I.P.S.S.C.T. Pietro Giordani
via Toscana 7, 10
Parma (PR)

Dardi Costantino (progetto)


Notizie storiche: progetto e costruzione
La realizzazione della nuova sede dell’Istituto Giordani è legata alla stagione che seguì il terremoto del 1983; avvenimento che avviò la presa di coscienza della città dell’insufficienza della propria infrastruttura scolastica superiore. Della stagione è organico anche il progetto di Guido Canella per l’Istituto Bodoni (vedi) e quello non eseguito di Gabetti e Isola per l’ampliamento dell’Istituto Tecnico sul retro del Teatro Due.
Nel 1985 l’amministrazione comunale conferì a Costantino Dardi l’incarico per il progetto di un plesso scolastico situato all’interno del Piano Particolareggiato della zona tra l’ex Eridania e via Mantova.
La proposta originaria dell’architetto friulano affrontava in modo unitario e inscindibile, all’interno di sistema di grandi maglie quadrate, il disegno di un nuovo parco urbano e la definizione tipologia dell’edificio educativo. Tra le regolari trame piantumate del parco si concretizzano con lineare continuità i compatti volumi dell’edificio scolastico.
L’uno in prosecuzione dell’altro; la natura in prosecuzione della città, e viceversa, ai margini confusi della prima, storica, periferia produttiva di Parma. Dal gioco di cinematografiche “dissolvenze incrociate” emergono gli elementi identitari con cui il progetto trova naturale ambientamento nel paesaggio e nella storia del territorio padano e della struttura architettonica della città di Parma. Se il primo è determinato da una campagna ordinata dalla rigida centuriazione romana, la quale si disperde in vasti orizzonti segnati da piantumazioni ordinate, la maglia urbana parmigiana è un sistema compatto in cui emergono forti volumetrie, quasi solidi geometrici puri, che fungono da cerniere tra i percorsi. Questi sono episodi monumentali che entrano in rapporto dialettico trasversalmente nella storia, in modo che l’alto prisma ottagono del duecentesco Battistero antelamico trova risconto nella radicale geometricità delle architetture civili della Parma sette-ottocentesca. Dardi assorbe e rielabora in una sua personale lettura l’ambiente fisico e storico. Evocando la “cultura francese egemone nel Ducato” colloca metafisicamente tre solidi geometrici puri, che richiamano le architetture illuministe degli architetti francesi della rivoluzione (Boulleé e Ledoux). Un cubo avrebbe ospitato la biblioteca e gli uffici, una semisfera la caffetteria e una serra, una piramide la grande sala polivalente.
Come troppo spesso accade i propositi progettuali si scontrano con le esigenze della concretezza amministrativa che impone tagli e modifiche ai progetti. In questo caso il plesso scolastico, ridimensionato e privato dei volumi puri, viene realizzato indipendentemente dal parco attrezzato, il quale troverà solo dopo un decennio una definizione formale del tutto diversa da quella prospettata da Dardi, entrando in contraddizione con il processo compositivo originario su cui si basa l’edificio scolastico.
La scuola, nella fase progettuale volta alla realizzazione, viene sostanzialmente ribaltata lungo l’asse segnato da un percorso porticato e privata dei solidi geometrici lungo via Lazio. Inoltre uno dei bracci che accoglie le aule viene ridimensionato, interrompendolo in corrispondenza dello stesso porticato. Confrontando l’architettura realizzata con le belle planimetrie pubblicate non è certamente possibile cogliere di prima impressione gli elementi comuni e le corrispondenze. Permangono le lunghe scalinate mediante le quali si definiscono i volumi dei bracci delle aule. Queste sono gli elementi caratterizzanti l’edificio realizzato; evocano alla memoria lunghe scalinate in linea di antiche architetture, per rituali celebrativi, sacri e profani. Qui diventano scena di una celebrazione del quotidiano.
Tipologicamente il complesso realizzato è organizzato in due corpi lineari, con andamento nord-sud, collegati reciprocamente da un leggero portico che li “tronca” sul fronte meridionale. Originariamente l’elemento di collegamento era previsto su due livelli e doveva garantire le possibilità di flessibilità di uso dei diversi ambienti nel corso della giornata, e garantendo l’autonomia funzionale di alcune parti.
I bracci più sottili su due piani ospitano le aule solo su un lato, quello esterno; verso l’interno alcuni volumi cilindrici contengono i sevizi igienici. Tra i due corpi lineari si dispongono a ponte le ampie aule speciali, precedute dai laboratori tecnici; anch’essi definiti da murature cilindriche. Vengono così a definirsi due patii sistemati a verde su cui si affacciano i lunghi corridoi dai quali si percepisce quindi un lato lineare, dove si aprono le aule; e l’altro movimentato da murature curve alternate dalle finestre sui giardini interni.
Al termine dei corridoi del piano terra si giunge al porticato che connette al volume cubico degli uffici, unica rielaborazione della prima proposta progettuale, e al sordo volume della palestra, realizzata solo successivamente.
Certamente la soluzione architettonica ha subito un impoverimento rispetto alla soluzione originaria; ma alcuni elementi chiave, come l’utilizzo del rosso laterizio padano e le lunghe scalinate sul fronte d’ingresso consentono di intuire la volontà di ambientamento in campagna e l’esigenza di essere usata dalla città della quale è comunque parte.



fonte: Stefano Negri - Mibact - Architetture del secondo '900