Complesso residenziale Santa Margherita
via Firenze 75-77
Faenza (RA)
Monti Filippo progetto
1928/ 2015



Notizie storiche: progetto e costruzione
Il complesso residenziale di Santa Margherita rappresenta un passaggio fondamentale della vicenda professionale ed artistica di Filippo Monti, in cui ha modo di sperimentare concretamente l’idea estetica, condivisa con l’amico e maestro Domenico Matteucci, di un’unità percettiva ottenuta attraverso la valorizzazione di essenziali aspetti formali, in contrasto ed equilibrio tra loro.
Su un’area lasciata intatta alla periferia della città di Faenza, caratterizzata da edifici sparsi in ampie porzioni di aree verdi, l’architetto realizza un complesso abitativo, solo in parte costruito, in cui l’immagine del nucleo residenziale è composto da un dialogo di forme in contrasto con quelle urbane consolidate, un tassello di anti-città utopica, governata da logiche autonome e autoreferenziali.
La condizione di “vuoto” che caratterizza il luogo, è quanto Monti utilizza per fondare il progetto delle nuove residenze, organizzate planimetricamente secondo un principio di ricomposizione di frammenti. Le abitazioni sembrano sparse in un grande parco a cui si accede da tutti i blocchi, collegati tra loro da percorsi realizzati in lastre di pietra. Il tutto è fluido e permeabile, favorito dall’assenza di recinzioni tra un corpo e l’altro. Il movimento dei percorsi di attraversamento asseconda il dinamismo della composizione.
Le forme che definiscono le piante, sono in generale tutte riconducibili a figure semplici e riconoscibili geometricamente, come il cilindro, il parallelepipedo, poste alla stessa distanza e caratterizzate dalla stessa altezza di un solo piano fuori terra. Ciò consente, pur nell’estraneità formale del complesso, di adattarlo alle caratteristiche del luogo, dominato dalla dimensione orizzontale e dall’ampia visuale non interrotta da emergenze costruite o naturali. Pur perseguendo una chiara volontà di varietà, le comuni regole di dimensionamento che regolano i rapporti tra un corpo e l’altro contribuiscono a trasmettere un’idea di uniformità nella diversità. I vari “episodi” sono tenuti insieme da principi che Monti desume dallo studio della pittura italiana secentesca, basati sui tracciati diagonali e sull’equilibrio delle forme rispetto al vuoto centrale, come indica anche B. Zevi nelle sue linee guida per l’architettura organica. Lo spazio tra i volumi è dominato da una gioiosa semplicità, da una dimensione quotidiana data dal gioco delle forme, controllate e misurate alla scala del paesaggio e dell’uomo su cui agiscono come schermi, gli effetti di luce e ombra, filtrati dai rami e dalle foglie degli alberi.
Tutto questo potenziato dall’integrazione del cromatismo come elemento partecipante di questa volontà espressiva. Monti utilizza diversi materiali come il marmo, la pietra, il calcestruzzo e il laterizio, che dialogano con le piante; tutto partecipa a realizzare la stessa unità compositiva di misura e di scala. Il verde contrasta con i colori caldi che variano dal giallo di Siena al bardiglio Imperiale; compaiono inoltre i colori puri come il verde della serpentina di Prato e il bianco del marmo di Carrara.




fonte: Architetture del secondo Novecento - Mibact - Matteo Sintini, Ilaria Cattabriga