Edificio per uffici della Cooperativa Rescoop (oggi ITER)
strada Provinciale per Cotignola
Lugo (RA)
Lenci Sergio progetto
1927/ 2001

Buscaroni Dante (progetto)
Moretti C. (progetto)


Notizie storiche: progetto e costruzione
La Sede Operativa e Amministrativa di ITER, inaugurata l'8 ottobre 1976, trova la sua collocazione a Lugo, lungo la via provinciale per Cotignola. La costruzione avviene in seguito all'istituzione della Cooperativa RESCOOP, nata dalla fusione delle cooperative edili locali per dar vita ad una nuova impresa cooperativa di rilievo nazionale. Con l’unificazione della RESCOOP e CRC di Mezzano, l'edificio diventa sede dell'odierna Cooperativa ITER (Cooperativa Ravennate Interventi sul Territorio). Nel 1975 la progettazione della sede per tale ente viene affidata all'architetto Sergio Lenci in collaborazione con il geometra Dante Buscaroli, coinvolto in quanto all'epoca, socio della RESCOOP e responsabile dell'Ufficio Calcoli e Progetti della stessa.
Il progetto prende le mosse dalla volontà di applicare i sistemi costruttivi più innovative ad una ricerca, tipica del periodo, anche in chiave architettonica, perseguendo l’integrazione e la razionalizzazione del componente tecnologico e dell’elemento compositivo. «Questo edificio può essere assunto come un esperimento progettuale: esso infatti, così come risponde ad alcune studiate esigenze per un ufficio cooperativo che vuole qualificare l'ambiente di lavoro, dimostra come sia possibile rispondere alle esigenze che (non molto dissimili) sono oggi peculiari degli edifici scolastici, dei centri sociali e culturali, dei centri commerciali ecc. (...) Per dare un'idea della rapidità di esecuzione e quindi della riduzione dei costi, basta dire che la struttura rustica è stata costruita in 45 giorni e tutto l'edificio completato in dieci mesi. » (L’Architettura cronache e storia, n. 274).
Il complesso si pone all'interno dell'area industriale di Lugo, orientato in modo che l'asse maggiore sia perpendicolare alla strada principale, ed è costituito da tre grandi volumi collegati tra loro tramite un ampio corridoio illuminato da lucernari su cui si apre l'ingresso principale, anch'esso posizionato sull'asse generatore del progetto.
La galleria vetrata, visibile in copertura, separa e definisce i primi due blocchi, mentre il terzo, posizionato più a sud e costruito successivamente, accoglie l'Auditorium, “tagliato” trasversalmente dalla parete obliqua che caratterizza fortemente l'edifici e orienta la direzionalità della strada interna.
La composizione segue una conformazione asimmetrica, il cui impianto irregolare si compone di volumi puri scavati unicamente in prossimità degli ingressi, punti nei quali le pareti si ritraggono dal filo esterno della facciata per creare grandi varchi che enfatizzano la loro posizione. I volumi che costituiscono gli edifici per uffici sono caratterizzati dalla presenza di pareti inclinate, non rettilinee in pianta e non perpendicolari al terreno. Altro elemento che caratterizza i fronti è il disegno delle finestrature, diverse a seconda della facciata e a volte anche all’interno della stessa. Tale varietà produce un repertorio formale che prevede l’uso di piccoli oblò circolari, infissi rettangolari, grandi vetrate, pareti vetrate inclinate, finestre a nastro e bucature ad angolo di varie dimensioni.
Da ultimo l’edificio si caratterizza per la comparsa di uno spigolo estremamente acuto che definisce l'ingresso dell'auditorium, sul quale la copertura si allunga a formare una “punta” che trova appoggio su un largo setto in calcestruzzo armato e una monumentale colonna intonacata di rosso. Una copertura piana termina la costruzione rafforzandone l'orizzontalità pur presentando scarti di altezza tra i diversi vani che contengono le strutture.
Il sistema tecnologico adottato è il “Coffrage tunnel”, metodo che prevede l'utilizzo di casseforme metalliche dotate di un meccanismo per l'assemblaggio e lo scorrimento, tale da consentire di approntare intelaiature di CLS armato anche a luci variabili e pareti sottili perfettamente solidali tra loro.
Il disegno che definisce i vani interni e gli sbalzi è quindi volto a costituire un continuum spaziale, necessità ritenuta dall'architetto stesso fondamentale per gli edifici per servizi, in quanto la flessibilità d'uso, così come la possibilità di partecipazione dell'edificio alla vita collettiva, sono entrambi considerati caratteristiche necessarie al valore “pubblico” di questo genere di edifici.
Come sottolinea Ludovico Quaroni «i segni hanno sempre un'origine razionale, anche perché mirano a coinvolgere ogni fenomeno visivo nel gioco delle strutture (…) di conseguenza, dominano gli accenti brutalisti nella franca collisione tra episodi eterogenei, il che non preclude estrapolazioni di sapore metafisico». (L’Espresso n.45, 1976)
Il progetto consiste in una profonda negazione della concezione standardizzata del “blocco per uffici” impostato su un corridoio di distribuzione. Nell'opera lo spazio interno è invece organizzate in fasce parallele che restano aperte, permettendo al vuoto di costituirsi come “spazio globale” che si rivolge anche verso l'esterno tramite la trasparenza delle numerose vetrate. Gli ambienti di lavoro non sono divisi secondo la separazione delle singole mansioni, poiché l'architetto ha esplicitamente cercato di eliminare ogni genere di compartimentazione all'interno degli uffici stessi, con l'obiettivo di creare un ambiente che favorisse la cooperazione e non la settorializzazione degli impiegati.



fonte: Architetture del secondo Novecento - Mibact - Matteo Sintini, Valentina Gili

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