Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
Viale Baccarini, 19
Faenza (RA)
produzione fatimide, Egitto
filtro di brocca/ orcio

terracotta
cm 1.8 (a) 6.3 (d)
filtro, diametro interno, 4x4.2 cm;
secc. X/ XII (900 - 1199)
n. AB 5086
Filtro di brocca/orcio in acroma depurata con tracce di coloritura all'interno del ventre (dovuta all'uso?) e due piccoli fori esterni praticati post-cottura.
Il filtro ha un perimetro rettangolare stondato, con un traforo particolare: una delle due diagonali interne consiste in una fascia risparmiata dall'intaglio, con inciso un motivo zig-zagante, l'altra diagonale consiste in tre stanghette oblique che si dipartono speculari dal centro ideale del filtro, dove l'incontro dei due motivi origina un ghirigoro che ricorda la chioma di una palma, o la corolla di un fiore.

I filtri ceramici consistono in un reticolato di terracotta ottenuto tramite traforo con punte di forme e dimensioni variabili, in terracotta depurata sempre, acroma in genere e più raramente invetriata e/o smaltata, posti alla base o a metà del collo di forme ceramiche da mensa e di uso comune: brocche, orci e bottiglie di piccole dimensioni. La funzione del filtro era quella di evitare che insetti o polveri alterassero i liquidi contenuti dal manufatto; poichè l'oggetto doveva essere di largo consumo e di utilizzo quotidiano, i contenitori che presentano l'uso del filtro rispondevano alla necessità di avere un impasto leggero e poroso, (per limitare l'evaporazione), e di avere una forma standardizzata e replicabile (brocche, orci e bottiglie avevano corpi e bocche torniti insieme e piedi e anse aggiunti in un secondo momento, il filtro veniva traforato con l'impasto ancora semiumido, con il corpo globulare ultimato ma il collo ancora da tornire), facilmente immagazzinabile, e dai costi ridotti. La particolarità dei filtri dell'Egitto Islamico è quella di segnare con l'evoluzione della propria decorazione un ampio lasso cronologico che copre gli anni immediatamente precedenti la conquista islamica prima e l'egemonia Tulunide poi (868-905 d.C.), il dominio Fatimide (909-1171 d.C.), e quello Ayyubide e Mamelucco (1171-1517 d.C.). In oggetti che spesso non presentavano decorazioni sulle pareti i filtri divennero la decorazione vera e propria, simbolo di maestria e raffinatezza, seguendo le mode e i gusti dei tempi. I filtri pre-fatimidi vanno da un semplice traforo a punte circolari, più o meno geometricamente organizzato, alla declinazione di un disegno a V, agli esempi di animali tratteggiati su sfondo sgraffiato. Con la produzione fatimide si affermano quattro filoni principali: quello epigrafico, con brevi invocazioni, motti o esortazioni risparmiate in caratteri corsivi sul filtro; quello antropo/zoo/fitomorfo, con uomini, animali (lepri, anatre, colombi, falchi, elefanti, pesci, felini ma anche pavoni e animali fantastici), palme e foglie di papiro; quello geometrico, con una giostra di linee parallele o poligoni, tra cui i prediletti sono senz'altro i triangoli, composti in una miriade d'incastri e alternanze; quello floreale stilizzato, con l'unione fortemente astratta di motivi floreali e stelle a cinque, sei, sette o otto punte. Caratteristica del periodo è inoltre un incisione a zig-zag, utilizzata come cornice o perimetro delle figure. La produzione ayyubide e mamelucca si caratterizza invece per l'utilizzo di decorazioni esclusivamente geometriche, dal disegno semplificato e prevalentemente "a raggiera", che ricordano dei piccoli soli. I centri di produzione di questi manufatti rimasero, per tutta la plurisecolare durata della produzione,il quartiere di al-Fustat, prospiciente la cittadella di al-Qahira, (futuro Cairo) e Qena-Ballas, anch'esso poco lontano dalla capitale egiziana, entrambe sulle rive del Nilo e caratterizzati, almeno per la produzione di acroma, dall'uso di un impasto grigio-verde dalla granulometria molto fine.