MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna
Via Don Giovanni Minzoni, 14
Bologna (BO)
dipinto
carta intelata/ pittura ad acquerello
cm 200 (la) 150 (a)
sec. XX (1987 - 1987)
n. 3172

"Artista incodificabile, in particolare nella post modernità a cui lo si è voluto tangente all'inizio degli anni Ottanta, Davide Benati appartiene, a mio avviso, a ciò che io interpreto come naturalismo-concettuale, ossia una koinè emiliana che, sulla scorta di un'ipotesi di sviluppo attuale dell'ultimo naturalismo arcangeliano, si avvalora dell'esperienza concettuale svolgendosi in un'odierna sinestesia, di tipo sintattico, che accomuna la ricerca di Benati a quella di Pinuccia Bernardoni, a quella più recente di Nanni Menetti, alle "Arpe d'erba" di Germano Sartelli e al ciclo dell'"Albero della ruggine" di Maurizio Bottarelli: artisti che partendo da un dato di natura lo astraggono e lo rielaborano teoreticamente a nuove forme e significati, mantenendo il dato di natura quale codice simbolico e pattern sintattico all'interno di lavori che aprono a rinnovata semantica. Forme naturalistiche, organiche che, nel caso della pittura di Benati, assumono significato e significante rinnovati attraverso un sentito senso olistico, orientale e per cui amato dall'artista, di movimento e materia che per l'osmotica interdipendenza tra gli elementi che compongono tutto l'esistente, aria, acqua, fuoco, spazio, terra, sfiora gli antichi testi indiani dei Veda e l'antico pensiero cinese, ancora ignavo dell'esistenza degli atomi, ed approda ad una rilettura astratta delle "Ninfee" di Claude Monet. E per dirla con Francesco Poli "i fiori e le foglie diventano un puro organismo pittorico, un microcosmo abitato da delicati e meravigliosi giochi cromatici, da ampie stesure tonali, da spazialità appena adombrate, in cui lo sguardo dello spettatore viene invitato ad entrare per smarrirsi nell'incanto impalpabile della superficie", che acquista profondità ed atmosfera nella stesura di reiterate sovrapposizioni di liriche trasparenze cromatiche su carta orientale incollata su tela.
L'andamento tròpico della simbologia concettuale di Benati suggerisce l'emozione che ha guidato l'artista a realizzare il dipinto, membrana osmotica tra il sé e il mondo che la guarda, con nuove o similari emozioni suggerite anche dai titoli, narrativi la memoria della natura, della vita, dei sensi e del pensiero; evocativi raffinata letteratura. "Zafferano" è allora l'aroma mentale, la similitudine dell'oro, la tintura dei tessuti preziosi, il colore gettato sul bianco delle cupole degli stupa nepalesi con un rito, è il giallo di Van Gogh.Pittura e letteratura: in comune lo stesso supporto, la carta a cui consegnare il proprio messaggio in lotta inquieta e perpetua alla ricerca di armonia con la materia; acquerello come inchiostro per dipingere e scrivere, 'dalla penombra', con il proprio segno, 'il luogo dello spazio dell'anima' (Benati) disegnato dal filtro della memoria e con l'inganno della fantasia e dei sogni che passano attraverso gli occhi, sino a coagularsi in solo colore: "è il malva del mattino sull'altopiano, è lo zafferano dei campi, è l'indaco di una notte di settembre" (Tabucchi). 'ut pictura poesis': Davide Benati come Antonio Tabucchi?" (Claudia Collina, Cfr scheda nctn 00000001, Luogo d'Arte Contemporanea Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali)