Casa Sassi
via San Biagio Antico 20
Faenza (RA)
Monti Filippo progetto
1928/ 2015



Notizie storiche: biografia
A Faenza dove nasce e trascorre la sua infanzia, segnata dall’esperienza della guerra, Monti si diploma all’Istituto tecnico per Geometri nel 1947. Si iscrive alla facoltà di Architettura all’università di Firenze dove nel ’54 si laurea con una tesi che ha per tema un velodromo coperto da tensostrutture, che sarà utlizzato per costruire il velodromo olimpico di Roma 1960. Tornato a Faenza, dal ’54 al ’59 insegna alla scuola d’Arti e Mestieri, poi scuola di Disegno. Nella città natale sviluppa la sua ricerca e il suo modello architettonico, frequenta i cenacoli artistici, collabora con diversi studi professionali e realizza progetti ed installazioni in città, in provincia e in regione. Dal ’60 al ’63 firma le sue prime
opere (casa Alberghi Grossi, casa Rovelli, l’asilo materno di Granarolo Faentino); nel periodo ’64-’71 sviluppa le sue qualità plastiche e realizza diverse opere, tra cui il complesso residenziale S. Margherita a Faenza, all’interno dell’Orto Bertoni, e il night club Woodpeckwer di Milano Marittima, la sua abitazione e casa Porisini, a Faenza. Dal ’72 all’80 ritorna ad una architetturameno plastica, connotata dalla semplicità geometrica, che gli permetterà di realizzare il complesso residenziale di via Ferrari, ma anche casa Sassi e le case ad appartamenti Le Terrazze a Faenza.
Tra l’81 e l’85 le sue idee innovative non gli consentono di ricevere molte committenze private, trale quali va comunque segnalata la costruzione degli uffici della Ciba Leasing nella zona industriale di Faenza; dall’86 al ’95, al contrario, realizza non poche committenze pubbliche (dal palazzo delle Poste e Telegrafi di Faenza alla ristrutturazione della Camera di Commercio di Ravenna, fino al nuovo palazzo delle Esposizioni manfredo), connotate da una grande attenzione non solo alle strutture, ma ai dettagli. Dal 2005 ritornano le committenze locali a Faenza, come casa Boscherini, casa Gargiulo e la ristrutturazione di casa D’Atri.
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Dall’amicizia tra lo scultore ceramista Ivo Sassi e l’architetto Filippo Monti, nasce la realizzazione della casa-museo che l’artista edifica per sé stesso sulle colline faentine.
Su un terreno coltivato in precedenza a grano, lo scultore intende l’abitazione come un luogo aperto in relazione con la natura; in tal senso, le numerose essenze arboree piantumate sul posto, tra cui un centinaio di ulivi, sono da considerarsi parte integrante della realizzazione della casa, così come la studiata disposizione delle sculture nel giardino stesso, terzo elemento di una “composizione“ complessiva che si avvale della natura (anche quella circostante apprezzabile dalla collina), della scultura e dell’architettura.
L’edificio è composto utilizzando una sola figura in pianta definibile da una forma romboidale, ripetuta in due file slittate, di cinque (per la zona giorno) e quattro (per la zona notte) moduli, a contatto l’uno con l’altro per una porzione del lato. Il tutto produce un’accentuata componente diagonale dell’intero impianto come del singolo modulo, che accentua la caratteristica principale dell’abitazione: quella di creare un flusso continuo esterno-interno e interno-interno e un dinamismo dei percorsi esperibile in tutte le parti della casa.
La trame delle losanghe che definiscono la pianta, è interrotta in un punto creando un giardino interno, che insieme al portico di ingresso e a quello posteriore, contribuisce a definire secondo maggiori complessità il rapporto degli spazi, tra dentro e fuori, tra natura e artificio.
La costruzione si basa su un’essenzialità costruttiva debitrice della lezione miesiana perseguita senza imitazioni, che ben si associa alla regolarità dell’organizzazione in pianta. La casa è posta su un basso basamento che regola le irregolarità del terreno. Non si operano lavori di sbancamento ne di livellamento del suolo, l’abitazione si “appoggia” sul terreno così com’è, assorbendo i vari dislivelli all’interno, mediante pochi gradini. La struttura è in cemento per le parti verticali realizzate come pilastri cilindrici dalla contenuta sezione e metallica per il solaio piano, di cui si lascia a vista l’orditura dei profili delle travi, chiusi da una scossalina metallica che costituisce il coronamento superiore della casa.
La casa si configura pertanto come un rifugio, completamente aperto alla natura sul lato degli spazi giorno e privato, nella parte notte.
I tamponamenti sono interamente vetrati nel soggiorno, oscurabili solamente da una tenda, e in laterizio, dalle diverse trame, per quella notte. I mattoni sono orditi utilizzando un solo formato disposto di costa con giunti allineati nelle superficie più estese, mentre gli spigoli sono marcati dal mattone disposto di piatto orizzontale con la faccia traforata in vista, motivo utilizzato anche in certe parti della pavimentazione esterna che dialoga con il cotto che riveste, ad esempio, la superficie del portico. Ancora, la parete della camera da letto padronale accanto al pergolato posteriore, è trattata con un grigliato in laterizio con funzione di frangisole che fornisce un’ulteriore declinazione della variazione sul tema del rivestimento in laterizio.



fonte: Architetture del secondo Novecento - Mibact - Matteo Sintini