Museo Interreligioso di Bertinoro
Via Frangipane, 6
Bertinoro (FC)
produzione francese (?)
Menoràh

ottone/ bulinatura/ stampaggio
cm. 34 (la) 53 (a)
larghezza base 18//profondità base 9
secc. XX/ XXI (1980 - 2004)
n. 61 bis
La Menoràh, il candelabro a sette braccia, secondo il testo biblico, deve essere in oro puro, battuta a martello e fusa in un unico pezzo. Collocata sul lato meridionale della tenda del convegno, davanti alla tavola aurea con i pani della presentazione, la menorah ha il valore di messaggio rivolto dagli uomini a Dio. Alla fine del IV secolo a.C., il profeta Zaccaria narra, in una sua visione, "Di un candelabro tutto d'oro [.] con le sue sette lampade [.] e due olivi [.] presso di esso, uno alla destra [.] e uno alla sinistra" (Zacc. 4,2-3 passim), riferendosi a Zorobabele e a Goisuè, impegnati nella ricostruzione del Tempio dopo l'esilio babilonese. Il secondo santuario, forse, era munito di un'unica Menoràh, anche se le fonti letterarie relative a tale argomento sono tardive e discordanti. Di un solo candelabro parlano il primo libro dei Maccabei e Flavio Giuseppe, che riferiscono della profanazione di Antioco IV Epifane e dei restauri eseguiti dagli Asmonei nel 164 a.C.
Lo stesso Giuseppe, scrivendo dell'impiego rituale della Menoràh, specifica che tre lumi del candelabro sacro rilucevano, in onore di Dio, durante il giorno, mentre gli altri erano accesi verso sera. Le corrispondenti fonti rabbiniche, invece, parlano prima di due e, poi, di un solo lume che sarebbe rimasto acceso durante il giorno. Distrutto il Tempio nel 70 d.C., la Menoràh fu portata a Roma come bottino dei vincitori: celebre è l'immagine del candelabro ebraico, che campeggia, in un altorilievo dell'arco di trionfo di Tito.