FONTE
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AutoreTacito
Titolo operaHistoriae
Anno100/105 ca. d.C.
Periodoetà degli imperatori adottivi
EpocaAlto Imperiale
Noteed.: A. Arici (a cura di), Storie, Dialogo degli Oratori, Germania, Agricola, Torino 1970 (trad. del curatore).
PASSO
LocalizzazioneI, 50.2
Testo originaleNec iam recentia saevae pacis exempla, sed repetita bellorum civilium memoria captam totiens suis exercitibus urbem, vastitatem Italiae, direptiones provinciarum, Pharsaliam Philippos et Perusiam ac Mutinam, nota publicarum cladium nomina, loquebantur.



TraduzioneNé già citavano gli esempi recenti di una pace sanguinosa: ma, ritrovata la memoria delle guerre civili, tutti parlavano della città tante volte occupata dai suoi stessi eserciti, della devastazione d'Italia, dei saccheggi nelle province, e di Farsalo, di Filippi e di Perugia e di Modena, nomi famosi di pubbliche sciagure.

Note68 d.C.
PASSO
LocalizzazioneI, 70.1
Testo originaleCaecina paucos in Helvetiis moratus dies, duni sententiae Vitellii certior fieret, simul transitum Alpium parans, laetum ex Italia nuntium accepit alam Silianam circa Padum agentem sacramento Vitellii accessisse.


TraduzioneCecina, trattenutosi pochi giorni nel paese degli Elvezi, per conoscere la decisione di Vitellio e nel tempo stesso per preparare la traversata delle Alpi, riceve dall'Italia la lieta notizia che l'ala di cavalleria siliana acquartierata presso il Po, aveva giurato fedeltà a Vitello.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 17.1
Testo originaleAperuerat iam Italiam bellumque transmiserat, ut supra memoravimus, ala Siliana, nullo apud quemquam Othonis favore, nec quia Vitellium mallent, sed longa pax ad omne servitium fregerat faciles occupantibus et melioribus incuriosos. Florentissimum Italiae latus, quantum inter Padum Alpesque camporum et urbium, armis Vitellii (namque et praemissae a Caecina cohortes advenerant) tenebatur.
TraduzioneCome abbiamo ricordato prima, l'ala Siliana aveva già aperto la via verso l'Italia e aveva trasferito qui la guerra, non perché qualcuno favorisse Otone né perché vi fossero preferenze verso Vitellio, ma la lunga pace aveva piegato a qualunque servitù gli uomini, arrendevoli verso gli occupanti senza chiedersi se fossero migliori dei precedenti. La regione più fiorente dell'Italia, cioè tutta la pianura e le città fra il Po e le Alpi, era tenuta dalle armi di Vitellio (poiché erano arrivate anche le coorti mandate innanzi da Cecina).
NoteAprile 69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 11-12.1
Testo originale(11) [1] Laeta interim Othoni principia belli, motis ad imperium eius e Dalmatia Pannoniaque exercitibus. Fuere quattuor legiones, e quibus bina milia praemissa; ipsae modicis intervallis sequebantur, septima a Galba conscripta, veteranae undecima ac tertia decima et praecipui fama quartadecumani, rebellione Britanniae compressa. Addiderat gloriam Nero eligendo ut potissimos, unde longa illis erga Neronem fides et erecta in Othonem studia. Sed quo plus virium ac roboris, e fiducia tarditas inerat. [2] Agmen legionum alae cohortesque praeveniebant. Et ex ipsa urbe haud spernenda manus, quinque praetoriae cohortes et equitum vexilla cum legione prima, ac deforme insuper auxilium, duo milia gladiatorum, sed per civilia arma etiam severis ducibus usurpatum. His copiis rector additus Annius Gallus, cum Vestricio Spurinna ad occupandas Padi ripas praemissus, quoniam prima consiliorum frustra ceciderant, transgresso iam Alpes Caecina, quem sisti intra Gallias posse speraverat. [3] Ipsum Othonem comitabantur speculatorum lecta corpora cum ceteris praetoriis cohortibus, veterani e praetorio, classicorum ingens numerus. Nec illi segne aut corruptum luxu iter, sed lorica ferrea usus est et ante signa pedes ire, horridus, incomptus famaeque dissimilis.
(12) [1] Blandiebatur coeptis fortuna, possessa per mare et naves maiore Italiae parte penitus usque ad initium maritimarum Alpium, quibus temptandis adgrediendaeque provinciae Narbonensi Suediurn Clementem, Antonium Novellum, Aemilium Pacensem duces dederat. Sed Pacensis per licentiam militum vinctus, Antonio Novello nulla auctoritas: Suedius Clemens ambitioso imperio regebat, ut adversus modestiam disciplinae corruptus, ita proeliorum avidus.

Traduzione(11) [1] Frattanto le prime azioni di guerra si svolgevano favorevoli ad Otone, essendosi mossi gli eserciti dalla Dalmazia e dalla Pannonia al comando di lui. Furono quattro legioni, da ciascuna delle quali vennero mandati innanzi duemila uomini; a brevi intervalli seguivano la settima arruolata da Galba, l'undecima e la decimaterza di formazione più antica, e la decimaquarta, più importante di tutte per fama, avendo represso la ribellione della Britannia. Aveva aggiunto loro gloria Nerone, scegliendoli come i migliori; di qui la lunga fedeltà verso Nerone e lo zelo in favore di Otone. Ma quanto più eran numerosi e forti, tanto maggiore lentezza derivava loro dalla fiducia in se stessi. [2] Le ali dei cavalieri e le coorti dei fanti precedevano la schiera delle legioni; e da Roma stessa veniva un manipolo non trascurabile, cinque coorti di pretoriani e la loro cavalleria colla prima legione e in più duemila gladiatori: aiuto non certo onorevole, ma durante le guerre civili adoperato anche da capi intransigenti. A queste milizie venne dato come capo Annio Gallo, spedito innanzi insieme a Vestricio Spurinna per occupare le rive del Po, dato che le prime misure erano cadute a vuoto, avendo già valicato le Alpi Cécina, che Otone aveva sperato potesse venir fermato entro il territorio delle Gallie. [3] Accompagnavano Otone corpi scelti di esploratori colle rimanenti coorti pretoriane, i veterani del pretorio ed un grandissimo numero di soldati di marina. Né la marcia di lui fu lenta o infamata da stravizi: egli camminò a piedi davanti alle insegne, indossando la corazza di ferro, colla barba ispida e i capelli non pettinati, ben diverso da come lo dipingeva la fama.
(12) [1] Arrideva alle sue imprese la fortuna. Per mezzo del mare e delle flotte [di Miseno e Ravenna], egli dominava la maggior parte dell'Italia e, nell'interno, fino ai piedi delle Alpi Marittime, ad affrontar le quali e ad assalire la provincia Narbonese aveva preposto Svedio Clemente, Antonio Novello, Emilio Pacense. Ma Pacense era stato messo in catene dai soldati turbolenti. Antonio Novello non aveva autorità alcuna; Svedio Clemente teneva il comando in modo da ingraziarsi la massa, tanto debole contro le infrazioni alla disciplina quanto smanioso di combattere.

NoteMarzo-aprile 69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 18-19
Testo originale(18) [1] Certum erat Spurinnae (is enim Placentiam obtinebat) necdum venisse Caecinam et, si propinquaret, coercere intra munimenta militem nec tris praetorias cohortes et mille vexillarios cum paucis equitibus veterano exercitui obicere. [2] Sed indomitus miles et belli ignarus correptis signis vexillisque ruere et retinenti duci tela intentare, spretis centurionibus tribunisque: [qui] prodi Othonem et accitum Caecinam clamitabant. Fit temeritatis alienae comes Spurinna, primo coactus, mox velle simulans, quo plus auctoritatis inesset consiliis, si seditio mitesceret.
(19) [1] Postquam in conspectu Padus et nox adpetebat, vallari castra placuit. Is labor urbano militi insolitus contundit animos. Tum vetustissimus quisque castigare credulitatem suam, metum ac discrimen ostendere, si cum exercitu Caecina patentibus campis tam paucas cohortes circumfudisset. Iamque totis castris modesti sermones, et inserentibus se centurionibus tribunisque laudari providentia ducis, quod coloniam virium et opum validam robur ac sedem bello legisset. [2] Ipse postremo Spurinna, non tam culpam exprobrans quam rationem ostendens, relictis exploratoribus ceteros Placentiam reduxit minus turbidos et imperia accipientes. Solidati muri, propugnacula addita, auctae turres, provisa parataque non arma modo, sed obsequium et parendi amor, quod solum illis partibus defuit. cum virtutis haud paeniteret.

Traduzione(18)[1] Spurinna, il quale occupava Piacenza, sapeva con certezza che Cecina non era ancora venuto e che, se si fosse avvicinato, egli avrebbe dovuto tenere i suoi entro le fortificazioni e non opporre tre coorti pretorie e mille vessillari con pochi cavalieri ad un esercito di veterani. [2] Ma i soldati, sfrenati e inesperti di guerra, afferrate le insegne e i vessilli, si precipitarono in armi contro il loro stesso capo, che cercava di trattenerli, senza ascoltare né centurioni né tribuni; anzi, andavano gridando che Otone era tradito e che si era fatto venire Cecina. Finisce per associarsi alla temerità degli altri Spurinna, dapprima costretto, poi fingendo un'adesione volenterosa, affinché i suoi consigli avessero maggiore autorità nel caso che il tumulto si placasse.
(19) [1] Dato che il Po era in vista e scendeva la notte, si pensò a fortificare l'accampamento. Questa fatica, inconsueta per soldatesche avvezze alla vita cittadina, smorzò gli entusiasmi. Allora tutti i più anziani maledicevano la propria credulità, e spaventati mostravano quale sarebbe stato il pericolo, se Cecina col suo esercito avesse accerchiato in aperta pianura un così scarso numero di coorti. Già per tutto il campo i discorsi si venivano moderando, e poiché centurioni e tribuni si mescolavano ai gruppi, si lodava la previdenza del comandante, per avere scelto una colonia forte di uomini e di mezzi come sicura base alle operazioni di guerra. [2] Da ultimo Spurinna stesso, non tanto biasimando la loro colpa quanto esponendo il suo piano, lasciati indietro alcuni esploratori, ricondusse a Piacenza tutti gli altri, meno agitati e disposti ad eseguire gli ordini. Vennero rafforzate le mura, aggiunti baluardi davanti alle porte; furono alzate torri, provviste e apprestate non solo le armi, ma l'ossequio e la buona volontà dell'obbedire: l'unica cosa che mancò al partito otoniano, mentre, quanto al valore, non lasciava nulla a desiderare.

Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 20.2
Testo originaleCaecina Padum transgressus, temptata Othonianorum fide per conloquium et promissa, isdem petitus, postquam pax et concordia speciosis et inritis nominibus iactata sunt, consilia curasque in obpugnationem Placentiae magno terrore vertit, gnarus, ut initia belli provenissent, famam in cetera fore.


TraduzioneCecina, attraversato il Po, in un colloquio tentò con promesse la fedeltà degli Otoniani e fu tentato egli stesso; la pace e la concordia furono vantate con parole belle, ma vane, dopo di che egli volse i suoi disegni e le sue cure ad assaltare Piacenza in modo formidabile, conscio che dalla riuscita delle prime azioni di guerra si sarebbe formata la fama per tutte le altre.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 21-22
Testo originale(21) [1] Sed primus dies impetu magis quam veterani exercitus artibus transactus: aperti incautique muros subiere, cibo vinoque praegraves. In eo certamine pulcherrimum amphitheatri opus, situm extra muros, conflagravit, sive ab obpugnatoribus incensum, dum faces et glandes et missilem ignem in obsessos iaculantur, sive ab obsessis, dum retorta ingerunt. [2] Municipale volgus, pronum ad suspiciones, fraude inlata ignis alimenta credidit a quibusdam e vicinis coloniis invidia et aemulatione, quod nulla in Italia moles tam capax foret. Quocumque casu accidit, dum atrociora metuebantur, in levi habitum, reddita securitate, tamquam nihil gravius pati potuissent, maerebant. [3] Ceterum multo suorum cruore pulsus Caecina, et nox parandis operibus absumpta. Vitelliani pluteos cratesque et vineas subfodiendis muris protegendisque obpugnatoribus, Othoniani sudes et immensas lapidum ac plumbi aerisque moles perfringendis obruendisque hostibus expediunt. [4] Utrimque pudor, utrimque gloria, et diversae exhortationes hinc legionum et Germanici exercitus robur, inde urbanae militiae et praetoriarum cohortium decus attollentium; illi ut segnem et desidem et circo ac theatris corruptum militem, hi peregrinum et externum increpabant. Simul Othonem ac Vitellium celebrantes culpantesve uberioribus inter se probris quam laudibus stimulabantur.
(22) [1] Vixdum orto die piena propugnatoribus moenia, fulgentes armis virisque campi: densum legionum agmen, sparsa auxiliorum manus altiora murorum sagittis aut saxis incessere, neglecta aut aevo fluxa comminus adgredi. Ingerunt desuper Othoniani pila librato magis et certo ictu adversus temere subeuntes cohortes Germanorum, cantu truci et more patrio nudis corporibus super umeros scuta quatientium. [2] Legionarius pluteis et cratibus tectus subruit muros, instruit aggerem, molitur portas: contra praetoriani dispositos ad id ipsum molares ingenti pondere ac fragore provolvunt. Pars subeuntium obruti, pars confixi et exsangues aut laceri: cum augeret stragem trepidatio eoque acrius e moenibus volnerarentur, rediere infracta partium fama. [3] Et Caecina pudore coeptae temere obpugnationis, ne inrisus ac vanus isdem castris adsideret, traiecto rursus Pado Cremonam petere intendit. Tradidere sese abeunti Turullius Cerialis cum compluribus classicis et Iulius Briganticus cum paucis equitum, hic praefectus alae in Batavis genitus, ille primpilaris et Caecinae haud alienus, quod ordines in Germania duxerat.



Traduzione(21) [1] Ma il primo giorno passò in attacchi impetuosi, piuttosto che in operazioni tattiche degne d'un esercito di veterani; i soldati si spinsero sotto le mura, allo scoperto e senza precauzioni, appesantiti dal cibo e dal vino. In quella battaglia bruciò l'anfiteatro, costruzione splendida posta fuori delle mura forse incendiato dagli assalitori nel lanciar fiaccole e globi infuocati e dardi incandescenti contro gli assediati, o forse da questi, nel rilanciarli indietro. [2] La plebe cittadina, proclive ai sospetti, pensò che materiale combustibile fosse stato gettato a tradimento da certe colonie vicine, per invidiosa emulazione: perché in Italia non v'era altra costruzione tanto capace. Per qualunque motivo il fatto sia avvenuto, non gli fu data grande importanza finché durò la paura di atti più feroci; ritornata poi la calma, tutti se ne lagnavano come del disastro più grave che avessero mai potuto sopportare. [3] Cecina fu ricacciato con molto spargimento di sangue dei suoi, e la notte passò nel lavoro delle fortificazioni. I Vitelliani preparano parapetti mobili e ripari di graticci e baracche a tetto per scavare sotto le mura e per proteggere i combattenti; gli Otoniani approntano pali appuntiti e masse enormi di pietre, di piombo e di bronzo, per rompere i ripari dei nemici e schiacciarli. [4] Puntiglio d'onore da ambo le parti, da ambo le parti avidità di gloria, ed esortazioni contrastanti di capi, che di qua esaltavano la gagliardia delle legioni e dell'esercito di Germania, di là il decoro della milizia urbana e delle coorti pretoriane; quelli beffavano i soldati avversari, chiamandoli pigri, oziosi e corrotti dagli spettacoli del circo e del teatro; questi li chiamavano forestieri e barbari. Nel tempo stesso, celebrando e incolpando Otone o Vitellio, s'incitavano a vicenda con maggior copia d'insulti che di lodi.
(22) [1] Spuntava appena il giorno, quando le mura si coprirono di difensori, la campagna sfolgorò d'armi e d'armati: la schiera dei legionari in formazione serrata, il manipolo degli ausiliari in ordine sparso scagliavano saette o sassi contro l'alto delle mura e assaltavano da vicino le parti più deboli o pericolanti per vecchiezza. Dall'alto gli Otoniani lanciavano giavellotti, con colpi più forti e meglio diretti, contro le coorti dei Germani, che si facevano sotto alla rinfusa, agitando gli scudi al di sopra delle spalle, mezzi nudi e con canti selvaggi, com'è loro usanza. [2] I legionari, protetti dai ripari mobili e dai graticci, scalzano i muri in basso, fabbricano terrapieni, s'apparecchiano a sfondare le porte: di contro, i pretoriani fan rotolare fragorosamente macigni di enorme peso, disposti appunto a quello scopo. Gli assalitori furono in parte travolti, in parte trafitti e dissanguati o straziati: e poiché il panico accresceva la strage, per cui dalle mura venivano colpiti ancora più acerbamente, si ritirarono; e da ciò rimase scosso il prestigio del loro partito. [3] Cecina, vergognandosi dell'assalto imprudentemente intrapreso, per non restare nel medesimo accampamento a sentirsi deridere come millantatore, ripassato il Po cercò di raggiungere Cremona. Si consegnarono a lui, mentre partiva, Turullio Ceriale con parecchi uomini di mare e Giulio Brigantico con pochi dei suoi cavalieri, quest'ultimo prefetto di cavalleria, di origine Batava, quello primipilare e non ignoto a Cecina, perché era stato centurione in Germania.

Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 23.1-2
Testo originale [1] Spurinna comperto itinere hostium defensam Placentiam, quaeque acta et quid Caecina pararet, Annium per litteras docet. Gallus legionem primam in auxilium Placentiae ducebat, diffisus paucitati cohortium, ne longius obsidium et vim Germanici exercitus parum tolerarent. [2] Ubi pulsum Caecinam pergere Cremonam accepit, aegre coercitam legionem et pugnandi ardore usque ad seditionem progressam Bedriaci sistit. Inter Veronam Cremonamque situs est vicus, duabus iam Romanis cladibus notus infaustusque.



Traduzione[1] Spurinna, informatosi circa l'itinerario dei nemici, comunica per lettera ad Annio Gallo la difesa di Piacenza e le azioni compiute e le intenzioni di Cecina. Gallo conduceva in aiuto a Piacenza la prima legione, poco fidandosi che un così scarso numero di coorti potesse sostenere a lungo l'assalto e la violenza dell'esercito germanico. [2] Allorché apprese che Cecina, ricacciato, marciava su Cremona, fa sostare a Bedriaco la legione, che con fatica aveva tenuta insieme e che per l'ardore di combattere si era spinta sino alla rivolta. Questo villaggio è situato fra Verona e Cremona, e due sconfitte romane ne hanno reso il nome sinistramente famoso.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 24.1
Testo originaleInterea Paulini et Celsi ductu res egregie gestae. Angebant Caecinam nequiquam omnia coepta et senescens exercitus sui fama. Pulsus Placentia, caesis nuper auxiliis, etiam per concursum exploratorum, crebra magis quam digna memoratu proelia, inferior, propinquante Fabio Valente, ne omne belli decus illuc concederet, reciperare gloriam avidius quam consultius properabat.


TraduzioneNel frattempo, sotto la guida di Paolino e Celso l'azione aveva proceduto in modo egregio. Cecina era angustiato al pensiero che tutto fosse stato intrapreso invano e che la fama del suo esercito venisse declinando. Da Piacenza era stato respinto, di recente i suoi ausiliari erano stati massacrati e anche in scontri di pattuglia, più frequenti che memorabili, aveva dovuto soccombere: ora, avvicinandosi Fabio Valente, egli s'affannava con maggiore smania che accortezza ad impedire che l'onore della guerra toccasse tutto a lui.


Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 32.2
Testo originaleContra ipsis omnia opulenta et fida, Pannoniam Moesiam Delmatiam Orientem cum integris exercitibus, Italiam et caput rerum urbem senatumque et populum, numquam obscura nomina, etiam [si] aliquando obumbrentur; publicas privatasque opes et immensam pecuniam, inter civiles discordias ferro validiorem; corpora militum aut Italiae sueta aut aestibus; obiacere flumen Padum, tutas viris murisque urbes, e quibus nullam hosti cessuram Placentiae defensione exploratum: proinde duceret bellum.



TraduzionePer loro [gli Otoniani], al contrario, da ogni parte v'erano fonti ricchissime di mezzi e motivi di fiducia: la Pannonia, la Mesia, la Dalmazia, l'Oriente cogli eserciti intatti, l'Italia e Roma, centro di tutto, e il senato e il popolo, nomi non mai spenti, se pur talvolta eclissati; sussidi pubblici e privati e gran copia di denaro, che nelle discordie civili vale più delle armi; soldati avvezzi o al clima d'Italia o ai grandi calori; dinanzi a loro, il corso del Po, e città ben difese da uomini e da mura, delle quali nessuna cederebbe al nemico, come era stato dimostrato dalla difesa di Piacenza; Otone dunque menasse in lungo la guerra.

Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 33.2
Testo originalePostquam pugnari placitum, interesse pugnae imperatore an seponi melius foret dubitavere. Paulino et Celso iam non adversantibus, ne principem obiectare periculis viderentur, idem illi deterioris consilii auctores perpulere, ut Brixellum concederet ac dubiis proeliorum exemptus summae rerum et imperii se ipsum reservaret.


TraduzionePresa la decisione di combattere, discussero se fosse meglio che l'imperatore prendesse parte o no alla battaglia. Paolino e Celso ormai non si opponevano, perché non sembrasse che essi volessero esporre ai pericoli il principe; quei medesimi consiglieri del peggio lo spinsero a raggiungere Brescello, per riserbare se stesso alla direzione e alle supreme necessità del governo, rimanendo estraneo ai rischi della battaglia.


Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 34-36.1
Testo originale(34) [1] Nihil eorum Vitellianos fallebat, crebris, ut in civili bello, transfugiis; et exploratores cura diversa sciscitandi sua non occultabant. Quieti intentique Caecina ac Valens, quando hostis imprudentia rueret, quod loco sapientiae est, alienam stultitiam opperiebantur, inchoato ponte transitum Padi simulantes adversus obpositam gladiatorum manum, ac ne ipsorum miles segne otium tereret. [2] Naves pari inter se spatio, validis utrimque trabibus conexae, adversum in flumen dirigebantur, iactis super ancoris, quae firmitatem pontis continerent, sed ancorarum funes non extenti fiuitabant, ut augescente flumine inoffensus ordo navium attolleretur. Claudebat pontem imposita turris et in extremam navem educta, unde tormentis ac machinis hostes propulsarentur. Othoniani in ripa turrim struxerant saxaque et faces iaculabantur.
(35) [1] Et erat insula amne medio, in quam gladiatores navibus molientes, Germani nando praelabebantur. Ac forte plures transgressos completis Liburnicis per promptissimos gladiatorum Macer adgreditur; sed neque ea constantia gladiatoribus ad proelia quae militibus, nec proinde nutantes e navibus quam stabili gradu e ripa volnera derigebant. [2] Et cum variis trepidantium inclinationibus mixti remiges propugnatoresque turbarentur, desilire in vada ultro Germani, retentare puppes, scandere foros aut comminus mergere; quae cuncta in oculis utriusque exercitus quanto laetiora Vitellianis, tanto acrius Othoniani causam auctoremque cladis detestabantur.
(36) [1] Et proelium quidem, abruptis quae supererant navibus, fuga diremptum: Macer ad exitium poscebatur, iamque volneratum eminus lancea strictis gladiis invaserant, cum intercursu tribunorum centurionumque protegitur.

Traduzione[1] Nulla di tutto ciò sfuggiva ai Vitelliani, essendo le diserzioni assai frequenti, come accade nella guerra civile; e gli esploratori, per informarsi sui fatti del nemico, non tenevano segreti i propri. Cecina e Valente, tranquilli e intenti a cogliere il momento in cui il nemico si sarebbe gettato ciecamente allo sbaraglio, attendevano la stoltezza altrui, il che può tener luogo di saggezza; e, fingendo di voler attraversare il Po per assalire la schiera dei gladiatori, che teneva la riva opposta avevano iniziato la costruzione di un ponte, anche perché i soldati non perdessero tempo nell'ozio e nell'inerzia. [2] Venivano spinte contro corrente, ad intervalli uguali, delle imbarcazioni, congiunte tra loro con solide travi a prora e a poppa; erano state gettate le ancore, ad assicurare la saldezza del ponte; ma i canapi ondeggiavano lenti, affinché la linea delle navi potesse venir sollevata da un eventuale crescere delle acque, senza scomporsi. Chiudeva il ponte una torre, spinta dalla riva e caricata sull'ultima nave; da quella, con baliste e catapulte, sarebbero stati ricacciati indietro i nemici. Gli Otoniani avevano costruito una torre sulla riva, e lanciavano sassi e fiaccole.
(35) [1] V'era nel mezzo del fiume un'isola, alla quale i gladiatori si sforzavano di arrivare colle barche, mentre i Germani vi giungevano facilmente a nuoto. E poiché di questi ne erano passati in maggior numero, Macro li assale con liburniche piene dei gladiatori più veloci: ma in battaglia questi non avevano la fermezza dei soldati e, barcollanti, dalle navi non dirigevano i colpi con la sicurezza con cui li vibravano quelli a piè fermo dalla riva. [2] E mentre, nelle varie oscillazioni causate dagli irrequieti, rematori e combattenti insieme commisti si scompigliavano, i Germani saltavano di slancio nei guadi, si afferravano alle poppe, salivano sulla tolda dei battelli o li sommergevano con le mani. Tutto ciò accadeva al cospetto dell'uno e dell'altro esercito, e quanto più se ne rallegravano i Vitelliani tanto più acerbamente imprecavano gli Otoniani contro la causa e l'autore del disastro.
(36) [1] E in verità la battaglia terminò con la fuga delle navi superstiti, tolte dalle mani dei Batavi: si voleva la morte di Macro, e, già ferito di lontano da una lancia, lo avevano aggredito con le spade in pugno, quando fu salvato dall'intervento di tribuni e di centurioni.

NoteAprile 69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 39-40
Testo originale(39) [1] Profecto Brixellum Othone honor imperii penes Titianum fratrem, vis ac potestas penes Proculum praefectum; Celsus et Paulinus, cum prudentia eorum nemo uteretur, inani nomine ducum alienae culpae praetendebantur; tribuni centurionesque ambigui, quod spretis melioribus deterrimi valebant; miles alacer, qui tamen iussa ducum interpretari quam exsequi mallet. [2] Promoveri ad quartum a Bedriaco castra placuit, adeo imperite, ut quamquam verno tempore anni et tot circum amnibus penuria aquae fatigarentur. Ibi de proelio dubitatum, Othone per litteras flagitante ut maturarent, militibus ut imperator pugnae adesset poscentibus; plerique copias trans Padum agentes acciri postulabant. Nec proinde diiudicari potest, quid optimum factu fuerit, quam pessimum fuisse quod factum est.
(40) Non ut ad pugnam sed ad bellandum profecti confluentes Padi et Ardae fluminum, sedecim inde milium spatic distantes, petebant. Celso et Paulino abnuentibus itinere fessum, sarcinis gravem obicere hosti non omissuro, quc minus expeditus et vix quattuor milia passuum progressus aut incompositos in agmine aut dispersos et vallum molientes adgrederetur, Titianus et Proculus, ubi consiliis vincerentur, ad ius imperii transibant. Aderat sane citus equo Numida cum atrocibus mandatis, quibus Otho increpita ducum segnitie rea in discrimen mitti iubebat, aeger mora et spei impatiens.




Traduzione(39) [1] Partito Otone per Brescello, l'onore del comando supremo rimase a suo fratello Tiziano, l'autorità effettiva al prefetto Procolo: Celso e Paolino, del cui senno non si valeva nessuno, servivano a coprire col nome vano di comandanti l'errore altrui; malsicuri i tribuni e i centurioni, perché, messi da parte i migliori, prevalevano i pessimi; i soldati pugnaci, ma più propensi a esaminare e a discutere gli ordini dei capi che ad eseguirli. [2] Si decise di spostare il campo da Bedriaco a quattro miglia romane [ca. 6 km.] più in là, con così scarsa perizia che in primavera, e in mezzo a tante acque correnti, erano sfiniti dalla penuria di acqua. Quivi si tenne consiglio, se si dovesse dare battaglia, perché Otone scriveva ordinando che s'affrettassero, i soldati chiedevano che l'imperatore fosse presente al combattimento: i più esigevano che si facessero venire le truppe dislocate al di là del Po. Né si può giudicare quale partito sarebbe stato il migliore, ma è certo che quello scelto fu il peggiore.
(40) Partiti non per dare battaglia, ma per condurre una campagna, marciavano verso la confluenza del Po e dell'Arda, distante di là sedici miglia [ca. 24 km.]. Celso e Paolino si rifiutavano di esporre i soldati, stanchi del cammino e appesantiti dai bagagli, ad un nemico che, essendo armato alla leggera e avendo percorso quattro sole miglia [ca. 6 km.], non avrebbe mancato di assalirli, o mentre marciavano in disordine o mentre erano sparsi a costruire il vallo; ma Tiziano e Procolo, là dove nel ragionare risultavano perdenti, ricorrevano all'autorità loro derivante dall'avere il comando supremo. Per verità, era giunto velocemente a cavallo un Numida con ordini inesorabili: Otone, deplorata l'inerzia dei capi, comandava che si venisse alla prova, inasprito dall'attesa e mal sopportando di continuar a sperare.

Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 44.3
Testo originaleNe Vitellianis quidem incruentam fuisse victoriam, pulso equite, rapta legionis aquila; superesse cum ipso Othone militum quod trans Padum fuerit.


TraduzioneLa vittoria [di Bedriaco] non era stata incruenta neppure per i Vitelliani, che avevano avuto respinta la cavalleria e rapita l'aquila della legione, mentre erano incolumi, intorno ad Otone, i soldati rimasti al di là del Po.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 46
Testo originale[1] Opperiebatur Otho nuntium pugnae nequaquam trepidus et consilii certus. Maesta primum fama, dein profugi e proelio perditas res patefaciunt. Non exspectavit militum ardor vocem imperatoris; bonum haberet animum iubebant: superesse adhuc novas vires, et ipsos extrema passuros ausurosque. Neque erat adulatio: ire in aciem, excitare partium fortunam furore quodam et instinctu flagrabant. [2] Qui procul adstiterant, tendere manus, et proximi prensare genua, promptissimo Plotio Firmo. Is praetorii praefectus identidem orabat, ne fidissimum exercitum, ne optime meritos milites desereret: maiore animo tolerari adversa quam relinqui; fortes et strenuos etiam contra fortunam insistere spei, timidos et ignavos ad desperationem formidine properare. [3] Quas inter voces ut flexerat voltum aut induraverat Otho, clamor et gemitus. Nec praetoriani tantum, proprius Othonis miles, sed praemissi e Moesia eandem obstinationem adventantis exercitus, legiones Aquileiam ingressas nuntiabant, ut nemo dubitet potuisse renovari bellum atrox lugubre incertum victis et victoribus.
Traduzione[1] Otone aspettava notizie della battaglia, per nulla turbato e ben risoluto. Arrivano prima dicerie poco liete; in seguito, i fuggiti dal combattimento rendono noto che tutto è perduto. L'ardore dei soldati non aspettò la voce dell'imperatore, gli gridavano che stesse di buon animo: aveva ancora forze nuove, ed essi avrebbero sopportato e osato l'estremo. E non era adulazione: bruciavano dalla voglia di scendere in campo, di risuscitar la fortuna del loro partito, con una specie di slancio furibondo: [2] i lontani tendevano le braccia; i vicini abbracciavano le ginocchia dell'imperatore, primo fra tutti Plozio Fermo. Questi, prefetto del pretorio, lo supplicava che non abbandonasse un esercito fedelissimo, dei soldati più che benemeriti: diceva che c'è più coraggio a tollerare le avversità che non a sottrarvisi; che i forti e valorosi persistono nella speranza anche contro la fortuna, i timorosi e i vili si gettano dalla paura nella disperazione. [3] E secondo che Otone, in mezzo a tali invocazioni, si mostrava commosso oppure duro in volto, s'alzavano clamori festosi o grida di dolore. Né soltanto i pretoriani, soldati propri di Otone, ma quelli mandati innanzi dalla Mesia promettevano uguale costanza da parte dell'esercito che sopraggiungeva, dicevano che le legioni erano entrate in Aquileia; sicché nessuno oggi mette in dubbio che si sarebbe potuta ricominciare una guerra feroce e malaugurata, incerta ai vinti e ai vincitori.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 48-49
Testo originale(48) [1] Talia locutus, ut cuique aetas aut dignitas, comiter appellatos, irent propere neu remanendo iram victoris asperarent, iuvenes auctoritate, senes precibus movebat, placidus ore, intrepidus verbis, intempestivas suorum lacrimas coercens. Dari naves ac vehicula abeuntibus iubet; libellos epistulasque studio erga se aut in Vitellium contumeliis insignes abolet; pecunias distribuit parce nec ut periturus. [2] Mox Salvium Cocceianum fratris filium prima iuventa, trepidum et maerentem ultro solatus est laudando pietatem eius, castigando formidinem: an Vitellium tam immitis animi fore, ut pro incolumi tota domo ne hanc quidem sibi gratiam redderet? Mereri se festinato exitu clementiam victoris; non enim ultima desperatione, sed poscente proelium exercitu remisisse rei publicae novissimum casum. Satis sibi nominis, satis posteris suis nobilitatis quaesitum. Post Iulios Claudios Servios se primum in familiam novam imperium intulisse: proinde erecto animo capesseret vitam, neu patruum sibi Othonem fuisse aut oblivisceretur umquam aut nimium meminisset.
(49) [1] Post quae dimotis omnibus paulum requievit. Atque illum supremas iam curas animo volutantem repens tumultus avertit, nuntiata consternatione ac licentia militum; namque abeuntibus exitium minitabantur, atrocissima in Verginium vi, quem clausa domo obsidebant. Increpitis seditionis auctoribus regressus vacavit abeuntium adloquiis, donec omnes inviolati digrederentur. [2] Vesperascente die sitim haustu gelidae aquae sedavit. Tum adlatis pugionibus, cum utrumque pertemptasset, alterum capiti subdidit. Et explorato iam profectos amicos, noctem quietam, utque adfirmatur, non insomnem egit: luce prima in ferrum pectore incubuit. [3] Ad gemitum morientis ingressi liberti servique et Plotius Firmus praetorii praefectus unum volnus invenere. Funus maturatum; ambitiosis id precibus petierat, ne amputaretur caput ludibrio futurum. Tulere corpus praetoriae cohortes cum laudibus et lacrimis volnus manusque eius exosculantes. [4] Quidam militum iuxta rogum interfecere se, non noxa neque ob metum, sed aemulatione decoris et caritate principis. Ac postea promisce Bedriaci Placentiae aliisque in castris celebratum id genus mortis. Othoni sepulchrum exstructum modicum et mansurum. Hunc vitae finem habuit septimo et tricensimo aetatis anno.

Traduzione(48) [1] Dette queste parole, chiamò a sé ciascuno secondo l'età e il grado, e incitava tutti benevolmente ad andarsene presto, a non inasprire con l'indugio l'ira del vincitore; e persuadeva i giovani coll'autorità, i vecchi colle preghiere, calmo in volto, con voce sicura, frenando le lagrime intempestive dei suoi. Comanda che si diano ai partenti navi e veicoli; distrugge memoriali e lettere dove appariva troppo chiaro il favore verso di lui o l'insulto contro Vitellio; distribuisce denaro, ma con parsimonia, non come uno deciso a morire. [2] Per di più si diede a consolare Salvio Cocceiano, figlio di suo fratello, giovanissimo, che tremava e piangeva, lodandone l'affetto ma rimproverandogli la paura; sarebbe stato Vitellio così crudele d'animo, da non concedergli neppure questa grazia, in cambio dell'incolumità di tutta la sua famiglia? Affrettando a sé la morte, egli si meritava la clemenza del vincitore; aveva infatti risparmiato la rovina estrema allo Stato, non già perché fosse ridotto all'ultima disperazione, ma proprio quando il suo esercito chiedeva di scendere in campo. Assai chiaro nome egli aveva procurato a sé e nobiltà bastante ai suoi discendenti. Dopo i Giulii i Claudii i Servii, egli per primo aveva introdotto la dignità imperiale in una famiglia nuova; affrontasse dunque Salvio la vita con animo coraggioso, e non dimenticasse mai, né ricordasse troppo, d'aver avuto Otone come zio.
(49) [1] Allontanò poi tutti e riposò un poco. E già volgeva nell'animo i pensieri supremi, quando un rumore improvviso lo scosse: e gli venne annunziato che i soldati tumultuavano sfrenatamente, minacciando di morte quelli che partivano. La maggior furia era contro Virginio, assediato nella sua casa sbarrata. Otone rimproverò gli autori della sollevazione; ritornato, ascoltò le parole d'addio dei partenti, finché tutti se ne furono andati sani e salvi. [2] Al tramonto si dissetò con un sorso d'acqua gelata. Poi si fece recare due pugnali: di entrambi provò la punta e se ne pose uno sotto il guanciale. Accertatosi che gli amici ormai erano partiti, passò una notte tranquilla e, a quanto affermano, non insonne: all'alba s'immerse la lama nel petto. [3] I liberti e i servi, attirati nella tenda dai gemiti del morente, e il prefetto del pretorio Plozio Fermo gli trovarono una sola ferita. La cerimonia funebre venne affrettata: egli lo aveva chiesto con insistenti preghiere, ad evitare che gli tagliassero la testa per farne oggetto di scherno. Trasportarono il corpo le coorti pretoriane con elogi e con lagrime, baciandogli la ferita e le mani. [4] Alcuni soldati si uccisero davanti al rogo, non per rimorso né per paura di Vitellio, ma per emulazione di gloria e per amore del principe. E in seguito quella morte fu largamente imitata a Bedriaco, a Piacenza e in altri campi. Venne innalzato ad Otone un sepolcro modesto, ma duraturo. Questa fu la sua fine, nel trentasettesimo anno d'età.

Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 50.2
Testo originaleDie, quo Bedriaci certabatur, avem invisitata specie apud Regium Lepidum celebri luco consedisse incolae memorant, nec deinde coetu hominum aut circumvolitantium alitum territam pulsamve, donec Otho se ipse interficeret; tum ablatam ex oculis: et tempora reputantibus initium finemque miraculi cum Othonis exitu competisse.

TraduzioneGli abitanti del luogo ricordano che nel giorno della battaglia di Bedriaco un uccello d'una specie mai veduta si posò in un bosco sacro assai frequentato nelle vicinanze di Reggio Emilia, e non si lasciò spaventare o cacciar via di là né dall'accorrere di uomini né dagli uccelli svolazzanti intorno, fintantoché Otone si uccise. Allora scomparve: e chi facesse il calcolo del tempo, constaterebbe che l'inizio e il termine del prodigio coincisero con la fine di Otone.

Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 51-52
Testo originale(51) In funere eius novata luctu ac dolore militum se. ditio, nec erat qui coerceret. Ad Verginium versi, modo ut reciperet imperium, nunc ut legatione apud Caecinam ac Valentem fungeretur, minitantes orabant: Verginius per aversam domus partem furtim degressus inrumpentes frustratus est. Earum quae Brixelli egerant cohortium preces Rubrius Gallus tulit, et venia statim impetrata, concedentibus ad victorem per Flavium Sabinum iis copiis, quibus praefuerat.
(52) [1] Posito ubique bello magna pars senatus extremum discrimen adiit, profecta cum Othone ab urbe, dein Mutinae relicta. Illuc adverso de proelio adlatum: sed milites ut falsum rumorem aspernantes, quod infensum Othoni senatum arbitrabantur, custodire sermones, voltum habitumque trahere in deterius; conviciis postremo ac probris causam et initium caedis quaerebant, cum alius insuper metus senatoribus instaret, ne praevalidis iam Vitellii partibus cunctanter excepisse victoriam crederentur. [2] Ita trepidi et utrimque anxii coeunt, nemo privatim expedito consilio, inter multos societate culpae tutior. Onerabat paventium curas ordo Mutinensis arma et pecuniam offerendo, appellabatque patres conscriptos intempestivo honore.
Traduzione

Traduzione(51) Durante il suo funerale si riaccese per il lutto il dolore la rivolta dei soldati; né v'era chi la domasse. Rivoltisi minacciosi a Virginio, ora lo pregavano che assumesse il potere, ora che s'incaricasse di un'ambasciata presso Cecina e Valente. Virginio, uscito di nascosto dalla porta posteriore della sua casa, sfuggì all'irruzione. Le preghiere delle coorti dislocate a Brescello furono portate da Rubrio Gallo, e fu subito ottenuta la grazia, mentre Flavio Sabino consegnò al vincitore le truppe che aveva comandato.
(52) [1] Cessata ovunque la guerra, molti dei senatori, che partiti con Otone da Roma si erano fermati a Modena, corsero rischio di morte. Ivi fu recata la notizia della sconfitta: ma i soldati respinsero quella voce come ingannevole, e credendo il senato ostile a Otone, ne sorvegliavano i discorsi, interpretavano nel peggior modo l'espressione dei volti e il portamento di ognuno; da ultimo, con beffe e insulti cercavano un pretesto per dare inizio alla strage, mentre sui senatori incombeva un altro timore; quello di sembrare troppo esitanti a festeggiare la vittoria di Vitellio, il cui partito ormai prevaleva. [2] Così, smarriti e in preda a duplice ansia, si radunano, senza che nessuno abbia preso per sé una decisione, sentendosi ciascuno più sicuro in mezzo a molti, per la comune partecipazione alla colpa. Aggravava le angosce degli spaventati il senato municipale di Modena con l'offrire armi e denaro, e li chiamava padri coscritti: omaggio del tutto intempestivo.

Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 53-54
Testo originale(53) [1] Notabile iurgium fuit, quo Licinius Caecina Marcellum Eprium ut ambigua disserentem invasit. Nec ceteri sententias aperiebant: sed invisum memoria delationum expositumque ad invidiam Marcelli nomen inritaverat Caecinam, ut novus adhuc et in senatum nuper adscitus magnis inimicitiis claresceret. [2] Moderatione meliorum dirempti. Et rediere omnes Bononiam, rursus consiliaturi; simul medio temporis plures nuntii sperabantur. Bononiae, divisis per itinera qui recentissimum quemque percunctarentur, interrogatus Othonis libertus causam digressus habere se suprema eius mandata respondit; ipsum viventem quidem relictum, sed sola posteritatis cura et abruptis vitae blandimentis. Hinc admiratio et plura interrogandi pudor, atque omnium animi in Vitellium inclinavere.
(54)[1] Intererat consiliis frater eius L. Vitellius segue iam adulantibus offerebat, cum repente Coenus libertus Neronis atroci mendacio universos perculit, adfirmans superventu quartae decimae legionis, iunctis a Brixello viribus, caesos victores, versam partium fortunam. Causa fingendi fuit, ut diplomata Othonis, quae neglegebantur, laetiore nuntio revalescerent. [2] Et Coenus quidem raptim in urbem vectus paucos post dies iussu Vitelli poenas luit: senatorum periculum auctum credentibus Othonianis militibus vera esse quae adferebantur. Intendebat formidinem, quod publici consilii facie discessum Mutina desertaeque partes forent. Nec ultra in commune congressi sibi quisque consuluere, donec missae a Fabio Valente epistulae demerent metum. Et mors Othonis quo laudabilior, eo velocius audita.




Traduzione(53) [1] Degna di nota fu la disputa fra Licinio Cecina e Marcello Eprio, che quegli aggredì, accusandolo di tenere discorsi ambigui. Neppure gli altri dicevano chiaramente la loro opinione: ma il nome di Marcello, odioso per il ricordo delle sue delazioni ed esposto al malvolere, aveva provocato Cecina, ch'era uomo nuovo e accolto recentemente in senato, ad acquistarsi fama mediante clamorose inimicizie. [2] Furono divisi dalla moderazione dei più prudenti. E tutti ritornarono a Bologna per consultarsi di nuovo; intanto si speravano maggiori notizie. A Bologna si distribuirono lungo le varie strade, per interrogare ogni nuovo arrivato; e un liberto di Otone, interrogato sul motivo della sua partenza, rispose che portava le ultime raccomandazioni di lui: che lo aveva lasciato ancor vivo, ma preoccupato unicamente dei posteri e già staccato dalle attrattive della vita. Di qui grande meraviglia e ritegno a chiedere di più; intanto tutti gli animi si volgevano a Vitellio.
(54) [1] Prendeva parte alle deliberazioni un fratello di lui, L. Vitellio, e già si offriva alle adulazioni, quando Ceno, liberto di Nerone, fece tremare tutti con una menzogna terrificante, affermando che per l'arrivo della legione quattordicesima, congiuntasi con le forze provenienti da Brescello, i vincitori erano stati sbaragliati e la sorte dei due partiti si era capovolta. Il motivo della finzione fu di voler rivalutare con una notizia più lieta i salvacondotti di Otone, che cominciavano a non essere più tenuti in conto. [2] Ceno, portatosi velocemente a Roma, dopo pochi giorni pagò il fio della sua colpa per ordine di Vitellio: ma il pericolo dei senatori si aggravò, perché i soldati di Otone credevano alla verità di quelle affermazioni. Accresceva lo spavento un altro fatto: in apparenza essi avevano lasciato Modena e abbandonato il partito di Otone con una deliberazione ufficiale. Senza più riunirsi in adunanza, provvidero ciascuno a se stesso; finché una lettera di Fabio Valente dissipò la paura. E quanto più la morte di Otone era stata degna di lode, tanto più rapida se ne diffondeva la fama.

Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 67.2
Testo originalePrima classicorum legio in Hispaniam missa, ut pace et otio mitesceret, undecima ac septima suis hibernis redditae, tertiadecimani struere amphitheatra iussi; nam Caecina Cremonae, Valens Bononiae spectaculum gladiatorum edere parabant, numquam ita ad curas intento Vitellio. ut voluptatum oblivisceretur.



TraduzioneLa prima legione di marina fu mandata [da Vitellio] in Spagna, a placarsi nella pace e nell'ozio; l'undicesima e la settima furono restituite ai loro alloggiamenti d'inverno, i terzadecumani vennero impegnati nella costruzione di anfiteatri: perché Cecina a Cremona e Valente a Bologna preparavano spettacoli di gladiatori, non essendo Vitellio mai tanto preoccupato da dimenticare i divertimenti.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 71.1
Testo originaleExin Bononiae a Fabio Valente gladiatorum spectaculum editur, advecto ex urbe cultu.

TraduzioneSubito dopo, da Fabio Valente viene offerto uno spettacolo di gladiatori a Bologna, con un apparato fatto venire da Roma.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 100.3
Testo originaleIta adcelerare legiones, Cremonam, pars Hostiliam petere iussae: ipse Ravennam devertit praetexto classem adloquendi: mox Patavii secretum componendae proditionis quaesitum. Namque Lucilius Bassus post praefecturam alae Ravennati simul ac Misenensi classibus a Vitellio praepositus, quod non statim praefecturam praetorii adeptus foret, iniquam iracundiam flagitiosa perfidia ulciscebatur. Nec sciri potest traxeritne Caecinam, an, quod evenit inter malos ut et similes sint, eadem illos pravitas impulerit.



TraduzioneQuindi le legioni ebbero ordine di accelerar la marcia su Cremona, mentre una parte raggiungerebbe Ostiglia: personalmente, egli [Aulo Cecina] deviò verso Ravenna, col pretesto di parlare alla flotta; a Padova poi cercò un recesso appartato per concertare il tradimento. Lucilio Basso infatti, dopo essere stato prefetto di un'ala di cavalleria, aveva ricevuto da Vitellio il comando delle flotte di Ravenna e del Miseno; ma voleva appagare con uno scellerato tradimento la sua ingiusta rabbia per non aver ottenuto subito la prefettura del pretorio. Né si può sapere se egli abbia trascinato Cecina, o se la medesima perversità li abbia spinti entrambi, come avviene che tra malvagi vi sia una naturale rassomiglianza.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneIII, 6.2
Testo originaleSed Primus ac Varus occupata Aquileia in proxima quaeque ac Opitergii et Altini laetis animis accipiuntur. Relictum Altini praesidium adversus classis Ravennatis , nondum defectione eius audita.



TraduzioneIn ogni modo, Primo e Varo [generali di Vespasiano], padroni di Aquileia, per tutte le località più vicine e a Oderzo e ad Altino vengono accolti con gioia. Ad Altino lasciano un presidio, per far fronte ad eventuali tentativi della flotta ravennate, della cui defezione non avevano ancora notizia.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneIII, 12
Testo originale[1] Ne in Vitellii quidem partibus quietae mentes: exitiosiore discordia non suspicionibus volgi, sed perfidia ducum turbabantur. Lucilius Bassus classis Ravennatis praefectus ambiguos militum animos, quod magna pars Dalmatae Pannoniique erant, quae provinciae Vespasiano tenebantur, partibus eius adgregaverat. Nox proditioni electa, ut ceteris ignaris soli in principia defectores coirent. [2] Bassus pudore seu metu, quisnam exitus foret, intra domum opperiebatur. Trierarchi magno tumultu Vitellii imagines invadunt, et paucis resistentium obtruncatis ceterum volgus rerum novarum studio in Vespasianum inclinabat. Tum progressus Lucilius auctorem se palam praebet. [3] Classis Cornelium Fuscum praefectum sibi destinat, qui propere adcucurrit. Bassus honorata custodia Liburnicis navibus Atriam pervectus a praefecto alae Vibennio Rufino praesidium illic agitante vincitur, sed exsoluta statim vincula interventu Hormi Caesaris liberti: is quoque inter duces habebatur.


Traduzione[1] Altrettanto inquieti erano gli animi nel partito di Vitellio, in preda a discordie ancor più funeste, perché dovuti non a sospetti della soldatesca, ma alla slealtà dei comandanti. Lucilio Basso, prefetto della flotta ravennate, aveva attirato verso il partito di Vespasiano le inclinazioni fino allora incerte dei soldati, i quali in gran parte erano di Dalmazia e di Pannonia, province occupate da lui. Fu scelta per il tradimento una notte: i fautori della diserzione dovevano riunirsi in punti di concentramento, a insaputa degli altri. [2] Basso, o per vergogna o per timore d'un insuccesso, attendeva in casa. I trierarchi abbattono con gran tumulto le statue di Vitellio; e, ammazzati i pochi che cercavano di opporsi, tutta la restante moltitudine, per smania di novità, si volgeva in favore di Vespasiano. Allora Lucilio si fa innanzi e si dichiara apertamente autore della sollevazione. [3] La flotta sceglie a prefetto Cornelio Fusco, il quale accorse prontamente. Basso, con guardia d'onore e scorta di navi liburniche, è condotto ad Adria e là imprigionato dal prefetto di cavalleria Vivennio Rufino, che comandava il presidio. Ma gli furono subito sciolti i ceppi per intervento di Ormo, liberto dell'imperatore: anche costui contava tra i capi.
Note69 d.C.

PASSO
LocalizzazioneIII, 36.2
Testo originaleAtque illum in nemore Aricino desidem et marcentem proditio Lucilii Bassi ac defectio classis Ravennatis perculit; nec multo post de Caecina adfertur mixtus gaudio dolor, et descivisse et ab exercitu vinctum.


TraduzioneMa nel bosco di Ariccia, mentre [Vitellio] giaceva inerte a imputridire, venne a scuoterlo il tradimento di Lucilio Basso e la defezione della flotta ravennate: non molto dopo, gli giunse la notizia riguardante Cecina, dolorosa e lieta ad un tempo: quegli aveva tradito, ma ora l'esercito lo teneva in catene.
Note69 d.C.

PASSO
LocalizzazioneIII, 40.1
Testo originaleFabius interim Valens multo ac molli concubinarum spadonumque agmine segnius quam ad bellum incedens, proditam a Lucilio Basso Ravennatem classem pernicibus nuntiis accepit. Et si coeptum iter properasset, nutantem Caecinam praevenire aut ante discrimen pugnae adsequi legiones potuisset; nec deerant qui monerent, ut cum fidissimis per occultos tramites vitata Ravenna Hostiliam Cremonamve pergeret.



TraduzioneFrattanto Fabio Valente, che con un numeroso ed effeminato seguito di concubine e di evirati avanzava troppo lentamente per un'impresa di guerra, apprese da messaggeri veloci che la flotta ravennate era stata consegnata a tradimento da Lucilio Basso. Se avesse accelerato la marcia, avrebbe potuto prevenire Cecina mentre era ancora titubante, o almeno raggiungere le legioni prima della battaglia decisiva; e c'era chi lo esortava a muovere coi più fidi per strade traverse su Ostiglia o su Cremona, evitando Ravenna.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneIII, 41.3
Testo originaleEo metu cohortes Ariminum praemittit, alam tueri terga iubet: ipse paucis, quos adversa non mutaverant, comitantibus flexit in Umbriam atque inde Etruriam, ubi cognito pugnae Cremonensis eventu non ignavum et, si provenisset, atrox consilium iniit, ut arreptis navibus in quamcumque partem Narbonensis provinciae egressus Gallias et exercitus et Germaniae gentes novumque bellum cieret.


TraduzionePer questo timore, Valente manda innanzi le coorti verso Rimini, ai cavalieri comanda di proteggerle alle spalle: egli stesso, con quei pochi che le avversità non avevano mutato, piegò alla volta dell'Umbria e quindi dell'Etruria. Conosciuto ivi l'esito della battaglia di Cremona, concepì un disegno non da vile e che, se fosse riuscito, sarebbe stato terribile: impadronirsi delle navi, sbarcare in qualunque punto della provincia Narbonese e quindi sollevare a nuova guerra le Gallie, gli eserciti e i popoli della Germania.
Note69 d.C.

PASSO
LocalizzazioneIII, 42.1
Testo originaleDigresso Valente trepidos, qui Ariminum tenebant, Cornelius Fuscus admoto exercitu et missis per proxima litorum Liburnicis terra marique circumvenit: occupantur plana Umbriae et qua Picenus ager Hadria adluitur, omnisque Italia inter Vespasianum ac Vitellium Appennini iugis dividebatur.



TraduzioneLa partenza di Valente gettò lo scompiglio fra le truppe che tenevano Rimini; e Cornelio Fusco, il quale aveva condotto lì il suo esercito e distribuito le Liburniche lungo le coste vicine, circondò quella guarnigione dalla terra e dal mare. Vengono occupate le località pianeggianti dell'Umbria e la parte del territorio Piceno bagnata dall'Adriatico; e tutta l'Italia si trovava divisa tra Vespasiano e Vitellio dalla catena dell'Appennino.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneIII, 50.1 e 3
Testo originale [1] Ceterum propinqua hieme et umentibus Pado campis expeditum agmen incedere. (...) [3] Ad has copias e classicis Ravennatibus legionariam militiam poscentibus optumus quisque adsciti: classem Dalmatae supplevere.




Traduzione[1] In ogni modo, poiché l'inverno si avvicinava e la pianura era allagata dal Po, la schiera [di Vespasiano] si mise in marcia senza salmerie. (...) [3] A queste forze vennero aggregati i migliori marinai della flotta ravennate, che chiedevano di servire nelle legioni; i vuoti nella flotta vennero colmati dai Dalmati.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneIII, 52.1
Testo originaleAntonio ducibusque partium praemitti equites omnemque Umbriam explorari placuit, si qua Appennini iuga clementius adirentur; adciri aquilas signaque et quidquid Veronae militum foret, Padumque et mare commeatibus compleri.


TraduzioneAntonio e i capi del partito decisero di mandare avanti la cavalleria e di esplorare tutta l'Umbria, per il caso che in qualche punto si potesse varcare l'Appennino un po' più agevolmente; si richiamarono inoltre le aquile e le insegne e quanto v'era di soldati a Verona, e il Po e il mare si riempirono di convogli.
Note69 d.C.
PASSO
LocalizzazioneIII, 57.1
Testo originaleSed classem Misenensem (tantum civilibus discordiis etiam singulorum audacia valet) Claudius Faventinus centurio per ignominiam a Galba dimissus ad defectionem traxit, fictis Vespasiani epistulis pretium proditionis ostentans. Praeerat classi Claudius Apollinaris, neque fidei constans neque strenuus in perfidia; et Apinius Tiro praetura functus ac tum forte Minturnis agens ducem se defectoribus obtulit. A quibus municipia coloniaeque impulsae, praecipuo Puteolanorum in Vespasianum studio, contra Capua Vitellio fida, municipalem aemulationem bellis civilibus miscebant.
TraduzioneMa la flotta del Miseno (tanta forza ha nelle lotte civili l'audacia, anche dei singoli) fu indotta a defezionare dal centurione Claudio Faventino, licenziato con infamia da Galba; costui mostrava alla flotta, con lettere false di Vespasiano, il prezzo del tradimento. La comandava Claudio Apollinare, né costante nella lealtà, né risoluto nella perfidia; e Apinio Tirone, già pretore, allora per caso a Minturno, si offrì come capo ai disertori. Questi trascinarono i municipi e le colonie; particolare slancio verso Vespasiano dimostrò Pozzuoli, mentre Capua rimaneva fedele a Vitellio: così alla guerra civile queste città mescolavano rivalità locali.



Note69 d.C.; non è certo che il centurione Claudio Faventino fosse di Faenza: potrebbe semplicemente portare un cognome beneaugurante.
COMPILAZIONE
COMPILAZIONE
Data2011
NomeAssorati G.
AGGIORNAMENTO – REVISIONE
Data2021
NomeParisini S.

ultima modifica: 18/01/2021
fonte

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