FONTE
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AutoreTacito
Titolo operaAnnales (Ab excessu divi Augusti)
Anno110/120 ca. d.C.
Periodoetà degli imeratori adottivi
EpocaAlto Imperiale
Noteed.: A. Arici (a cura di), Annali, Torino 1969 (trad. del curatore).
PASSO
LocalizzazioneI, 58.6
Testo originaleArminii uxor virilis sexus stirpem edidit: educatus Ravennae puer quo mox ludibrio conflictatus sit, in tempore memorabo.
TraduzioneLa moglie di Arminio diede alla luce un rampollo di sesso maschile, che fu educato, da fanciullo, a Ravenna. Narrerò a suo tempo a quali travagliose vicende lo abbia esposto lo scherno della sorte.
Note15 d.C.
PASSO
LocalizzazioneII, 63.1-4
Testo originale[1] Maroboduo undique deserto non aliud subsidium quam misericordia Caesaris fuit. Transgressus Danuvium qua Noricam provinciam praefluit, scripsit Tiberio non ut profugus aut supplex, sed ex memoria prioris fortunae: nam multis nationibus clarissimum quondam regem ad se vocantibus Romanam amicitiam praetulisse. [2] Responsum a Caesare tutam ei honoratamque sedem in Italia fore, si maneret; sin rebus eius aliud conduceret, abiturum fide qua venisset. [3] Ceterum apud senatum disseruit non Philippum Atheniensibus, non Pyrrhum aut Antiochum populo Romano perinde metuendos fuisse. Extat oratio, qua magnitudinem viri, violentiam subiectarum ei gentium et quam propinquus Italiae hostis, suaque in destruendo eo consilia extulit. [4] Et Maroboduus quidem Ravennae habitus, [ne] si quando insolescerent Suebi, quasi reditus in regnum ostentabatur; sed non excessit Italia per duodeviginti annos consenuitque multum imminuta claritate ob nimiam vivendi cupidinem.
Traduzione[1] A Maroboduo, abbandonato da tutti, non rimase altra risorsa che la misericordia di Cesare. Passato il Danubio là dove attraversa la provincia del Norico, scrisse a Tiberio non come fuggitivo e supplice, ma come uomo che non aveva dimenticato la fortuna di un tempo: ricordava infatti di aver preferito l'amicizia di Roma a quella di molti popoli, che cercavano di attirare a sé un re allora famosissimo. [2] Cesare rispose che avrebbe trovato residenza sicura ed onorevole in Italia, se gli piacesse dimorarvi; se poi altro convenisse ai suoi interessi, potrebbe andarsene con la stessa fiducia con la quale era venuto. [3] Però disse in senato che né Filippo per gli Ateniesi né Pirro o Antioco per il popolo romano erano stati altrettanto temibili. Si conserva tuttora il discorso, col quale egli mise in rilievo la potenza di quell'uomo, la ferocia dei popoli a lui soggetti; e che nemico pericoloso fosse stato, così vicino all'Italia, e quali misure egli avesse adottato per abbatterlo. [4] Comunque, Maroboduo fu ospitato a Ravenna; e se talvolta gli Svevi diventavano prepotenti, si minacciava loro di rimetterlo sul trono. In realtà, per diciotto anni non si allontanò più dall'Italia, e quando raggiunse la vecchiaia la sua fama si era oscurata molto, per avere egli amato troppo la vita.
Note19 e 36/37 (morte) d.C.
PASSO
LocalizzazioneIV, 5.1
Testo originaleItaliam utroque mari duae classes, Misenum apud et Ravennam, proximumque Galliae litus rostratae naves praesidebant. Quas Actiaca victoria captas Augustus in oppidum Foroiuliense miserat valido cum remige. Sed praecipuum robur Rhenum iuxta, commune in Germanos Gallosque subsidium, octo legiones erant. Hispaniae recens perdomitae tribus habebantur.
TraduzioneDue flotte, una a Miseno e l'altra a Ravenna, proteggevano l'Italia sull'uno e sull'altro mare; e le navi da guerra delle quali Augusto si era impadronito con la vittoria di Azio, mandate nel porto Forogiuliese [Frejus] con un forte equipaggio, vigilavano la parte più vicina delle Gallie. Ma la forza principale era costituita dalle otto legioni sul Reno, baluardo contro i Galli e insieme contro i Germani. Le Spagne, sottomesse di recente, erano occupate da tre legioni.
Note23 d.C.
PASSO
LocalizzazioneIV, 29.1-2
Testo originale[1] Tum accusator Cn. Lentulum et Seium Tuberonem nominat, magno pudore Caesaris, cum primores civitatis, intimi ipsius amici, Lentulus senectutis extremae, Tubero defecto corpore, tumultus hostilis et turbandae rei publicae accerserentur. Sed hi quidem statim exempti: in patrem ex servis quaesitum, et quaestio adversa accusatori fuit. [2] Qui scelere vecors, simul vulgi rumore territus, robur et saxum aut parricidarum poenas minitantium, cessit urbe. Ac retractus Ravenna exsequi accusationem adigitur, non occultante Tiberio vetus odium adversum exulem Serenum.
Traduzione[1] Allora l'accusatore nominò Gn. Lentulo e Seio Tuberone, con gran vergogna di Cesare, poiché due tra i personaggi autorevoli in Roma, intimi amici suoi, Lentulo vecchissimo e Tuberone malaticcio, erano incolpati di aver provocato tumulti ostili e sconvolto lo Stato. Ma essi furono scagionati subito; contro il padre [Vibio Sereno senior] si interrogarono i servi, ed il risultato fu sfavorevole all'accusatore [Vibio Sereno iunior]; [2] Il quale, quasi impazzito per il rimorso e spaventato dalle vociferazioni del popolo, che gli minacciava il carcere Tulliano e la rupe Tarpea o il supplizio dei parricidi, fuggì dalla città. Fatto ritornare da Ravenna, fu costretto ad insistere nell'accusa: ché Tiberio non nascondeva il suo antico astio contro l'esule Sereno.
Note24 d.C.
PASSO
LocalizzazioneXII, 58.2
Testo originaleEodem oratore Bononiensi coloniae igni haustae subventum centies sestertii largitione.


TraduzioneSempre col suo patrocinio [di Nerone], fu concessa una sovvenzione di dieci milioni di sesterzi alla colonia di Bologna, devastata da un incendio.
Note53 d.C.
PASSO
LocalizzazioneXIII, 30.1
Testo originaleDamnatus isdem consulibus Vipsanius Laenas ob Sardiniam provinciam avare habitam; absolutus Cestius Proculus repetundarum Cretensibus accusantibus. Clodius Quirinalis, quod praefectus remigum, qui Ravennae haberentur, velut infimam nationum Italiam luxuria saevitiaque adflictavisset, veneno damnationem anteiit.
TraduzioneSotto i medesimi consoli fu condannato Vipsanio Lena per atti di rapacità commessi nel governo della Sardegna. Fu assolto Cestio Proculo, accusato di concussione dai Cretesi. Clodio Quirinale, comandante della flotta di stanza a Ravenna, reo di avere angariato colla sua tracotanza e crudeltà l'Italia, quasi fosse l'ultima delle nazioni, prevenne la condanna avvelenandosi.
Note56 d.C.
PASSO
LocalizzazioneXV, 47.2
Testo originaleEt in agro Placentino viam propter natus vitulus, cui caput ir crure esset; secutaque haruspicum interpretatio, parari rerum humanarum aliud caput, sed non fore validum neque occultum, quia in utero repressum ac iter iuxta editum sit.



TraduzioneE nel territorio di Piacenza nacque sulla strada un vitello che aveva la testa in una gamba: l'interpretazione degli aruspici fu che si preparava al mondo un nuovo capo, ma che non sarebbe stato vitale, perché soffocato già nel ventre materno, né occulto, perché partorito sulla strada.
Note65 d.C.
COMPILAZIONE
COMPILAZIONE
Data2011
NomeAssorati G.
AGGIORNAMENTO – REVISIONE
Data2021
NomeParisini S.

ultima modifica: 18/01/2021
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