MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna
Via Don Giovanni Minzoni, 14
Bologna (BO)
Melotti Fausto
1901/ 1986
assemblaggio
ottone/ saldatura, cartone/ pittura, plexiglass
cm 56,5 (la) 95 (a)
sec. XX (1976 - 1976)
n. 3318

Fausto Melotti Nasce nel giugno 1901 a Rovereto (allora ancora all’interno dell’impero austro-ungarico), interessato alla musica e alla cultura sin da giovanissimo, studia però inizialmente Matematica e Fisica all’Università di Pisa per poi iscriversi ad Ingegneria al Politecnico di Milano, laureandosi nel 1924 in Ingegneria Elettrotecnica.
Non rinunciando mai alla pratica musicale, si avvicina presto all’Architettura e all’Arte che lo coinvolgerà a tal punto da farlo iscrivere, nel 1928, all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove studierà con lo straordinario scultore Adolfo Wildt (1868-1931) e conoscerà un suo giovane collega che diverrà suo grande amico di lunga data: Lucio Fontana.
Melotti si avvicina, negli anni ’30, alla milanese Galleria del Milione, polo culturale importantissimo, in quegli anni, sia per il gruppo degli Astrattisti che per altri anti-accademici come Giorgio Morandi, Alexander Calder, Jean Dubuffet, Wols, Giacomo Manzù, Renato Birolli, Renato Guttuso, Jackson Pollock, Giuseppe Caporossi. Fondata nel 1930 da Gino Ghiringhelli e diretta inizialmente da Edoardo Persico, la galleria lavora con Fernand Léger, Vasilij Kandinskij, Mauro Reggiani, Luigi Veronesi, Josef Albers, Emilio Scanavino e Lucio Fontana, oltre a diventare luogo privilegiato del confronto tra giovani architetti italiani fautori e/o fondatori de Razionalismo.
In questo spazio, nel 1935, Melotti ha sua prima personale che l’establishment, ancora legato ai canoni stanchi di un neoclassicismo novecentesco, apprezza poco, non comprendendo la scelta di superare ogni figurazione e narrazione in favore di nuove formulazioni geometriche accanto all’intenzione di “tradurre” la musica –suo iniziale e mai tralasciato amore- in moduli e canoni astratti essenziali.
Questa produzione anni Trenta anticipa successive ricerche minimaliste di Donald Judd e Sol Lewitt e tale prova dei fatti va segnalata e ribadita, sottolineata come queste due mostre fanno, anche in America, patria e motore del Sistema e del Mercato dell’Arte mondiale.
Dai primi anni Quaranta l’astrazione lascia il posto ai primi “teatrini”, sorta di palcoscenico in miniatura onirico e fantastico, organizzato come sequenze in qualche modo figurative e narrative, per quanto essenzializzate ed “ordinate” all’interno di piccoli riquadri. Lavora molto, in questi anni e per tutto il periodo della Seconda Guerra Mondiale, prevalentemente con la ceramica e la terracotta, realizzando piccole sculture, vasi e piastrelle.
Intanto inizia anche la collaborazione con “Domus” che gli pubblica, nel 1944, la sua prima raccolta di poesie (“Il triste Minotauro”).
Nel 1950 partecipa alla sua prima Biennale di Venezia e, fino al decennio successivo, è conosciuto soprattutto per le sue opere in ceramica.
L’interesse per la scultura riemerge prepotente e si palesa durante esposizioni importanti sino alla consacrazione, nel 1967, alla milanese Galleria Toninelli. Da questo momento in poi fioccano le mostre, gli inviti a kermesse internazionali, Premi prestigiosi come, nel 1974, il “Rembrand Prize dal Johann Wolfgang von Goethe Foundation” di Basilea.
Prosegue intanto la pratica letteraria: nel 1975 pubblica una raccolta di testi, poesie e aforismi (“Linee”), seguita, nello stesso anno, da “Il pesce e l’ombra”, con 12 litografie e una poesia di Ezra Pound; a questo si aggiunge, tre anni dopo, il secondo quaderno “Linee”.
Nel 1986, ad un giorno dalla sua scomparsa, si inaugura la 42° Biennale di Venezia, con una delle più importanti esposizioni delle sue opere. La commissione della Biennale gli assegna il Leone D’Oro alla memoria.