Quartiere Trieste INA-Casa
via Gulli, piazza Medaglie d'Oro
Ravenna (RA)
Gandolfi Giovanni progetto
1915/ 2004

Cavani Guido (progetto)
Arnaboldi Renzo (progetto)
Giubilei Leo (progetto)
Bozzato Giorgio (progetto)
Calanchi Rinaldo (progetto)
Montini Pietro (progetto)
Orlandi Massimo (progetto)


Notizie storiche: piano di edilizia popolare
La stagione INA Casa nasce nel 1949 in virtù della Legge 43, con cui si approva il “Progetto di legge per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per i lavoratori “, fortemente voluta dall’allora Ministro del Lavoro Amintore Fanfani. Il Piano Incremento Occupazione Operaia Case per Lavoratori, detto comunemente Piano Fanfani, viene attuato in due settenni consecutivi ed individua nell’edilizia un ruolo fondamentale per la ricostruzione del Paese, assicurando nello stesso tempo l’impiego di grandi masse operaie. Così, mentre si soddisfa la forte domanda abitativa scaturita durante e dopo il periodo bellico appena trascorso, si fa fronte al grave problema della disoccupazione. Lo stesso Fanfani riconosce nel settore edilizio un efficace propulsore dell’intero sistema economico, in grado inoltre di asorbire la mano d’opera non qualificata nel passaggio dall’agricoltura all’industria.L’INA Casa è costituito presso INA, l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, ed è composto da due organi fondamentali: il Comitato di attuazione, con poteri deliberativi e a contatto diretto con il Ministro del Lavoro; la Gestione INA Casa, che sovrintende gli aspetti tecnici e della progettazione. Al termine del secondo settennio, nel 1963, la Gestione INA Casa viene soppressa, ed è istituita la GESCAL, Gestione case per lavoratori; il patrimonio INA Casa viene liquidato e confluisce agli Istituti Autonomi Case Popolari competenti per territorio.
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Il quartiere “Trieste” di Ravenna rappresenta un’esperienza tipica dell’edilizia del Piano INA-Casa. La sperimentazione prevede l'equilibrata combinazione di elementi in muratura e calcestruzzo armato, mirata a realizzare l'edificio interamente in opera con procedimenti artigianali, rispondendo alla finalità occupazionale della legge che prevedeva di evitare la prefabbricazione. L'appello a costruire in modo tradizionale è accolto mantenendo il modo di costruire disponibile in Italia in quegli anni, evitando innovazioni, mettendo a nudo il sistema costruttivo moderno in facciate semplici ma articolate, rese familiari talvolta da logge e coperture a falde.
Anche da un punto di vista urbanistico l'intervento non si differenzia dalle realizzazioni del piano, presentandosi come un'eccezione al resto del costruito, che denuncia indirettamente l'inattuabilità di una pianificazione organica dello sviluppo urbano in quegli anni.
Si prefigura infatti come nucleo abitativo autosufficiente, in cui forme e volumi si articolano combinando schiere e torri dando vita a ripetizioni con diverse varianti.
Gandolfi, di provenienza romana, molto attivo nella progettazione dei quartieri Ina-Casa, partecipa in qualità di capogruppo alla progettazione del “Trieste”, occupandosi in particolare della parte di progetto disposto su via Lanciani, avvalendosi della collaborazione di Arnaboldi, Giubilei, Cavani, Bozzato, Calanchini, Montini e Ornaldi per la progettazione delle aree restanti. Si tratta di un quartiere realizzato soltanto in parte rispetto al progetto iniziale, posto a continuazione del preesistente isolato in cui sorge un nucleo abitativo anch’esso realizzato nel corso del I° Settennio Ina-Casa e ad esso collegato tramite via T. Gulli. Il disegno del quartiere si definisce intorno al tracciato di nuovi assi viari, portati il più possibile al limitare dell'insediamento, in modo da ridurre a un'unica via l'interruzione carrabile dell'area pedonale. Una piazza di ampie dimensioni sorge al centro dell'intervento, del tutto esclusa dal traffico e pensata per servire i poli d'interesse più importanti alla collettività. Attorno a questo spazio pubblico centrale, esclusivamente pedonale, si diramano i luoghi pubblici di aggregazione, quali la Chiesa, il cinema, il centro sociale e un complesso di negozi. La piazza si apre esattamente sul percorso pedonale che collega da un estremo all'altro l'insediamento.
I blocchi edilizi sono caratterizzati da strutture portanti in calcestruzzo armato con rivestimento delle pareti esterne in mattone faccia a vista, che si interrompe in prossimità dei porticati al piano terra e dei cordoli marcapiano, a conferire varietà alle facciate. Tutte le bucature sono realizzate con infissi in ferro standardizzati, utilizzati in tutti gli edifici del quartiere. Internamente, gli appartamenti sono ridotti a pochi tipi, ripetuti secondo diversi orientamenti all'interno dell'area.



fonte: Architetture del secondo Novecento - Mibact - Matteo Sintini, Valentina Gili

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