae; Insularum Ionii et Hadriatici. Summa: oppida et gentes [...]. Summa: flumina clara [...]. Summa: montes clari [...]. Summa: insulae [...]. Summa: quae intercidere oppida aut gentes [...]. Summa: res et historiae et observationes [...].
EX AUCTORIBUS: Turranio Gracile. Cornelio Nepote. T. Livio. Catone censorio. M. Agrippa. M. Varrone. Divo Augusto. Varrone Atacino. Antiate. Hygino. L. Vetere. Pomponio Mela. Curione patre. Caelio. Arruntio. Seboso. Licinio Muciano. Fabricio Tusco. L. Ateio. Ateio Capitone. Verrio Flacco. L. Pisone. Gelliano. Valeriano.
EXTERNIS: Artemidoro. Alexandro polyhistore. Thucydide. Theophrasto. Isidoro. Theopompo. Metrodoro Scepsio. Callicrate. Xenophonte Lampsaceno. Diodoro Syracusano. Nymphodoro. Calliphane. Timagene.

TraduzioneLibro III. Posizione, popoli, mari, città, porti, monti, fiumi, misure, popolazioni attuali o scomparse di: Betica; Spagna Citeriore; Provincia Narbonese; Italia fino a Locri, Tevere, Roma; 64 isole, fra cui Baleari, Corsica, Sardegna, Sicilia; Italia da Locri a Ravenna, Po; Italia Transpadana; Istria; Alpi e popolazioni alpine; Illirico, Liburnia; Dalmazia; Norico; Pannonia; Mesia; Isole dello Ionio e dell'Adriatico. Totale: [...] città e popoli; [...] fiumi importanti; [...] montagne importanti; [...] isole; [...] città o popoli che sono scomparsi; [...] fatti, racconti e osservazioni.
Fonti romane: Tirranio Gracile. Cornelio Nepote. Tito Livio. Catone il censore. Marco Agrippa. Marco Varrone. Il divino Augusto. Varrone Atacino. Anziate. Igino. Lucio Vetere. Pomponio Mela. Curione il padre. Celio. Arrunzio. Seboso. Licinio Muciano. Fabrizio Tosco. Lucio Ateio. Ateio Capitone. Verrio Flacco. Lucio Pisone. Gelliano. Valeriano.
Fonti straniere: Artemidoro. Alessandro polistore. Tucidide. Teofrasto. Isidoro. Teopompo. Metrodoro di Scepsi. Callicrate. Senofonte di Lampsace. Diodoro di Siracusa. Ninfodoro. Callifane. Timagene.

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LocalizzazioneI, indice del libro XXXI
Testo originaleLIBRO XXXI CONTINENTUR. Medicinae ex aquatilibus. Aquarum mirabilia. Aquarum differentiae. Medicinae, observationes CCLXVI: quales oculis aquae prosint; quales fecunditatem faciant; quales insaniae medeantur; quales calculosis; quales volneribus; quales partum custodiant; quales vitiliginem tollant; quae colorem lanis faciant; quae hominibus; quae memoriam, quae oblivionem; quae sensus subtilitatem, quae tarditatem, quae canoram vocem; quae vini taedium, quae inebrient; quae olei vicem praestent; quae salsae et amarae; saxa egerentes, risum aut ploratum facientes; quae amorem sanare dicantur; per triduum calentes haustus. Aquarum miracula: in quibus omnia mergantur, in quibus nihil, aquae necantes, pisces venenati, quae lapideae fiant aut lapidem facíant. De salubritate aquarum. De vitiis aquarum. Probatio aquarum. De aqua Marcia. De aqua Virgine. Aquas inveniendi ratio. Signa aquarum. Differentia aquarum per genera terrae. Ratio aquarum per tempora anni. Aquarum subito nascentium aut desinentium observatio historica. Ratio aquae ducendae. Quo modo medicatis utendum et ad quae genera valitudinum, item marinis XXVIIII. Quid prosit navigatio V. Quo modo marina aqua in mediterraneis possit fieri I. Quo modo thalassomeli I. Quo modo hydromeli I. Remedium contra peregrinas aquas. Ex musco medicinae VI. Medicinae ex harenis. De salis generibus et confecturis et medicinis observationes CCIIII: de salis auctoritate historica CXX, spuma salis, flos salis XX, salsugo II, de garo XV, de muria XV, de allece VIII, de natura salis. De nitrì generibus et confecturis et medicinis observationes CCXXI. De spongeis: medicinae et observationes XCII. Summa: medicinae et historiae et observationes DCCCCXXIIII.
EX AUCTORIBUS M. Varrone. Cassio Parmense. Cicerone. Muciano. Caelio. Celso. Trogo. Ovidio. Polybio. Sornatio.
EXTERNIS Callimacho. Ctesia. Eudico. Theophrasto. Eudoxo. Theopompo. Polyclito. Tuba. Lyco. Apione. Epigene. Pelope. Apelle. Democrito. Thrasyllo. Nicandro. Menandro comoedo. Attalo. Sallustio Dionysio. Andrea. Nicerato. Hippocrate. Anaxilao.

TraduzioneContenuto del libro XXXI. Rimedi ricavati dagli animali acquatici. Meraviglie acquatiche. Differenze fra le acque. Rimedi, 266 osservazioni: le acque che giovano agli occhi; le acque che rendono fecondi; le acque che curano la pazzia; le acque per i calcoli; per le piaghe; le acque che proteggono il feto; le acque che eliminano la vitiligine; per colorare le lane; le acque che colorano le persone; le acque che producono memoria; quelle che producono la dimenticanza; le acque che affinano la sensibilità; quelle che la rendono lenta; quelle che dànno voce adatta al canto; le acque che dànno disgusto per il vino; quelle che ubriacano; le acque che si usano al posto dell'olio; le acque salate e amare; le acque che eliminano i calcoli; quelle che fanno piangere o ridere; quelle che, si dice, guariscono l'amore; le acque che rimangono calde tre giorni dopo essere state attinte. Meraviglie delle acque: le acque in cui tutto sprofonda, quelle in cui niente sprofonda, le acque mortali, pesci velenosi, le acque che si pietrificano o pietrificano. La salubrità delle acque. I difetti delle acque. Come saggiare le acque. L'acqua Marcia. L'acqua Vergine. Il modo di trovare le acque. Gli indizi per trovarle. La differenza fra le acque in base ai tipi di terreno. Valutazione delle acque in base alle stagioni. Esame storico delle acque che nascono o si esauriscono all'improvviso. Il metodo di condurre l'acqua. Come usare le acque medicinali e per quali tipi di malattie, idem per le acque marine: 29 rimedi. I vantaggi della navigazione: 5 rimedi. Come ottenere acqua marina nella terraferma: 1 rimedio. Come fare il talassomele: 1 rimedio. Come fare l'idromele: 1 rimedio. Rimedio contro le acque straniere. 6 rimedi ricavati dal muschio. Rimedi ricavati dalle sabbie.
Tipi di sale, loro preparazione, rimedi relativi, 204 osservazioni: importanza storica del sale 120, schiuma di sale, fiore di sale 20, salsuggine 2, il garum 15, la salamoia 15, l'allec 8, la natura del sale. I tipi di nitro, loro preparazione, rimedi relativi: 221 osservazioni. Le spugne: Rimedi e osservazioni 92. Totale: 924 tra rimedi, notizie e osservazioni. Fonti romane: Marco Varrone. Cassio Parmense. Cicerone. Muciano. Celio. Celso. Trogo. Ovidio. Polibio. Sornazio.
Fonti straniere: Callimaco. Ctesia. Eudico. Teofrasto. Eudosso. Teopompo. Policlito. Giuba. Lico. Apione. Epigene. Pelope. Apelle. Democrito. Trasillo. Nicandro. Menandro il commediografo. Attalo. Sallustio Dionisio. Andrea. Nicerato. Ippocrate. Anassilao.

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LocalizzazioneII, 199
Testo originaleFactum est semel, quod equidem in Etruscae disciplinae voluminibus invenio, ingens terrarum portentum L. Marcio Sexto Iulio cos. in agro Mutinensi. Namque montes duo inter se concurrerunt crepitu maximo adsultantes recedentesque, inter eos flamma fumoque in caelum exeunte interdiu, spectante e via Aemilia magna equitum Romanorum familiarumque et viatorum multitudine. Eo concursu villae omnes elisae, animalia permulta, quae intra fuerant, exanimata sunt, anno ante sociale bellum, quod haud scio an funestius terrae ipsi Italiae fuerit quam civilia. Non minus mirum ostentum et nostra cognovit aetas anno Neronis principia supremo, sicut in rebus eius exposuimus, pratis oleisque intercedente publica via in contrarias sedes transgressis in agro Marrucino praediis Vetti Marcelli equitis Romani res Neronis procurantis.
TraduzioneÈ avvenuto una volta – come personalmente riscontro nei testi della dottrina etrusca – un enorme prodigio di terre nella regione di Modena, sotto il consolato di Lucio Marcio e Sesto Giulio: due montagne, cioè, si scontrarono con grandissimo fragore, balzando avanti e retrocedendo, e tra di loro fiamme e fumo salivano al cielo in pieno giorno; assisteva, dalla via Emilia una gran folla di cavalieri romani, con il loro seguito, e di viaggiatori. Per il cozzo furono schiacciate tutte le case di quelle campagne, e moltissime bestie, che si trovavano nel mezzo, rimasero uccise: si era un anno prima della guerra sociale, che potrei definire più funesta per questa terra d'Italia anche rispetto alle guerre civili. Un portento non meno straordinario lo ha conosciuto anche la nostra generazione, nell'ultimo anno del principato neroniano (come ho raccontato nella mia storia di quel periodo); allorché dei prati e degli uliveti separati da una strada statale si scambiavano di posto: successe nel territorio dei Marrucini, sulla proprietà di Vezio Marcello, cavaliere romano che amministrava i beni di Nerone.
NoteConsolato di Lucio Marcio e Sesto Giulio: 91 a.C.; nell'ultimo anno del principato neroniano: 68 d.C.
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LocalizzazioneIII, 112
Testo originaleIungetur his sexta regio Umbriam conplexa agrumque Gallicum citra Ariminum. Ab Ancona Gallica ora incipit Togatae Galliae cognomine. Siculi et Liburni plurima eius tractus tenuere, in primis Palmensem, Praetutianum Hadrianumque agrum. Umbri eos expulere, hos Etruria, hanc Galli. Umbrorum gens antiquissima Italiae existimatur, ut quos Ombrios a Graecis putent dictos, quod in inundatione terrarum imbribus superfuissent. Trecenta eorum oppida Tusci debellasse reperiuntur.
TraduzioneAggiungeremo a questa la sesta regione, che comprende l'Umbria e il territorio dei Galli al di qua di Rimini. Da Ancona ha inizio la costa detta della Gallia Togata. La maggior parte di questa zona fu possesso dei Siculi e dei Liburni, e lo furono in particolare i territori palmense, pretuzio e di Atri. I Siculi e i Liburni ne furono scacciati dagli Umbri, gli Umbri dagli Etruschi, gli Etruschi dai Galli. La popolazione umbra è ritenuta la più antica d'Italia: si crede infatti che gli Umbri fossero stati chiamati Ombrii dai Greci, perché sarebbero sopravvissuti alle piogge quando la terra fu inondata. È attestato che gli Etruschi sottomisero trecento città umbre.
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LocalizzazioneIII, 115-116
Testo originale[115] Octava regio determinatur Arimino, Pado, Appennino. In ora fluvius Crustumium, Ariminum colonia cum amnibus Arimino et Aprusa, fluvius Rubico, quondam finis Italiae. Ab eo Sapis et Utis et Anemo, Ravenna Sabinorum oppidum cum amne Bedese, ab Ancona CV, nec procul a mari Umbrorum Butrium. Intus coloniae Bononia, Felsina vocitata tum cum princeps Etruriae esset, Brixillum, Mutina, Parma, Placentia. [116] Oppida Caesena, Claterna, Fora Clodi, Livi, Popili, Druentinorum, Corneli, Licini, Faventini, Fidentini, Otesini, Padinates, Regienses a Lepido, Solonates Saltusque Galliani qui cognominantur Aquinates, Tannetani, Veleiates cognomine Vetti Regiates, Urbanates. In hoc tractu interierunt Boi, quorum tribus CXII fuisse auctor est Cato, item Senones, qui ceperunt Romam.
Traduzione[115] L'ottava regione è compresa fra il fiume Rimini, il Po e l'Appennino. Sulla costa è il fiume Conca, la colonia di Rimini coi fiumi Rimini e Ausa, e il fiume Rubicone, un tempo confine d'Italia. Poi i fiumi Savio, Montone e Lamone; Ravenna, città sabina sul fiume Ronco – Bidente posta a 105 miglia [ca. 155 km.] da Ancona, e Budrio, città umbra non lontana dal mare. All'interno solo le colonie di Bologna, chiamata Felsina quando era la città piú importante dell'Etruria e Brescello, Modena, Parma, Piacenza. [116] Le città sono Cesena, Claterna, Forum Clodi, Forlì, Forlimpopoli, Forum Druentinorum, Forum Corneli, Forum Licini, Faenza, Fidenza, Otesia, Padino, Reggio Lepido, Solona, i Saltus Galliani Aquinates, Tanneto, Velleia Vezia Regia, gli Urbanati. Le popolazioni scomparse in questa regione sono i Boi (Catone c'informa che ne esistevano 112 tribù) e i Senoni, che presero Roma.
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LocalizzazioneIII, 117-125 e 127
Testo originale[117] Padus, e gremio Vesuli montis celsissimum in cacumen Alpium elati finibus Ligurum Bagiennorum visendo fonte profluens condensque se cuniculo et in Forovibiensium agro iterum exoriens, nullo amnium claritate inferior, Graecis dictus Eridanus ac poena Phaethontis inlustratus, augetur ad canis ortus liquatis nivibus, agris quam navigiis torrentior, nihil tamen ex rapto sibi vindicans atque, ubi linquit, ubertate largitor. [118] CCC p. a fonte addens meatu duo de LXXXX nec amnes tantum Appenninos Alpinosque navigabiles capiens, sed lacus quoque inmensos in eum sese exonerantes, omni numero XXX flumina in mare Hadriaticum defert, celeberrima ex iis Appennini latere Iactum, Tanarum, Trebiam Placentinum, Tarum, Inciam, Gabellum, Scultennam, Rhenum, Alpium vero Sturam, Orgum, Durias duas, Sesitem, Ticinum, Lambrum, Adduam, Ollium, Mincium. [119] Nec alius amnium tam brevi spatio maioris incrementi est. Urguetur quippe aquarum mole et in profundum agitur, gravis terrae, quamquam diductus in flumina et fossas inter Ravennam Altinumque per CXX, tamen, qua largius vomit, Septem Maria dictus facere. Augusta fossa Ravennam trahitur, ubi Padusa vocatur, quondam Messanicus appellatus. Proximum inde ostium magnitudinem portus habet qui Vatreni dicitur, qua Claudius Caesar e Britannia triumphans praegrandi illa domo verius quam nave intravit Hadriam. [120] Hoc ante Eridanum ostium dictum est, ab aliis Spineticum ab urbe Spina, quae fuit iuxta, praevalens, ut Delphicis creditum est thesauris, condita a Diomede. Auget ibi Padum Vatrenus amnis ex Forocorneliensi agro. Proximum inde ostium Caprasiae, dein Sagis, dein Volane, quod ante Olane vocabatur, omnia ea fossa Flavia, quam primi a Sagi fecere Tusci egesto amnis impetu per transversum in Atrianorum paludes quae Septem Maria appellantur, nobili portu oppidi Tuscorum Atriae, a quo Atriaticum mare ante appellabatur quod nunc Hadriaticum. [121] Inde ostia plena Carbonaria, Fossiones ac Philistina, quod alii Tartarum vocant, omnia ex Philistinae fossae abundatione nascentia, accedentibus Atesi ex Tridentinis Alpibus et Togisono ex Patavinorum agris. Pars eorum et proximum portum facit Brundulum, sicut Aedronem Meduaci duo ac fossa Clodia. His se Padus miscet ac per haec effundit, plerisque, ut in Aegypto Nilus quod vocant Delta, triquetram figuram inter Alpes atque oram maris facere proditus, stadiorum il circuitu. [122] Pudet a Graecis Italiae rationem mutuari, Metrodorus tamen Scepsius dicit, quoniam circa fontem arbor multa sit picea, quales Gallice vocentur padi, hoc nomen eccepisse, Ligurum quidem lingua amnem ipsum Bodincum vocari, quod significet fundo carentem. Cui argumento adest oppidum iuxta Industria vetusto nomine Bodincomagum, ubi praecipua altitudo incipit. [123] Transpadana appellatur ab eo regio undecima, tota in mediterraneo, cui marina cuncta fructuoso alveo inportat. Oppida Vibi Forum, Segusio, coloniae ab Alpium radicibus Augusta Taurinorum — inde navigabili Pado — antiqua Ligurum stirpe, dein Salassorum Augusta Praetoria iuxta geminas Alpium fores, Graias atque Poeninas — his Poenos, Grais Herculem transisse memorant oppidum Eporedia Sibyllinis a populo Romano conditum iussis. Eporedias Galli bonos equorum domitores vocant. [124] Vercellae Libiciorum ex Salluis ortae, Novaria ex Vertamocoris, Vocontiorum hodieque pago, non, ut Cato existimat, Ligurum, ex quibus Laevi et Marici condidere Ticinum non procul a Pado, sicut Boi Transalpibus profecti Laudem Pompeiam, Insubres Mediolanum. Oromobiorum stirpis esse Comum atque Bergomum et Licini Forum aliquotque circa populos auctor est Cato, sed originem gentis ignorare se fatetur, quam docet Cornelius Alexander ortam a Graecia interpretatione etiam nominis vitam in montibus degentium. [125] In hoc situ interiit oppidum Oromobiorum Parra, unde Bergomates Cato dixit ortos, etiamnum prodente se altius quam fortunatius situm. Interiere et Caturiges, Insubrum exsules, et Spina supra dicta, item Melpum opulentia praecipuum, quod ab Insubribus et Bois et Senonibus deletum eo die, quo Camillus Veios ceperit, Nepos Cornelius tradidit (...) [127] (...) Ultra quam sex milia p. Formio amnis, ab Ravenna CLXXXVIIII, anticus auctae Italiae terminus, nunc vero Histriae. (...)
Traduzione[117] Il Po sgorga, con una sorgente degna di essere vista, dal grembo del Monviso, cima alpina tra le più elevate, nel territorio dei Liguri Bagienni; si nasconde poi in un cunicolo e torna ad emergere nelle campagne di Forum Vibi, fiume non secondo ad alcun altro per fama, chiamato Eridano dai Greci e reso celebre dalla punizione di Fetonte. Al sorgere della canicola [24/28 luglio], per lo sciogliersi delle nevi, s'ingrossa, coinvolgendo nel suo impeto più i campi che le imbarcazioni; tuttavia nulla di ciò che ha travolto prende per sé, ma anzi, quando lo lascia, elargisce il suo dono di fertilità. [118] Alle 300 miglia [ca. 444 km.], quante ne dista la sorgente dalla foce in linea d'aria, ne aggiunge 88 [ca. 130 km.] di sinuosità. Riceve non soltanto le acque di fiumi navigabili alpini e appenninici, ma anche quelle di laghi immensi che si scaricano in lui: porta al mare Adriatico in tutto 30 fiumi. I più famosi tra questi, sul versante appenninico, sono lo Iatto il Tanaro, il Trebbia Piacentino, il Taro, l'Enza, il Gabello, lo Scoltenna, il Reno; sul versante alpino lo Stura; l'Orco, le due Dore, il Sesia, il Ticino il Lambro, l'Adda, l'Oglio, il Mincio. [119] Nessun altro fiume aumenta la sua portata più del Po in così breve spazio; è infatti incalzato dalla massa delle acque e la spinta non si esaurisce se non nel mare aperto, rendendo il fiume dannoso per le terre circostanti, sebbene sia deviato in bracci e canali lungo un arco di 120 miglia [ca. 178 km.], fra Ravenna e Altino; pure, là dove si scarica con più abbondanza, i suoi rami sono chiamati i Sette Mari. Le acque del Po sono convogliate verso Ravenna dal canale Augusto; in questo tratto il fiume prende il nome di Padusa, mentre un tempo era detto Messanico. La bocca più vicina a Ravenna è così grande che vi sorge un porto, chiamato di Vatreno [Santerno]; per esso Claudio Cesare, celebrando il trionfo sui Britanni, su una nave gigantesca (ma sarebbe più giusto dire: su un palazzo) entrò nell'Adriatico. [120] Questa bocca era chiamata anticamente Eridania, e da altri Spinetica, dalla città di Spina che sorgeva nei pressi: una città molto potente, se ci si basa sul valore dei suoi tesori di Delfi. Il fondatore di Spina fu Diomede. In questo luogo confluisce nel Po il fiume Vatreno, proveniente dal territorio di Forum Corneli [Imola]. Seguono, nell'ordine, le bocche di Caprasia, Sagi e Volane, chiamata in origine Olane; tutte e tre alimentano il canale Flavio, che fu scavato per la prima volta, a partire dalla bocca di Sagi, dagli Etruschi, i quali deviarono l'impeto del fiume trasversalmente, in direzione delle paludi di Adria, chiamate i Sette Mari (è famoso il porto della città etrusca di Adria, prendendo il nome dalla quale l'attuale Adriatico si chiamava un tempo «mare Adriatico»). [121] Seguono le bocche, rimaste colme, di Carbonaria, Fossioni e Filistina, chiamata da altri Tartaro. Tutte e tre queste bocche sono state originate dallo straripamento del canale Filistina a causa della confluenza dell'Adige, che scende dalle Alpi Tridentine, e del Togisono, proveniente dalle campagne di Padova. Una parte di questi fiumi forma anche il vicino porto di Brondolo, cosí come quello di Edrone è formato dai due bracci del Meduaco e dal canale Clodio. Con questi fiumi il Po si mescola e insieme ad essi raggiunge la foce; la maggior parte degli autori sostiene che esso forma, come il Nilo in Egitto, il cosiddetto delta, una figura triangolare compresa tra le Alpi e la costa, il cui perimetro è di 2000 stadi [ca. 370 km.]. È motivo di vergogna per noi dover ricorrere ad autori greci per spiegazioni attinenti all'Italia; tuttavia Metrodoro di Scepsi dice che il Po ha ricevuto questo nome poiché presso la sua sorgente vi sono molti pini selvatici, del tipo che in lingua gallica è detto «pado ». Lo stesso Metrodoro afferma che nella lingua dei Liguri il Po si chiama Bodinco, che vuol dire «senza fondo». Questa notizia è convalidata dall'esistenza, sul Po, della città di Industria, il cui antico nome era Bodincomago, sita proprio dove la profondità del fiume comincia a farsi notevole. [123] Dal nome del Po si chiama Transpadana la regione undicesima; essa è situata tutta nell'entroterra, ma il fiume le trasporta ogni prodotto del mare grazie al suo comodo letto. Le città sono Forum Vibi e Segusione; le colonie, Augusta dei Taurini, alle pendici delle Alpi — da lí il Po è navigabile —, di antica stirpe ligure, e Augusta Pretoria, città dei Salassi, presso le duplici porte delle Alpi, la Graia e la Pennina, dette cosí perché, secondo la tradizione, da questa passarono i Cartaginesi, da quella Ercole; c'è poi la città di Eporedia, fondata dal popolo romano per ordine dei libri Sibillini (i Galli chiamano "eporedii" i bravi domatori di cavalli). [124] Vercelli, città dei Libicii, è di origine sallua; Novara fu fondata dai Vertamocori che sono di stirpe voconzia (danno ancor oggi il nome a un villaggio dei Voconzi) e non, come pensa Catone, di stirpe ligure; liguri erano invece i Levi e i Marici che fondarono Ticino, non lungi dal Po. A loro volta i Boi, venuti da oltre le Alpi, fondarono Laus Pompeia, e gl'Insubri Milano. Como, Bergamo, Forum Licini e altre comunità limitrofe sono di stirpe orobica: lo attesta Catone, che confessa però di ignorare l'origine degli Orobici. Cornelio Alessandro, invece, sostiene che essi provengono dalla Grecia, basandosi anche sull'interpretazione del loro nome, che significa “quelli che vivono sui monti”. [125] In questa zona è scomparsa la città orobica di Parra, di cui sono discendenti secondo Catone gli abitanti di Bergamo; i suoi resti mostrano ancor oggi come il sito fosse più elevato che scelto felicemente. Sono scomparsi anche e i Caturigi, esuli insubri; Spina, di cui si è detto sopra, e Melpo, città di ricchezza eccezionale, la quale, secondo Cornelio Nepote fu distrutta dagl'Insubri, dai Boi e dai Senoni nel giorno in cui Camillo prese Veio (...) [127] (...) Sei miglia al di là di Trieste è il fiume Formione, a 189 miglia [ca. 279 km.] da Ravenna, antica frontiera dell'Italia prima del suo ingrandimento, confine attuale dell'Istria. (...)
NoteDescrizione del Po e delle regioni attraversate.
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LocalizzazioneIII, 127
Testo originaleCarnorum haec regio iunctaque Iapudum, amnis Timavus, castellum nobile vino Pucinum, Tergestinus sinus, colonia Tergeste, XXXIII ab Aquileia. Ultra quam sex milia p. Formio amnis, ab Ravenna CLXXXVIIII, anticus auctae Italiae terminus, nunc vero Histriae. Quam cognominatam a flumine Histro, in Hadriam effluente e Danuvio arane eodemque Histro exadversum Padi fauces, contrario eorum percussu mari interiecto dulcescente, plerique dixere falso, et Nepos etiam Padi accola; nullus enim ex Danuvio amnis in mare Hadriaticum effunditur.
TraduzioneSi è qui nel territorio dei Carni, confinante con quello degli Iapudi; seguono il fiume Timavo, il villaggio di Pucino rinomato per il vino, il golfo di Trieste e la colonia di Trieste, distante 33 miglia [ca. 48,8 km.] da Aquileia. Sei miglia al di là di Trieste è il fiume Formione, a 189 miglia [ca. 280 km.] da Ravenna, antica frontiera dell'Italia prima del suo ingrandimento, confine attuale dell'Istria. Questa regione deriverebbe il suo nome da un fiume Istro che dipartendosi dal Danubio — anch'esso chiamato Istro — si getterebbe nell'Adriatico, dirimpetto alla foce del Po, tanto che il tratto di mare compreso tra le due foci avrebbe la sua acqua addolcita per l'impatto delle opposte correnti. Molti autori sono di questa opinione, ed anche Nepote, che pure era un padano. Ma essa è falsa: non c'è infatti alcun fiume che, dipartendosi dal Danubio, si getti nel mare Adriatico.
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LocalizzazioneIII, 138
Testo originaleNon sunt adiectae Cottianae civitates xv, quae non fuerant hostiles, itero adtributae municipiis lege Pompeia. Haec est Italia diis sacra, hae gentes eius, haec oppida populorum. Super haec Italia, quae L. Aemilio Paulo C. Atilio Regulo cos. nuntiato Gallico tumultu sola sine externis ullis auxiliis atque etiam tunc sine Transpadanis equitum LXXX, peditum DCC armavit, metallorum omnium fertilitate nullis cedit terris; sed interdictum id vetere consulto patrum Italiae parci iubentium.
TraduzioneNon figurano nell'elenco le dodici comunità cozie, che non erano entrate in guerra, né quelle aggregate ai municipi in base alla legge Pompea. Questa è l'Italia sacra agli dèi; queste le sue genti, queste le città dove vive la sua popolazione. E per di piú l'Italia — terra che, sotto il consolato di Lucio Emilio Paolo e Gaio Attilio Regolo [225 a. C.], all'annuncio della rivolta della Gallia, da sola, senza alcun aiuto straniero (e, a quel tempo, ancora priva della Transpadana), mise in armi 80.000 cavalieri e 700.000 fanti — per abbondanza di minerali di ogni genere non è seconda a nessuna terra; ma lo sfruttamento delle sue miniere è impedito da un antico decreto del senato, in cui si ingiungeva di risparmiare l'Italia.
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LocalizzazioneVI, 218
Testo originaleSeptima divisio ab altera Caspii maris ora incipit, vadit super Callatim, Bosporum, Borysthenen, Tomos, Thraciae aversa, Triballos, Illyrici reliqua, Hadriaticum mare, Aquileiam, Altinum, Venetiam, Vicetiam, Patavium, Veronam, Cremonam, Ravennam, Anconam, Picenum, Marsos, Paelignos, Sabinos, Umbriam, Ariminum, Bononiam, Placentiam, Mediolanum omniaque ab Appennino, transque Alpis Galliam Aquitanicam, Viennam, Pyrenaeum, Celtiberiam. Umbilico XXXV pedum umbrae XXXVI, ut tamen in parte Venetiae exaequetur umbra gnomoni. Amplissima diei spatia horarum aequinoctialium XV et quintarum partium horae trium.
TraduzioneIl settimo parallelo inizia dalla costa più lontana del mar Caspio e comprende Callati, il Bosforo, il Boristene, Tomi, la parte posteriore della Tracia, i Triballi, il resto dell'Illirico, il mare Adriatico, Aquileia, Altino, la Venezia, Vicenza, Padova, Verona, Cremona, Ravenna, Ancona, il Piceno, i Marsi, i Peligni, i Sabini, l'Umbria, Rimini, Bologna, Piacenza, Milano, e tutte le zone ai piedi degli Appennini e, oltre le Alpi, l'Aquitania, Vienne, i Pirenei e la Celtiberia. A uno gnomone di 35 piedi [ca. 103,6 m.] corrisponde un'ombra di 36 [ca. 106,5 m.], sebbene in qualche parte della Venezia le due misure si equivalgano. Il giorno più lungo dura 15 ore equinoziali più tre quinti.
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LocalizzazioneVII, 162-164
Testo originale[162] Primum ergo ipsius artis inconstantia declarat quam incerta res sit. Accedunt experimenta recentissimi census, quem intra quadriennium Imperatores Caesares Vespasiani pater filiusque censores egerunt. Nec sunt omnia vasaria excutienda; mediae tantum partis inter Appenninum Padumque ponemus exempla: [163] CXX annos Parmae tres edidere, Brixilli unus, CXXV Parmae duo, CXXX Placentiae unus, Faventiae una mulier, CXXXV Bononiae L. Terentius M. filius, Arimini vero M. Aponius CXL, Tertulla CXXXVII. Citra Placentiam in collibus oppidum est Veleiatium, in quo cx annos sex detulere, quattuor vero centenos vicenos, unus CXL, M. Mucius M. filius Galeria Felix. [164] Ac ne pluribus moremur in re confessa, in regione Italiae octava centenum annorum censi sunt homines centenum denum homines centenum vicenum quinum homines duo, centenum tricenum homines quattuor, centenum tricenum quinum aut septenum totidem, centenum quadragenum homines tres.
Traduzione[162] Prima di tutto, quindi, la varietà di opinioni nel campo della stessa astrologia dimostra quanto sia incerta questa materia. Si aggiungono le esperienze fatte nel corso dell'ultimo censimento, effettuato meno di quattro anni fa dagli imperatori Vespasiano Cesare padre e figlio in qualità di censori. Non c'è bisogno di esaminare l'intera documentazione: mi limiterò a riportare esempi tratti dalla zona compresa tra il Po e l'Appennino. [163] Tre cittadini di Parma e uno di Brescello dichiararono l'età di 120 anni, due di Parma 125 anni; uno di Piacenza e una donna di Faenza 130; Lucio Terenzio figlio di Marco, a Bologna, ne dichiarò 135; a Rimini poi Marco Aponio dichiarò di avere 140 anni, Tertulla 137. Prima di Piacenza, sui colli, si trova la città di Velleia. In essa sei cittadini dissero di avere 110 anni, quattro di averne 120 e uno 140: quest'ultimo si chiamava Marco Mucio Felice, figlio di Marco, della tribù Galeria. [164] E, per non dilungarmi ulteriormente su fatti accertati, nell'ottava regione d'Italia furono censiti 54 abitanti centenari, 14 di centodieci anni, due di centoventicinque, quattro di centotrenta, altri quattro di centotrentacinque o centotrentasette anni, tre di centoquaranta.
NoteCensura di Vespasiano e Tito: 73-74 d.C.
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LocalizzazioneIX, 44
Testo originalePraecipua magnitudine thynni. Invenimus talenta XV pependisse, eiusdem caudae latitudinem duo cubita et palmum. Fiunt et in quibusdam amnium haut minores, silurus in Nilo, isox in Rheno, attilus in Pado, inertia pinguescens ad mille aliquando libras, catenato captus hamo nec nisi boum iugis extractus. Atque hunc minimus, appellatus clupea, venam quandam eius in faucibus mira cupidine appetens morsu exanimat.
TraduzioneDi particolare grandezza sono i tonni. Abbiamo trovato che un esemplare pesava 15 talenti [ca. 490 kg.], e la sua coda era larga due cubiti e un palmo [ca. 90 cm.]. Anche in certi fiumi vi sono dei pesci che non si sviluppano meno, il siluro nel Nilo, l'isox nel Reno, l'affilo nel Po: quest'ultimo, per l'inerzia, ingrassa fino a raggiungere talvolta mille libbre [ca. 325 kg.]; viene catturato con un amo fissato a una catena e non può essere tratto fuori dall'acqua se non da coppie di buoi. lo uccide un pesce piccolissimo, chiamato cheppia, attaccando e mordendo con straordinaria avidità una certa vena che si trova nelle sue fauci.
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LocalizzazioneIX, 168-169
Testo originale[168] Ostrearum vivaria primus omnium Sergius Orata invenit in Baiano aetate L. Crassi oratoris ante Marsicum bellum, nec gulae causa, sed avaritiae, magna vectigalia tali ex ingenio suo percipiens, ut qui primus pensiles invenerit balineas, ita mangonicatas villas subinde vendendo. Is primus optimum saporem ostreis Lucrinis adiudicavit, quando eadem aquatilium genera aliubi atque aliubi meliora, [169] sicut lupi pisces in Tiberi amne inter duos pontes, rhombus Ravennae, murena in Sicilia, elops Rhodi, et alfa genera similiter, ne culinarum censura peragatur. Nondum Britannica serviebant litora, cum Orata Lucrina nobilitabat. Postea visum tanti in extremam Italiam petere Brundisium ostreas, ac, ne lis esset inter duos sapores, nuper excogitatum famem longae advectionis a Brundisio conpascere in Lucrino.
Traduzione[168] Primo fra tutti Sergio Orata inventò i vivai di ostriche, nella sua villa di Baia, al tempo dell'oratore Lucio Crasso, prima della guerra contro i Marsi: e non per gola, ma per avidità, in quanto percepiva grandi rendite dalla sua naturale predisposizione ad inventare. Per esempio fu quello che per primo inventò i bagni sospesi: con essi allestiva le ville e subito dopo le vendeva. Egli per primo attribuí un ottimo sapore alle ostriche del lago Lucrino dal momento che le medesime specie di animali acquatici sono migliori ora da una parte ora dall'altra: [169] cosí come i lupi acquatici sono migliori nel fiume Tevere tra i due ponti, il rombo a Ravenna, la murena in Sicilia, lo storione a Rodi; e cosí altre specie, per non sviluppare fino in fondo una critica dell'arte culinaria. Le coste della Britannia non erano ancora asservite quando Orata rendeva famose le ostriche del lago Lucrino. Poi sembrò cosa importante cercare le ostriche all'estremità dell'Italia, a Brindisi, e, perché non sorgesse rivalità fra i due sapori, si è escogitato poco tempo fa di saziare la loro fame — per il lungo viaggio di trasporto da Brindisi — nel lago Lucrino.
NoteInizio I sec. d.C.
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LocalizzazioneXII, 18
Testo originaleNon omittendum id quoque, vicenos dentes elephantorum grandes, quoniam ita significavit, Aethiopas ea de causa pendere solitos. Tanta ebori auctoritas erat urbis nostrae CCCX anno; tunc enim auctor ille historiarum condidit Thuriis in Italia, quo magis mirum est quod eidem credimus, qui Padum amnem vidisset neminem ad id tempus Asiae Graeciaeque visum.
TraduzioneSarà il caso di ricordare anche, giacché lo storico [Erodoto] lo menziona, che gli Etiopi in quell'occasione pagavano venti zanne di elefante. Questo era il valore dell'avorio nell'anno 310 dalla fondazione di Roma: allora quello storico scriveva a Thurii in Italia; è quindi sorprendente il credito prestatogli quando afferma che al suo tempo non si trovava nessuno né in Asia né in Grecia che avesse visto il fiume Po.
NotePresenza di Erodoto a Thurii secondo Plinio: anno 310 dalla fondazione di Roma = 444 a.C.
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LocalizzazioneXIV, 34
Testo originaleAestus fert spionia, quam quidam spineam vocant, autumnisque imbribus pinguescit; quin immo nebulis una alitur, ob id Ravennati agro peculiaris. Vennunculam inter optime deflorescentes et ollis aptissimam Campani malunt surculam vocare, alii scapulam, Tarracina Numisianam, nullas vires proprias habentem, sed totam perinde ac solum valeat, Surrentinis tamen efEcacissimam testis Vesuvio tenus.
TraduzioneLa spionia, che alcuni chiamano spinea, sopporta il calore e cresce con le piogge autunnali; anzi è la sola ad essere rinvigorita dalla nebbia, fatto per cui è tipica dell'agro Ravennate. La vennuncola, specie tra quelle che meglio fioriscono e il cui vino è piú adatto ad essere conservato nelle giare, è chiamata dai Campani preferibilmente sorcola, da altri invece scapola, a Terracina numisiana: priva di qualità caratteristiche, la sua resa dipende interamente dalla qualità del terreno; il suo vino, chiuso in anfore, neli, la zona di Sorrento, fino al Vesuvio, è tuttavia robustissimo.
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LocalizzazioneXVI, 161
Testo originalePraecipuus hic usus in Creta bellatores suos nobilitavit. Sed in hoc quoque, ut ceteris in rebus, vicit Italia, quando nullus sagittis aptior calamus quam in Rheno Bononiensi amne, cui plurima inest medulla pondusque volucre et contra flatus quoque pervicax libra. Quippe non eadem gratia Belgicis. Haec et Creticis commendatio omnibus, quamquam praeferuntur Indici, quorum alla quibusdam videtur natura, quando et hastarum vicem praebent additis cuspidibus.
TraduzioneL'impiego particolare che delle canne si faceva a Creta ha reso famosi i guerrieri di quell'isola. Ma anche in questo campo, come in tutti gli altri, l'Italia tiene il primato, dal momento che nessuna canna è più adatta per le frecce di quella che cresce sul Reno, fiume che scorre nella regione di Bologna: contiene moltissimo midollo, ha un peso che le rende facile il volo ed un equilibrio costante anche contro i soffi di vento: la canna belgica non possiede doti uguali. Questo apprezzamento vale anche per tutte le canne di Creta, sebbene ad esse vengano preferite quelle d'India, che da certuni sono ritenute di natura diversa, dal momento che, attrezzate con un puntale all'estremità, fungono anche da aste.
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LocalizzazioneXVI, 178
Testo originaleNec in fruticum nec in veprium cauliumve neque in herba rum aut alio ullo quam suo genere numerentur iure stirpi fragiles palustresque, e quibus tegulum tegetesque, detracto cortice candelae luminibus et funeribus serviunt. Firmior quibusdam in locis eorum rigor. Namque iis velificant non in Pado tantum nautici, verum et in mari piscator Africus praepostero more velum intra malos suspendens, et mapalia sua Mauri tegunt, proximeque aestimanti hoc videatur esse, quod in interiore parte mundi papyrum.
TraduzioneI sottili giunchi di palude non vanno considerati né fra gli arbusti, né fra i cespugli o le piante a fusto, né fra le erbe o entro un'altra classe di piante che non sia quella loro propria: se ne fanno tetti e stuoie, mentre, privati della scorza, servono a fabbricare torce da illuminazione e da cerimonie funebri. In certe zone crescono più rigidi e più robusti, tanto è vero che non solo i marinai del Po con essi fanno delle vele, ma anche i pescatori africani li utilizzano allo stesso modo, sul mare, attaccando le vele all'inverso, fra gli alberi; i Mauri ne fanno coperture per le loro capanne: ad un'indagine ben ravvicinata risulta che il giunco trova quegli impieghi che nella parte centrale del mondo sono propri del papiro.
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LocalizzazioneXVII, 208
Testo originaleEx his emissi palmites proximo anno imis digerantur scamnis ac per singulos annos ad superiora scandant, relicto semper duramento in singulis tabulatis et emissario uno, qui subeat usque quo placuerit. De cetero putatione omnia flagella, quae proxime tulerint, recidantur, nova circumcisis undique capreolis spargantur in tabulatis. Vernacula putatio deiectis per ramos vitium crinibus circumvestit arborem crinesque ipsos uvis, Gallica in traduces porrigitur, Aemiliae viae in ridicas Atiniarum ambitu, frondem earum fugiens.
TraduzioneI tralci che spuntano da tali gemme devono essere disposti, l'anno successivo, sui ripiani piú bassi dell'albero, e anno per anno devono arrampicarsi su quelli superiori; su ciascun ripiano va sempre lasciato un sarmento duro e un solo rampollo, che salga fin dove vorrà. Per il resto, con la potatura, si taglino tutti i sarmenti che hanno dato frutti piú di recente e si distendano sui ripiani quelli nuovi, dopo aver tagliato i viticci tutt'intorno. La potatura nostrana consiste nel rivestire l'albero con la chioma delle viti, tirandola giú lungo i rami, e nel rivestire la chioma stessa di grappoli d'uva; quella gallica nel tendere i tralci come festoni; quella della via Emilia nel farli passare su paletti intorno agli olmi atinii, evitando le loro foglie.
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LocalizzazioneXIX, 9
Testo originaleIn Germania autem defossae atque sub terra id opus agunt. Similiter etiam in Italiae regione Aliana inter Padum Ticinumque amnes, ubi a Saetabi tertia in Europa lino palma; secundam enim in vicino Alianis capessunt Retovina et in Aemilia via Faventina. Candore Alianis semper crudis Faventina praeferuntur; Retovinis tenuitas summa densitasque, candor qui Faventinis, sed lanugo nulla, quod apud alios gratiam, apud alios offensionem habet. Nervositas filo aequalior paene quam araneis tinnitusque, cum dente libeat experiri. Ideo duplex quam ceteris pretium.
TraduzioneIn Germania le donne arrivano a seppellirsi in grotte scavate sotto terra per lavorare questa fibra (il lino); analogamente avviene anche in Italia, nella regione Aliana, tra i fiumi Po e Ticino, dove si produce un lino considerato al terzo posto in Europa, mentre il migliore è quello di Setabi, e il secondo posto spetta al lino retovino, prodotto nella zona limitrofa all'Aliana, e a quello di Faenza, sulla via Emilia. Quanto a candore i lini di Faenza sono preferiti a quelli aliani, che non sono mai sottoposti a battitura. I lini retovini sono estremamente sottili e compatti, candidi come quelli di Faenza, ma senza peluria, il che per certuni costituisce un pregio, per altri un difetto. Il loro filo ha una sostenutezza quasi più regolare della tela di ragno, e produce un suono netto, quando lo si mette alla prova coi denti: perciò il suo prezzo è doppio rispetto alle altre qualità.
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LocalizzazioneXIX, 54
Testo originaleEtiamne in herbis discrimen inventum esse, opesque differentiam facere in cibo etiam uno asse venali? In his quoque aliqua sibi nasci tribus negant, caule in tantum saginato, ut pauperis mensa non capiat. Silvestres fecerat natura corrudas, ut passim quisque demeteret. Ecce altiles spectantur asparagi, et Ravenna ternos libris rependit. Heu prodigia ventris! Mirum esset non licere pecori carduis vesci: non licet plebei!
TraduzioneNon si è addirittura escogitata una distinzione perfino nelle erbe, e la disponibilità di mezzi non arriva a stabilire differenze in un cibo che di per sé vale un asse? E anche fra questi alimenti ve ne sono alcuni che la gente comune rifiuta, mentre si coltivano cavoli cosí grossi che una tavola modesta non può contenerli. La natura aveva creato gli asparagi di bosco, in modo che chiunque potesse raccoglierli qua e là dove spuntavano: ecco che compaiono gli asparagi coltivati, e Ravenna ne produce di tali che tre raggiungono il peso di una libbra [ca. 327 gr.]. Che prodigi operano i buongustai! Si resterebbe stupiti se il bestiame non potesse cibarsi di cardi: e pensare che la plebe non può farlo!
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LocalizzazioneXIX, 149-150
Testo originale[149] Ex eo velli asparagum ab radice, nam si defringatur, stirpescere et intermori; velli, donec ín semen eat — id autem maturescere ad ver —, incendique ac rursus, cum apparuerit asparagus, sariri ac stercorari. Ac post annos vini, cum iam vetus sit, digerì subacto stercoratoque, tum spongeis seri singulorum pedum intervallo. Quin et ovillo fimo nominatim uti, quoniam aliud herbas creet. [150] Nec quicquam postea temptatum utilius apparuit, visi quod circa id. Feb. defosso semine acervatim parvulis scrobibus serunt, plurimum maceratum fimo. Dein nexis inter se radicibus spongeas factas post aequinoctium autumni disponunt pedalibus intervallis, fertilitate in denos annos durante. Nullum gratius his solum quam Ravennatium hortorum indicavimus.
Traduzione[149] Poi bisogna staccare l'asparago a partire dalla radice, perché se essa viene spezzata, butta getti e deperisce; va staccato fino al momento in cui mette il seme (che comincia a maturare verso la primavera); quindi si dà fuoco e poi di nuovo, quando spunta l'asparago, si torna a sarchiare e a concimare. Dopo 9 anni, quando la pianta è ormai vecchia, bisogna spezzettare il rizoma, dopo aver dissodato e concimato il terreno, e successivamente piantare le radici a intervalli di un piede. Catone indica espressamente di usare sterco di pecora, perché altri tipi di letame fanno spuntare erbacce. [150] Questo procedimento si è dimostrato migliore di qualunque altro sperimentato in seguito, ad eccezione di quello per cui si affonda il seme a mucchietti in piccole buche, dopo averlo fatto macerare a lungo nel concime, intorno alle idi di febbraio [13 febbraio]. Poi, dopo che con l'intreccio delle radici si sono formate delle masse rizomatose, vengono disposte a distanza di un piede l'una dall'altra, passato che sia l'equinozio d'autunno; le piante restano produttive per dieci anni. Abbiamo detto che nessun terreno è piú favorevole a questa coltivazione degli orti di Ravenna.
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LocalizzazioneXXXIII, 66
Testo originaleAurum invenitur in nostro orbe, ut omittamus Indicum a formicis aut apud Scythas grypis erutum, tribus modis: fluminum ramentis, ut in Tago Hispaniae, Pado Italiae, Hebro Thraciae, Pactolo Asiae, Gange Indiae, nec ullum absolutius aurum est, ut cursu ipso attrituque perpolitum. Alio modo puteorum scrobibus effoditur aut in ruina montium quaeritur; utraque ratio dicatur.
TraduzioneNella nostra parte del mondo l'oro, se tralasciamo quello indiano, estratto da formiche, o quello che in Scizia è estratto da grifoni, si trova in tre maniere: in forma di pagliuzze nei fiumi, come nel Tago in Spagna, nel Po in Italia, nell'Ebro in Tracia, nel Pattolo in Asia Minore, nel Gange in India: non c'è oro più puro, in quanto è stato raffinato dalla stessa corrente e dall'attrito. Un altro modo di estrarlo consiste nello scavo di pozzi, oppure si cerca nelle frane delle montagne. Parliamo di ambedue questi metodi.
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LocalizzazioneXXXVI, 83
Testo originaleMagnificatur et alia turris a rege facta in insula Pharo portum optinente Alexandriae, quam constitisse DCCC talentis tradunt, magno animo, ne quid omittamus, Ptolemaei regis, quo in ea permisit Sostrati Cnidii architecti structura ipsa nomen inscribi. Usus eius nocturno navium cursu ignes ostendere ad praenuntianda vada portusque introitum, quales iam compluribus locis flagrant, sicut Ostiae ac Ravennae. Periculum in continuatione ignium, ne sidus existimetur, quoniam e longinquo similis flammarum aspectus est. Hic idem architectus primus omnium pensilem ambulationem Cnidi fecisse traditur.
TraduzioneSuscita ammirazione anche un'altra torre costruita dal re, quella sull'isola di Faro, che controlla il porto di Alessandria; pare costasse 800 talenti, e si deve alla magnanimità del re Tolomeo - non trascuriamo nulla - se l'architetto Sostrato di Cnido ebbe l'autorizzazione ad incidere il suo nome sull'edificio stesso. Funzione della torre era mostrare la rotta alle navi di notte con i fuochi, preavvertendo delle secche e dell'entrata del porto (fuochi di questo genere sono ora accesi in parecchi luoghi, come Ostia e Ravenna – il pericolo del sistema sta nella possibilità che, bruciando in continuazione, questi fuochi vengano scambiati per stelle, perché da lontano l'aspetto delle fiamme è simile). Questo stesso architetto Sostrato si dice che sia stato il primo a costruire una passeggiata pensile, a Cnido.
NoteCostruzione del Faro: 300-280 ca. a.C. Faro di Ostia: 41/54 d.C. Faro di Ravenna: inizi I sec. d.C.
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LocalizzazioneXXXVI, 175
Testo originaleHarenae tria genera: fossicia, cui quarta pars calcis addi debet, fluviatili aut marinae tertia. Si et testae tusae tertia pars addatur, melior materia erit. Ab Appennino ad Padum non invenitur fossicia, nec trans maria.
TraduzioneDi sabbia esistono tre specie: la fossile, a cui si deve aggiungere un quarto di calce, poi la fluviale e la marina, a cui si aggiunge un terzo di calce. Se si integra con una terza parte di frantumi di terracotta, la malta sarà migliore. Dall'Appennino al Po non si trova sabbia fossile, né al di là dei mari.
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LocalizzazioneXXXVII, 31-34
Testo originale[31] Occasio est vanitatis Graecorum detegendae: legentes modo aequo perpetiantur animo, cum hoc quoque intersit vitae scire, non quidquid illi prodidere mirandum. Phaethontis fulmine icti sorores luctu mutatas in arbores populos lacrimis electrum omnibus annis fundere iuxta Eridanum amnem, quem Padum vocavimus, electrum appellatum, quoniam sol vocitatus sit Elector, plurimi poètae dixere primique, ut arbitror, Aeschylus, Philoxenus, Euripides, Nicander, Satyrus. Quod esse falsum Italiae testimonio patet. [32] Diligentiores eorum Electridas insulas in mari Hadriatico esse dixerunt, ad quas delaberetur Pado. Qua appellatione nullas umquam ibi fuisse certum est, nec vero ullas ita positas esse, in quas quidquam cursu Padi devehi posset. Nam quod Aeschylus in Hiberia (hoc est in Hispania) Eridanum esse dixit eundemque appellari Rhodanum, Euripides rursus et Apollonius in Hadriatico litore confluere Rhodanum et Padum, faciliorem veniam facit ignorati sucini tanta ignorantia orbis. [33] Modestiores, sed aeque falsum, prodidere in extremis Hadriatici sinus inviis rupibus arbores stare, quae canis ortu hanc effunderent cummim. Theophrastus effodi in Liguria dixit, Chares vero Phaethontem in Aethiopia "Ammonos neso" obisse, ibi et delubrum eius esse atque oraculum electrumque gigni. Philemon fossile esse et in Scythia erui duobus locis, candidum atque cerei coloris quod vocaretur electrum, in alio fulvum quod appellaretur sualiternicum. [34] Demostratus lyncurium vocat et fieri ex urina lyncum bestiarum, e maribus fulvum et igneum, e feminis languidius atque candidum; alios id dicere langurium et esse in Italia bestias languros. Zenothemis langas vocat easdem et circa Padum iis vitam adsignat, Sudines arborem, quae gignat in Liguria, vocari Lynca. In eadem sententia et Metrodoro fuit.
Traduzione[31] Qui si offre l'occasione di svelare le menzogne dei Greci; che i miei lettori abbiano solo l'animo di pazientare, perché anche questo è importante sapere per la nostra condotta: non tutto ciò che essi hanno raccontato merita ammirazione. La storia di come, quando Fetonte fu colpito dal fulmine, le sue sorelle per il dolore furono trasformate in pioppi, e di come, tutti gli anni, sulle rive del fiume Eridano, che noi chiamiamo Po, esse facciano sgorgare lacrime d'ambra [electrum], chiamata così perché il Sole era comunemente detto «il Brillante» [Elector]; questa storia l'hanno raccontata tanti poeti, e per primi, credo, Eschilo, Filosseno, Euripide, Nicandro, Satiro. E che sia una falsità è evidente dalla testimonianza dell'Italia. [32] Tra gli scrittori greci, quelli che volevano essere più precisi hanno detto che ci sono, nel mare Adriatico, certe isole Elettridi alle quali l'ambra arriva trasportata dal Po. È certo che non ci furono mai in quei luoghi isole con questa denominazione, né situate in posizione tale che una cosa, quale che fosse, potesse esservi trasportata dal corso del Po. In effetti, se Eschilo dice che l'Eridano si trova in Iberia, cioè in Spagna, e che esso si chiama anche Rodano, e ancora se Euripide e Apollonio fanno confluire il Rodano e il Po sulla costa dell'Adriatico, una tale ignoranza della geografia rende più scusabile la loro ignoranza dell'ambra. [33] Scrittori piú misurati - ma la cosa non è meno falsa - hanno invece riferito che nella parte piú profonda del golfo Adriatico, su rocce inaccessibili, si ergono alberi che, al sorgere del Cane, secernono questa gomma. Teofrasto ha detto che l'ambra è estratta dalla terra in Liguria; Carete, invece, che Fetonte mori in Etiopia «nell'isola di Ammone», e che li c'è anche il suo tempio con l'oracolo, e che vi si genera l'ambra. Secondo Filemone è un fossile, e si estrae in due località della Scizia: bianco e del colore della cera, quello chiamato «elettro »; nell'altra località quello rossiccio, chiamato sualiternico. Demostrato la chiama lincurio e dice che si forma dall'urina delle linci, dei maschi quando è rossiccia e color fuoco, delle femmine quando è piú sbiadita e bianca; riferisce poi che altri la chiamano langurio, e che ci sono in Italia animali detti languri. Zenotemide chiama gli stessi animali langhe e li fa vivere in prossimità del Po; Sudine dice che un albero che produce ambra in Liguria si chiama Lince; della stessa opinione fu anche Metrodoro.
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LocalizzazioneXXXVII, 44
Testo originalePado vero adnexa fabula est evidente causa, hodieque Transpadanorum agrestibus feminis monilium vice sucina gestantibus, maxime decoris gratia, sed et medicinae; creditur quippe tonsillis resistere et faucium vitiis, varie genere aquarum iuxta Alpis infestante guttura hominum.
TraduzioneLa storia è certo associata al Po per una ragione evidente: ancora oggi le contadine transpadane portano oggetti d'ambra a mo' di monili, soprattutto per ornamento, ma anche per le sue proprietà medicinali; si crede infatti che l'ambra sia efficace contro le tonsilliti e le malattie della gola, perché la natura delle acque in prossimità delle Alpi provoca infezioni di vario tipo alla gola degli uomini.
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LocalizzazioneII, 96
Testo originaleEmicant et faces, non nisi cum decidunt visae, qualis Germanico Caesare gladiatorum spectaculum edente praeter ora populi meridiano transcucurrit. Duo genera earum. Lampadas vocant piane faces, alterum bolidas, quale Mutinensibus malis visum est. Distant quod faces vestigia longa faciunt priore ardente parte, bolis vero perpetua ardens longiorem trahit limitem. (...)
TraduzioneBrillano anche delle «fiaccole», visibili solo quando cascano, come quella che, mentre Germanico Cesare faceva tenere uno spettacolo di gladiatori, guizzò davanti agli occhi del pubblico, verso mezzogiorno. Ce ne sono di due tipi: «lampade» sono chiamate le fiaccole vere e proprie, e l'altro tipo sono i «bolidi», come quello che apparve al tempo delle sciagure di Modena. La differenza è che le fiaccole creano lunghi tracciati, mentre solo la parte anteriore è ardente; invece il bolide brucia da cima a fondo e si tira dietro una scia più lunga ancora. (...)
NoteModena: 43 a.C.; Germanico: inizio I sec. d.C.

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LocalizzazioneII, 209
Testo originaleQuaedam vero terrae ad ingressus tremunt, sicut in Gabiensi agro non procul urbe Roma iugera ferme ducenta equitantim cursu; similiter in Reatino. Quaedam insulae semper fluctuantur, sicut in agro Caecubo et eodem Reatino, Mutinensi, Statoniensi, in Vadimonis lacu, ad Cutilias aquas opaca silva, quae numquam die ac notte eodem loco visitur, in Lydia quae vocantur Calaminae, non ventis solum, sed etiam contis quo libeat inpulsae, multorum civium Mithridatico bello salus. Sunt et in Nymphaeo parvae, Saliares dictae, quoniam in symphoniae cantu ad ictus modulantium pedum moventur. In Tarquiniensi lacu magno Italiae duae nemora circumferunt, nunc triquetram figuram edentes, nunc rotundam conplexu ventis inpellentibus, quadratam numquam.
TraduzioneMa certe terre tremano, se le si calpesta: come nel territorio di Gabii, non lontano da Roma, una zona di circa 200 iugeri [ca. 5040 m²], quando è attraversata da cavalieri; c'è un fenomeno simile nel territorio di Rieti. Certe isole fluttuano sempre, come nel territorio cecubo; in quello, appena citato, di Rieti, in quello di Modena e di Statonia; sul lago di Vadimone, presso le acque di Cotilia, c'è un bosco oscuro che mai, giorno e notte che sia, si vede allo stesso posto; in Lidia si trovano le cosiddette Calamine, mobili non solo al vento, ma anche alle spinte di una pertica verso la direzione preferita, via di scampo per molti concittadini nostri all'epoca della iena mitridatica. Ce ne sono anche di piccole, nel Ninfeo, dette Saliari, perché al suono di una musica esse si muovono secondo battute dei piedi che segnano il tempo. Sul grande lago italico di Tarquini due isolette si portano in giro dei boschi, formando, sotto la spinta dei venti, ora un insieme triangolare, ora uno tondeggiante, ma quadrato, però, mai.

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LocalizzazioneII, 240
Testo originaleQuid quod innumerabiles parvi, sed naturales, scatent? In Nymphaeo exit e petra fiamma, quae pluviis accenditur; exit et ad aquas Scantias, haec quidem invalida, cum transit, nec longe in alia durans materia – viret aeterno hunc fontem igneum contegens fraxinus – ; exit in Mutinensi agro statis Volcano diebus. (...)
TraduzioneChe dire degli innumerevoli fuochi, piccoli certo, ma che sprizzano fuori spontaneamente? Nel Ninfeo sbuca dalla roccia una fiamma, che viene attizzata dalla pioggia; un'altra presso le Acque Scanzie; questa però è fiacca quando passa ad altre sostanze, e incapace di mantenersi su di esse a lungo – un frassino che ricopre quella fonte infuocata è perpetuamente verde; un'altra nel territorio di Modena, che sbuca fuori nei giorni dedicati a Vulcano. (...)
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LocalizzazioneIII, 47
Testo originaleIgitur ab amne Varo Nicaea a Massiliensibus conditum, fluvius Palo, Alpes populique Inalpini multis nominibus, sed maxime Capillati, oppido Vediantiorum civitatis Cemenelo, portus Herculis Monoeci, Ligustina ora. Ligurum celeberrimi ultra Alpes Sallui, Deciates, Oxubi, citra Veneni, Turri, Soti, Bagienni, Statielli, Binbelli, Maielli, Caburriates, Casmonates, Velleiates et quorum oppida in ora proxime dicemus.
TraduzioneA partire dunque dal fiume Varo si susseguono Nizza, fondata dai Marsigliesi, il fiume Paglione, le Alpi e le popolazioni alpine dai molti nomi, la più importante tra le quali è quella dei Capillati, con la città di Cimiez, abitata dalla comunità dei Vedianzi; il porto di Ercole Moneco e la costa ligure. Tra le popolazioni liguri che vivono al di là delle Alpi, le più note sono quelle dei Sallui, dei Deciati, degli Oxubii; al di qua, i più famosi sono i Veneni, i Turri, i Soti, i Bagienni, gli Statielli, i Bimbelli, i Maielli, i Caburriati, i Casmonati, i Velleiati e quei popoli di cui elencherò tra breve le città procedendo lungo la costa.

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LocalizzazioneIII, 119-120
Testo originale [119] Nec alius amnium tam brevi spatio maioris incrementi est. Urguetur quippe aquarum mole et in profundum agitur, gravis terrae, quamquam diductus in flumina et fossas inter Ravennam Altinumque per CXX, tamen, qua largius vomit, Septem Maria dictus facere. Augusta fossa Ravennam trahitur, ubi Padusa vocatur, quondam Messanicus appellatus. Proximum inde ostium magnitudinem portus habet qui Vatreni dicitur, qua Claudius Caesar e Britannia triumphans praegrandi illa domo verius quam nave intravit Hadriam. [120] Hoc ante Eridanum ostium dictum est, ab aliis Spineticum ab urbe Spina, quae fuit iuxta, praevalens, ut Delphicis creditum est thesauris, condita a Diomede. Auget ibi Padum Vatrenus amnis ex Forocorneliensi agro. Proximum inde ostium Caprasiae, dein Sagis, dein Volane, quod ante Olane vocabatur, omnia ea fossa Flavia, quam primi a Sagi fecere Tusci egesto amnis impetu per transversum in Atrianorum paludes quae Septem Maria appellantur, nobili portu oppidi Tuscorum Atriae, a quo Atriaticum mare ante appellabatur quod nunc Hadriaticum.
Traduzione[119] Nessun altro fiume aumenta la sua portata più del Po in così breve spazio; è infatti incalzato dalla massa delle acque e la spinta non si esaurisce se non nel mare aperto, rendendo il fiume dannoso per le terre circostanti, sebbene sia deviato in bracci e canali lungo un arco di 120 miglia [ca. 178 km.], fra Ravenna e Altino; pure, là dove si scarica con più abbondanza, i suoi rami sono chiamati i Sette Mari. Le acque del Po sono convogliate verso Ravenna dal canale Augusto; in questo tratto il fiume prende il nome di Padusa, mentre un tempo era detto Messanico. La bocca più vicina a Ravenna è così grande che vi sorge un porto, chiamato di Vatreno; per esso Claudio Cesare, celebrando il trionfo sui Britanni, su una nave gigantesca (ma sarebbe più giusto dire: su un palazzo) entrò nell'Adriatico. [120] Questa bocca era chiamata anticamente Eridania, e da altri Spinetica, dalla città di Spina che sorgeva nei pressi: una città molto potente, se ci si basa sul valore dei suoi tesori di Delfi. Il fondatore di Spina fu Diomede. In questo luogo confluisce nel Po il fiume Vatreno, proveniente dal territorio di Forum Corneli. Seguono, nell'ordine, le bocche di Caprasia, Sagi e Volane, chiamata in origine Olane; tutte e tre alimentano il canale Flavio, che fu scavato per la prima volta, a partire dalla bocca di Sagi, dagli Etruschi, i quali deviarono l'impeto del fiume trasversalmente, in direzione delle paludi di Adria, chiamate i Sette Mari (è famoso il porto della città etrusca di Adria, prendendo il nome dalla quale l'attuale Adriatico si chiamava un tempo «mare Adriatico»).

PASSO
LocalizzazioneVII, 104-106
Testo originale[104] Verum in his sunt quidem virtutis opera magna, sed maiora fortunae. M. Sergio, ut equidem arbitror, nemo quemquam hominum iure praetulerit, licet pronepos Catilina gratiam nomini deroget. Secundo stipendio dextram manum perdidit; stipendiis duobus ter et viciens vulneratus est, ob id neutra manu, neutro pede satis utilis, animo tantum salvo, plurimis postea stipendiis debilis miles. Bis ab Hannibale captus — neque enim cum quolibet hoste res fuit —, bis vinculorum eius profugus, in viginti mensibus nullo non die in catenis aut compedibus custoditus. [105] Sinistra manu sola quater pugnavit, uno die duobus equis insidente eo suffossis. Dextram sibi ferream fecit eaque religata proeliatus Cremonam obsidione exemit, Placentiam tutatus est, duodena castra hostium in Gallia cepit, quae omnia ex oratione eius apparent habita cum in praetura sacris arceretur a collegis ut debilis, quos hic coronarum acervos constructurus hoste mutato! [106] Etenim plurimum refert, in quae cuiusque virtus tempora inciderit. Quas Trebia Ticinusve aut Trasimennus civicas dedere? Quae Cannis corona merita, unde fugisse virtutis summum opus fuit? Ceteri profecto victores hominum fuere, Sergius vicit etiam fortunam.
Traduzione[104] Tuttavia in questi esempi, se grande è la parte che ha il valore, più grande quella della fortuna. Marco Sergio invece, a mio parere, non fu inferiore a nessuno tra gli uomini, se si vuol giudicare rettamente; e questo, sebbene l'avere avuto come discendente Catilina offuschi il prestigio del suo nome. Durante la sua seconda campagna di guerra perse la mano destra; in due campagne ricevette ventitré ferite e perciò, non potendo più servirsi utilmente di nessuna mano e nessun piede – solo l'animo era integro, in lui –, pur essendo inabile a combattere, partecipò a molte campagne successive. Preso prigioniero per due volte da Annibale — non aveva infatti a che fare con un nemico qualsiasi —, per due volte sfuggi alla sua custodia, sebbene fosse stato tenuto per venti mesi ogni giorno in catene e ceppi. [105] Sostenne quattro combattimenti con la sola mano sinistra, sebbene gli fossero stati trafitti in un sol giorno due cavalli ai quali si trovava in sella. Si fece fare una mano destra di ferro e, attaccatala al braccio, liberò Cremona dall'assedio, difese Piacenza, conquistò dodici accampamenti nemici in Gallia; tutte queste imprese risultano dal discorso che tenne quando, durante la sua pretura, i colleghi volevano, per la sua menomazione, esentarlo dalla celebrazione dei sacrifici. Che mucchi di corone avrebbe accumulato costui, se avesse avuto a che fare con nemici diversi! [106] Conta infatti moltissimo in quali circostanze storiche si sia esplicato il valore di ciascuno. Quanto valevano le corone ottenute sulla Trebbia, sul Ticino o sul Trasimeno? Quanto una corona meritata a Canne dove la fuga era stato l'atto supremo di valore? Certo gli altri furono vincitori di uomini, mentre Sergio vinse anche la fortuna.
Note218-217 a.C.
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LocalizzazioneVII, 159
Testo originale(...) In Tmoli montis cacumine, quod vocant Tempsin, CL annis vivere Mucianus auctor est, totidem annorum censum Claudi Caesaris censura T. Fullonium Bononiensem, idque collatis censibus, quos ante detulerat, vitaeque argumentis – etenim curae principi id erat – verum apparuit.



Traduzione(...) Sulla vetta del monte Tmolo, chiamata Tempsi, secondo Muciano abita gente che vive 150 anni. Della stessa età risultò, al censimento effettuato dall'imperatore Claudio, un certo Tito Fullonio di Bologna; e questo dato, confrontato con le dichiarazioni da lui fornite nei censimenti precedenti e con le documentazioni della sua vita – l'imperatore si era infatti incuriosito del caso – si dimostrò esatto.
NoteCensura di Claudio: 47-48 d.C.
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LocalizzazioneVIII, 144
Testo originale(...) Apud nos Vulcatium nobilem, qui Cascellium ius civile docuit, asturcone e suburbano redeuntem, cum advesperavisset, canis a grassatore defendit; item Caelium senatorem aegrum Placentiae ab armatis oppressum, nec prius ille vulneratus est quam cane interempto.


Traduzione(...) Presso di noi, un cane difese da un brigante Vulcazio, uomo di nobili natali, che insegnò diritto civile a Cascellio, mentre ritornava di sera, su un cavallo delle Asturie, dalla sua proprietà fuori Roma; lo stesso accadde al senatore Celio che, mentre era ammalato, fu assalito a Piacenza da uomini armati e non fu ferito prima che venisse ucciso il suo cane.
NoteCelio a Piacenza: 87 a.C.
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LocalizzazioneX, 50
Testo originale(...) Invenitur in annalis in agro Ariminensi M. Lepido Q. Catulo cos. in villa Galerii locutum gallinaceum, semel, quod equidem sciam.
Traduzione
Note


Traduzione(...) Si legge negli annali che, nel territorio di Rimini, sotto il consolato di Marco Lepido e Quinto Catulo, nella proprietà di Galerio un gallo parlò; fu l'unica volta, per quanto ne so io.
NoteConsolato di Marco Lepido e Quinto Catulo: 78 a.C.
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LocalizzazioneX, 110
Testo originaleQuin et internuntiae in magnis rebus tuere, epistulas adnexas earum pedibus obsidione Mutinensi in castra consulum Decimo Bruto mittente. Quid vallum et vigil obsidio atque etiam retia in amne praetenta profuere Antonio, per caelum eunte nuntio? (...)

TraduzioneI piccioni sono stati anche messaggeri in avvenimenti di grande importanza, ad esempio quando Decimo Bruto durante l'assedio di Modena mandò all'accampamento dei consoli un dispaccio legato alle loro zampe. A cosa servirono ad Antonio la trincea e la stretta sorveglianza e persino le reti poste nel fiume, quando il messaggero passava attraverso il cielo? (...)

Note43 a.C.
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LocalizzazioneXI, 241
Testo originaleNumerosior Appennino: Cebanum hic e Liguria mittit ovium maxime lacte, Sassinatem ex Umbria mixtoque Etruriae atque Liguriae confinio Luniensem magnitudine conspicuum, quippe et ad singula milia pondo premitur, proximum autem urbi Vestinum eumque e Caedicio campo laudatissimum. (...)

TraduzioneL'Appennino è più ricco di formaggi: invia dalla Liguria il formaggio di Ceva, fatto soprattutto con latte di pecora, e dall'Umbria il sarsinate; dalla frontiera tra Etruria e Liguria il formaggio di Luni, notevole per la sua grossezza, dal momento che ciascuna forma arriva a pesare mille libbre; dalle vicinanze di Roma viene il vestino, di cui il più apprezzato è quello della campagna di Cedicio. (...)
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LocalizzazioneXIV, 39
Testo originale(...) Pariana gaudent Pisae, Mutina Perusinia nigro acino, intra quadriennium albescente vino. Mirum ibi cum sole circumagi uvam quae ob id streptis vocatur, et in Italia Gallicam piacere, trans Alpis vero Picenam. (...)


Traduzione(...) Pisa va fiera della pariana, Modena della perusinia, d'acino nero, il cui vino sbianca nel giro di quattro anni. Lì esiste, cosa straordinaria, un tipo di uva che segue i movimenti del sole e che per questo è denominata streptis e così come in Italia si gradisce l'uva gallica, così al di là delle Alpi la picena. (...)
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LocalizzazioneXIV, 67
Testo originaleEx reliquis autem a supero mari Praetutia atque Ancone nascentia, et quae a palma una forte enata palmensia appellavere, in mediterraneo vero Caesenatia ac Maecenatiana, in Veroniensi item Raetica, Falernis tantum postlata a Vergilio, mox ab intimo sinu maris Hadriana, ab infero autem Latiniensia, Graviscana, Statoniensia.

TraduzionePer quanto riguarda le altre qualità si possono citare, sul mare Adriatico, il Pretuziano, il vino prodotto nella zona di Ancona e quelli che la nascita casuale di una palma nel podere ha fatto denominare «vini della palma»; nell'entroterra poi i vini di Cesena ed i Mecenaziani, nel Veronese ancora i Retici, che Virgilio ha posposto al solo Falerno, quindi nella parte più interna del mare Adriatico i vini d'Atri; sulla costa del Tirreno invece i vini dell'agro Latino, quelli di Gravisca e quelli di Statonia.
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LocalizzazioneXV, 76
Testo originaleSuper omnia est, quo nihil equidem duco mirabilius, tantam illam urbem et de terrarum orbe per CXX annos aemulam unius pomi argumento eversam, quod non Trebia aut Trasimenus, non Cannae busto Romani nominis perficere potuere, non castra Punica ad tertium lapidem vallata portaeque Collinae adequitans ipse Hannibal. Tanto propius Carthaginem pomo Cato admovit!



TraduzioneSupera tutto il fatto, del quale per parte mia ritengo non ci sia nulla di più sorprendente, che questa città cosi importante [Cartagine], che per 120 anni era stata rivale di Roma per il dominio sul mondo, fu distrutta per le argomentazioni fornite da un solo frutto [un fico mostrato da Catone al senato], cosa che non la Trebbia o il Trasimeno, non Canne, tomba della gloria romana, non l'accampamento punico piazzato a tre miglia da Roma, non Annibale in persona che cavalcava davanti alla porta Collina, avevano potuto ottenere. Così tanto, con un frutto, Catone fece sentire più vicina Cartagine!
Note146 a.C.
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LocalizzazioneXVI, 14
Testo originaleXIIII eas accepit Siccius Dentatus, ut retulimus suo loco, VI Capitolinus, is quidem et de duce Servilio. Africanus de patre accipere noluit apud Trebiam. (...)
TraduzioneSiccio Dentato, come abbiamo detto a suo luogo, fu insignito della corona per 14 volte; Capitolino per 6, in un caso per aver salvato la vita del suo comandante Servilio. Scipione Africano la rifiutò dopo aver salvato suo padre nella battaglia presso la Trebbia. (...)
NoteSiccio Dentato inizio III sec. a.C.; Capitolino metà III sec. a.C.; Scipione 218 a.C.

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LocalizzazioneXXVII, 131
Testo originaleCirca Ariminum nota est herba quam resedam vocant. Discutit collectiones inflammationesque omnes. Qui curant ea, addunt haec verba: «Reseda, morbos reseda; scisne, scisne, quis hic pullus egerit radices? nec caput nec pedes habeat». Haec ter dicunt totiensque despuunt. (...)
TraduzioneNei dintorni di Rimini si conosce un'erba che viene detta reseda. Risolve gli ascessi e tutte le infiammazioni. Coloro che curano con tale erba, mentre la usano pronunciano questa formula: «Reseda, seda le malattie; lo sai, lo sai, quale pulcino ha messo qui le radici? Che non abbia né testa né piedi!». Dicono queste parole per tre volte e altrettante sputano per terra. (...)

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LocalizzazioneXXXI, 11
Testo originale(...) Cydnus Ciliciae amnis podagricis medetur, sicut apparet epistula Cassi Parmensis ad M. Antonium. (...)



Traduzione(...) Il Cidno, fiume della Cilicia, cura la gotta, come risulta dalla lettera di Cassio Parmense a Marco Antonio. (...)
Note43 a.C.
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LocalizzazioneXXXV, 161
Testo originaleHabent et Trallis ibi opera sua et in Italia Mutina, quoniam et sic gentes nobilitantur et haec quoque per maria, terras altro citro portantur, insignibus rotae officinis. (...)

TraduzioneAnche Tralle in Asia e Modena in Italia hanno una produzione propria [di prodotti fittili]: è anche questo un modo per le popolazioni di diventare famose e questi oggetti sono trasportati qua e là per mare e per terra, una volta che le loro officine sono diventate famose. (...)
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LocalizzazioneXXXVI, 83
Testo originale(...) Usus eius nocturno navium cursu ignes ostendere ad praenuntianda vada portusque introitum, quales iam compluribus locis flagrant, sicut Ostiae ac Ravennae. Periculum in continuatione ignium, ne sidus existimetur, quoniam e longinquo similis flammarum aspectus est. (...)


Traduzione(...) Funzione della torre [di Faro] era mostrare la rotta alle navi di notte con i fuochi, preavvertendo delle secche e dell'entrata del porto (fuochi di questo genere sono ora accesi in parecchi luoghi, come Ostia e Ravenna – il pericolo del sistema sta nella possibilità che, bruciando in continuazione, questi fuochi vengano scambiati per stelle, perché da lontano l'aspetto delle fiamme è simile). (...)
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LocalizzazioneXXXVI, 161
Testo originale(...) Sunt et in Bononiensi Italiae parte breves maculae complexu silicis alligata, quarum tamen appareat natura similis. (...)

Traduzione(...) Anche nella zona di Bologna, in Italia, se ne trovano [di pietra speculare] piccole vene che sono incassate all'interno della selce, ma si riesce a distinguerne caratteristiche naturali simili. (...)

COMPILAZIONE
COMPILAZIONE
Data2011
NomeAssorati G.
AGGIORNAMENTO – REVISIONE
Data2021
NomeParisini S.

ultima modifica: 19/01/2021
fonte

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