Fondazione Livio e Maria Garzanti
corso della Repubblica 117
Forlì (FC)

Studio Ponti Fornaroli Rosselli (progetto)
Bosisio Pietro Giulio (progetto)


Notizie storiche: progetto e costruzione
L’edificio voluto dall’editore Aldo Garzanti e dedicato ai propri genitori: Aldo e Livia Garzanti, intende dotare la città di Forlì di un centro di ospitalità per letterati e artisti, capace anche, nel contesto della ripresa dell’immediato Secondo Dopoguerra, di costituire una risorsa economica sotto l’impulso per la Fondazione stessa.
L’amministrazione cede gratuitamente a Garzanti il terreno di corso Della Repubblica, sull’asse viario principale della città realizzato a seguito del piano regolatore per il centro storico di Luigi Donzelli, approvato il 18 giugno 1931.
Il complesso si articola in due corpi principali di diversa pianta e altezza: un edificio alto in cui per quasi cinquant’anni sono stati accolti gli ospiti della Fondazione e un volume di tre piani adibito ad albergo.
La volontà dei progettisti è quella di creare un organismo architettonico da cui scaturisse una nuova forma di paesaggio urbano a partire dalla disposizione planimetrica, circoscritta e allo stesso tempo permeabile alla cittadinanza. L’impostazione che interrompe il porticato sul fronte lungo corso della Repubblica, produce alcuni contrasti con l’amministrazione, che asseconda in conclusione, l’iniziale soluzione pontiana, in cui emerge anche l’ipotesi progettuale di prevedere accessi indipendenti e separati ai diversi corpi di fabbrica.
Rispetto al lotto di forma trapezoidale, l’edificio a torre della Fondazione occupa una posizione decentrata, spostata verso la parte settentrionale, mentre il rettilineo corpo di fabbrica dell’albergo si sviluppa lungo il perimetro occidentale. In termini di orientamento, il primo è delimitato dalla via Fronticelli, ed il secondo dalla via Fortis, mentre il fronte est è segnato da un blocco di residenze realizzate in quegli stessi anni dall’Incis. La disposizione ad “L” dei due corpi principali lascia libera un’ampia porzione dell’area che viene trasformata in una piazza semipubblica immersa nel verde e provvista di negozi.
In planimetria i due edifici sono collegati dal volume a due livelli del ristorante, pubblico al piano terra e privato, cioè destinato ai residenti della Fondazione, in quelli superiori. Esso presenta una pianta irregolare e costituisce un vero e proprio elemento di cerniera anche se non completamente passante ad eccezione dell’accesso al primo livello della torre.
L’edificio alto presenta una pianta rettangolare con i lati minori spezzati in due segmenti ripiegati verso l’interno, in modo tale da accogliere, a sinistra, il volume che contiene gli impianti di risalita, e a destra, quello ad un solo piano da cui si accede al salone. Gli alloggi degli ospiti della Fondazione sono cinque per piano e occupano i cinque piani della torre, mentre al livello rialzato è realizzato un ampio salone per feste ed esposizioni. Le camere da letto si affacciano sul fronte posteriore, mentre sul fronte principale si sviluppa un corridoio di circa due metri. L’angolo tra il corso e la via Fortis è occupato da un volume ad un piano con destinazione commerciale, che prosegue nel blocco dell’albergo-ristorante. Le stanze dell’albergo (dieci per ogni piano) occupano tre livelli e si affacciano tutte sulla piazza-giardino, mentre il corridoio di distribuzione si sviluppa parallelo alla via Fortis.
Sul trattamento delle aperture si concentra una parte considerevole del lavoro progettuale che rivela in maniera evidente i tratti della poetica pontiana dell’ “edificio espressivo”, realizzato mediante l’utilizzo di un disegno dei prospetti caratterizzato dalla presenza di diversi registri linguistici che identificano le diverse funzioni.
Le aperture modulari che si aprono sulla facciata principale dell’albergo sembrano quasi scrivere una partitura musicale prodotta dall’alternanza di pieni e vuoti che varia nei tre livelli. Diversamente, su via Fortis, il corridoio di distribuzione delle camere è tagliato da lunghe finestre a nastro. Queste seguono la linea inclinata del muro e vanno via via aumentando d’altezza fino alla “cuspide”, per poi ripartire diminuendo nuovamente.
La reiterazione della forma esagonale della facciata principale dell’edificio alto poi, diventa un motivo che richiama l’estetica della forma diamantata molto cara all’architetto.
I temi della ricerca spaziale e della “forma finita”, su cui Ponti lavora a lungo a partire dal 1953, sono riflessi in alcuni dei suoi progetti più importanti, che costituiscono una sequenza unitaria di opere comprendenti: l’Istituto di cultura italiana a Stoccolma, i progetti a San Paolo, le ville del Venezuela e il grattacielo Pirelli a Milano. Mentre nell’edificio per la cultura italiana a Stoccolma, Ponti raggiunge il risultato dell’elaborazione di questi temi posizionando quasi ad angolo retto due volumi di altezza e pianta differenti e collegati fra loro, nella Fondazione Garzanti l’architetto attraverso il ricorso a piani orizzontali e verticali pensati come schermi che servono a delimitare spazi, piuttosto che a chiudere volumi. Nell’edificio alto della Fondazione, l’effetto è ottenuto facendo sì che gli spigoli tra le facciate e i muri laterali siano svuotati e che il collegamento avvenga attraverso un ripiegamento delle pareti. Questo aspetto crea un effetto di grande leggerezza che raggiunge l’apice nelle coperture dei tre edifici, che si presentano come piani inclinati, separati e fluttuanti sulle masse sottostanti. Le fratture che si creano fra i piani di facciata o tra le facciate e la copertura, sono accentuate da dispositivi per l’illuminazione che testimoniano come quest’architettura sia progettata anche per la visione notturna.


fonte: Matteo Sintini, Ilaria Cattabriga - Miibact - Architetture del secondo '900

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